Arricchire Cecchi Gori o restare a casa e fare all’amore?
Non so se capita anche a voi di avere idee malsane tipo andare al cinema Adriano, una della più grandi maxi sale della catena di Vittorio Cecchi Gori, sito a piazza Cavour a Roma, di sabato sera.
Avevo pensato di titolare questo post "Customer Experience" nella piena convinzione di strappare almeno un sorriso ad A.G..
A me si, soprattutto quando decido di assecondare gli istinti cinefili di C., che avvertiva l’esigenza di "elevarsi" con l’ennesima rilettura dell’intereccio narrativo di King Arthur.
Fin quì niente di male. Ma vi consiglio, se proprio volete farvi così male, di non andare al cinema Adriano senza prima aver prenotato il biglietto telefonicamente ed avere avuto l’accortezza di essere lì almeno un’ora prima della proiezione, altrimenti potreste essere costretti nell’ordine a scoprire che:
1. La fila che avete appena finito di fare – dopo aver parcheggiato la vostra auto, con la consueta percolosa creatività che distingue i cinefili napoletani, in posti che a Milano non verrebbero presi seriamente in considerazione neanche dai più spregiudicati dei parcheggiatori abusivi (ammesso che la categoria esista) – è quella riservata a chi ha già prenotato il biglietto.
2. Le file con a capo degli sportellisti, molto gentili, sono quelle riservate – cito le parole flebili pronunciate a quasi tutti quelli che arrivavano alla cima delle file medesime – a: "chi ha prenotato il biglietto, chi non l’ha fatto deve andare agli sportelli laggiù infondo".
Cazzo ma metteteci un cartello a caratteri cubitali per una notizia del genere!
3. Agli "sportelli laggiù infondo" c’è una ressa che solo un concerto di Vasco Rossi unito ai Beatles, in formazione originaria, con Van Morrison eccezionalmente alle tastiere, giustificherrebbe.
4. Tale calca, senza forme definibili in geometria piana e solida, si addensa, davanti a degli sportelli automatici (sportelli cioè senza gentili esseri umani come bigliettai, ma fatti solo di macchine automatiche, estremamente complicate nell’interazione – uomo macchina), dove solo un avventore su 3 riesce, mediamente, ad estorcere un biglietto, avendo inserito nell’apposita fessura il corretto quantitativo di monete in €, equivalenti cioè alla visione di una pellicola per 2 persone, e non di un abbonamento all’intera programmazione afferente il periodo 2004 – 2010, pensando, illuso, di avere indietro il resto.
Senza esagerare credo di avere visto almeno un paio di persone, certe di essere davanti ad una sorta di "slot machine", continuare ad inserire monete da 20 €, nella piena convizione che, prima o poi, la fortuna avrebbe girato.
Veniamo poi ai discorsi che ti tocca di sentire.
Affianco a me un ragazza che, mi casacasse la lingua se non dico la vierità, ha parlato ininterrottamente al cellulare (aveva però l’auricolare) con il ragazzo, per circa un’ora, il quale, la informava che non sarebbe venuto all’appuntamento, perché aveva "cambiato (come dagli torto) idea", mentre lei era fermamente intezionata a vedere "L’amore ritorvato", o, in altrernativa, "La vita che vorrei" (e come dare torto anche a lei?), e che si dipiaceva molto che "era almeno la quarta volta che lui si comportava così".
Ora ammetto che, anche io, mi sono mille volte illuso per amore, ma, consentitemelo, vorrei dire a questa gentile avventrice di cinema multisala, neanche poi tanto male fisicamente, quanto segue.
"Allora, è la quarta volta che questo ragazzo ti da appuntamento il sabato sera davanti al cinema Adriano e poi ti chiama per dirti che avrebbe cambiato idea".
Invece di soffermarti sulla sottile perfidia di quest’uomo, tu che fai?
Discuti con lui con frasi tipo "no vedi ognuno ha diritto alla sua libertà, però, non lo so, ogni volta che decido di andare al cinema tu cambi idea all’utlimo momento?"
Non è che forse, forse, saebbe il caso di andare oltre al concetto di cambiare idea all’ultimo momento e mutuarlo con quello, forse più calzante, di rifiuto?
Di prendere in seria considerazione la ridefinizione di quello di "affinità di coppia" e di quell’altro, forse un po’ più approssimativo, ma senza dubbio molto contemporaneo, "mi faccio i cazzi miei?"
Va aggiunto che al Cinema Adriano scorrono, come alla stazione dei treni, gli orari dei film e dei posti ancora diponibili.
Non lo so, sarà che invecchio, ma la scena vista dal di fuori (da come cioè io in genere guardo la vita), aveva del gorottesco, termine forse in qualche modo riduttivo rispetto alla sensazione che pervadeva gli avventori, ma che mi sembra quello maggiormente identificativo del "sentiment" che riuscivo ad avvertire intorno a me.
Insomma, vorrei dire, non è che stavamo facendo la fila per fare un’offerta di beneficenza, ma per pagare a caro prezzo (il più alto della capitale per le precisione), la visione di un film di Hollowood.
Certo poi ti vengono a dire che i gusti dei fruitori di cinema stanno mutando.
Che altre cose, laterali ripetto ai contenuti, influenzano la scelta di acquisto come:
– schermi grandi
– sale sempre più raccolte
– poltrone anatomiche e sempre più comode
– suono avvolgente.
Tutti elementi caratterizzanti le nuove sale del cinema Adriano per dire la verità.
Che i fruitori singles, come me, stanno auentando, in percentuale, come i fruitori laureati.
E chi se ne frega non ce lo mettete, se devo pagare 5 volte il prezzo di una visione, rispetto a 10 anni fa?
Fine della digressione d’indagine di mercato, torniamo alla ferale serata di ieri.
Riporto fedelemente alcune frasi senza commento:
"Ma io non ho mai visto una fila in obliquo".
"No Amo, non ci possiamo andare più a vedere "staskyedatch" perchè i posti disponibili sono 1".
"No Amo, quelle file senza nessuno so’ na’ sola perché, se non hai prenotato, nun c’è niente da fa".
E’ evidente che alla fine ti ritrovi alle 20,20 con C. che non ha ancora parcheggiato e con te che non sei riusito a fare il biglietto, e che ti ritrovi a ripensare ad una frase di un vecchio film di Totò che diceva pressapoco: "No…è che noi povera gente la sera, soprattutto d’inverno non abbiamo molte cose da fare, non ci sono soldi e quindi a cena poca roba, e così alle 9,00 andiamo subito a letto, e…sapete com’è…da cosa nasce cosa".
E ti chiedi se, infondo, non era meglio quando la sera alle 9,00 non c’era veramente niente da fare, niente televisione, niente Bruno Vespa con Porta a Porta, niente terrorismo mediatico, e si preferiva, quindi, più per necessità che per vera e propria scelta, incedere sul sesso coniugale.
Sempre meglio che continuare ad arricchire, a queste condizioni, Vittorio Cecchi Gori, una persona che, però, nel tuo inconscio, non riesci a non commiserare, per il solo semplice fatto che ha, poveraccio lui, preferito lasciare una produttrice di film, per una soubrette televisiva, per quanto avventente, bionda, e dalle generose fattezze.
Finito "lo sfogo del sabato sera" (un buon titolo per un film parodia con Franco e Ciccio), veniamo alle ragioni nobili di questo mio ritorno sul blog.
Il film "L’amore ritrovato" di Carlo Mazzacurati
Giudizio critico: "senza infamia e Sansa lodo"
Vorerei parlare, un po’ più diffusamente, di un film presentato non in concorso a Venezia 61 da Carlo Mazzacurati e che ha, alla fine, deluso un po’ gli addetti ai lavori e cioè "L’amore ritrovato", liberamente ispirato, come si usa dire, al racconto "Una relazione" di Carlo Cassola.
Eventi ed esitenti del film "L’amore ritrovato"
Curioso è il mio peregrinare nell’intorno dei cofini tra romanzo e cinema.
Mi ha colpito in questo film la scelta di Mazzacurati proprio relativa agli eventi ed agli esistenti del racconto.
Se immagino vi chiedessi :"Vi piacerebbe assistere alla storia dell’amore adultero tra un impiegato bancario ed una manicure un po’ libertina, nell’Italia povera, bigotta e moralista del finire degi anni "20 e l’inizio degli anni "30?, forse, e sottolineo forse, una gran parte di voi sotrcerebbe il naso".
Ma come, con tanti romanzi pregni di gesta di eroi epico-romantici, ci andiamo a scegliere le inqueitudini insicure di un burocrate, anche un po’ opportunista, e di una donna che, soprattutto se rapportata all’epoca, non potremmo che definire di "facili costumi"?
Il tutto condito da semplicistici riferimenti alla canzone "Le passanti", interpretata in Italia dal mai abbastanza compianto Fabrizio de Andrè, ma in verità opera del bravissimo chansoniere francecse George Brassens, da cui tanto ha attinto la canzone d’autore italiana di Fabrizio De Andrè e di Giorgio Gaber.
"Io dedico questa canzone ad ogni donna pensata come amore…a quella conosciuta appena non c’era tempo e valeva la pena di perderci un secolo in più", canta Brassens e noi ci chideiamo, timidamente, cosa c’entra la tematica delicata della spledida ballata con l’interccio narrativo a cui stiamo assistendo.
Ma ninete paura, è presto detto: niente o quasi.
Nella canzone di Brassens si fa riferimento ad amori ipotetici, mai raggiunti, di quando il "rimpianto diventa abitudine, una maniera di viversi assieme" e di quando, per l’appunto, "si piangono le labbra assenti di tutte le belle passanti che non siamo riusciti a trattenere".
D’incontri, dunque, mai avvenuti realmente.
Quindi tutto il contrario del racconto dove Maria e Giovanni non fanno altro che fare all’amore per buona parte del film, incuranti del fatto che che Mario è sposato con un figlio, in un’Italia dove tale atto poteva essere giusta causa per un licenziamento.
L’altro arcano del film è perché Mazzacurati ri-titoli l’opera "L’amore ritrovato", dal momento che il bancario Giovanni – Accorsi sembra non averlo veramente mai conosciuto prima dell’incontro di Maria – Sansa.
L’alchemico paradosso facile-difficile come chiave di lettura del film
In realtà la vera chiave di lettrura del film però non è da ricercare negli eventi e negli esistenti, quanto, piuttosto, almeno secondo me, nel clima in cui Mazzacurati sublima la narrazione.
Il regista sembra nutrire l’intreccio di una vaga ambientazione storica, ma solo per rendere ancora più difficle, per i protagonisti, l’opera di portare avanti la loro storia d’amore.
Una sorta di ossimoro, di paradosso alchemico, sembra, infatti, pervadere la lettura di Mazzacurati del romanzo di Cassola, che potrebbe chiudersi nella definizione facile – difficile, che tanto ho discusso con A.S. nelle nostre peregrinazioni serali dello scorso inverno.
Secondo me, infatti, l’idea di un’incontro semplice come quello di Mario e di Giovanna "serve" al regista per dare l’innesco all’argomentazione del "facile", mentre lo sfondo storico, e le conseguenti difficoltà dervanti dal contesto, per la controargomentazione del "difficile".
Nulla di più di questo paradosso riesce ad evocare questa sorta di ribaltamento alchemico così centrale rispetto al tema dei "sentimenti", sempre in bilico tra mente e cuore, tra giusto e sbagliato, tra pulsione amorosa e tradimento.
Ma non, a guardare bene, come riferimenti necessariamente contrapposti quanto, piuttosto, come coesistenti nell’epserienza dell’amore.
Maria ama ed è, allo stesso tempo, adultera.
Giovanni tradisce la moglie ma è, allo stesso tempo, incapace di trattenere l’amore di Maria.
Alberto Moravia non argomentava, infondo, che non esiste il tradimento ma che esiste solo l’amore?
Forse sarebbe più giusto, più che negare il tradimento, parlare di spinta all’azione.
In questo Moravia ha ragione, ciò che muove i protagonisti non è il deisderio di tradire, non ve n’è traccia nel film se non nella sequenza in cui Giovanna prende coscienza del suo ruolo di subordinazione rispetto alla moglie di Mario, quanto piuttosto il bisogno di amare.
Generazioonalmente non voglio neanche tacere il riferimento ai temi di Mogol-Battisti di "Luce dall’est" presente in un precedente film di Mazzacurati, "Il toro", nel quale il protagonista Abbadantuono si trova, nelle sue peregrnazioni polacche, ad incontrare, allora si, una passante nell’accezione Brasseniana del termine che rimane "ferma sulla strada lontana ormai", quando il protagonista ed il suo compagno ripartono.
Ecco, senondo me, Mazzacurati ha inteso sviluppare il tema accennato in quella sequenza e questo spiega, senza giustificarlo del tutto, peraltro, il semplicistico riferimento a Brassens.
Ad essre rigorosi abbiamo trovato forse un po’ troppo macchiettistico il peronaggio di Franchino, il controllore ferroviario, affidato al pur bravo attore troisiano Marco Messeri, ma non riuscamo a non essere indulgenti con un interprete che tanto ha dato al napoletano cinema di Massimo Troisi.
Si discute sulle ragioni di questo riavvicinamento del cinema italiano al tema dell’amore.
I titoli di questa stagione sono "L’amore ritrovato", "La vita che vorrei", "Le conseguenze dell’amore", "Le chiavi di casa"…
C’è chi legge, in questo, conseguenze provenienti dall’impatto emotivo in Europa tra il nostro stile di vita e gli accadimenti dell’11 settembre 2001.
La nazione si starebbe stringendo, secondo questa teoria, intorno ai valori base su cui si fonda. Ed ai quali intenderebbe aggrapparsi.
Centrale sarebbe dunque, in questa prospettiva, il ruolo in Italia dell’amore.
In questo senso l’ambientazione a Livorno dell’intreccio potrebbe avere addirittura un riferimento istituzionale, se è vero, come è vero, che il presidente della Repubblica Carlo Azelio Ciampi è nativo di lì.
Riflettevo anche, in questo senso, sui meta messaggi degli spot istituzionali di Telecom Italia e dell’Enel, molto centrati su atmosfere pacifiste e rasserenanti.
In quanto ai temi della sceneggiatura vorrei concludere dicendo.
Conflitto: sviluppato su più piani. Interpersonale tra Maria e Giovanni, infrapersonale tra l’amore coniugale e l’amore adultero, etico nella medesima contrapposizione, morale tra le intenzioni di Maria e quelle di Giovanni.
Protagonismo – antagonismo: agito prevalentemente nella sfera sentimentale tra Maria e Giovanni. E’ infondo Maria ad essere l’antagonista di Giovanni, assai più che di sua moglie.
Caratterizzazione dei personaggi: leggeremente carente nell’innesco, in parte fuoriviato dal riferimento, a nostro parere un po’ impreciso, ai temi della canzone di Brassens.
Carlo Cassola ed il romanzo "Una relazione"
Cos’altro dire.
Qualcosa su Carlo Cassola e sul romanzo.
Lo scrittore Cassola, nato a Roma nel 1917 da madre originaria di Volterra e padre lombardo, è da considerarsi toscano di adozione.
Vincitore del premio Strega nel 1960 per il romanzo "La ragazza di Bube", è stato pubblicista per il "Corriere della sera" con la rubrica di terza pagina "Fogli di Diario".
Alcune sue considerazioni, pubblicate dal giornale, relative alla "poetica" furono aspramente attaccate e controargomentate niente di meno che da Italo Calvino.
Il romanzo "Una relazione", da cui è stato tratto il film, fu pubblicato da Enaudi nel 1969.
Dure critiche sono piovute su Carlo Mazzacurati per avere cambiato, capovolgendolo, il finale del romanzo.
Nulla questio a perer mio, Mazzacurati ha filtrato tutta la narrazione, catarticamente, in un’ambientazione neutra, senza tempo, dove ha cercato di mettere in primo piano, come ho già avuto modo di dire, la complessità dei sentimenti.
Stefani Accorsi, di cui si discute come il prossimo Mastroianni o addirittura il prossimo Volontè (ruolo che ascrverei meglio al sempre bravo Valerio Mastandrea), secondo me è al di sotto delle sue potenzialità.
Non convince in alcune sequenze chiave del film, come in quella del "quasi stupro" a Maria in pineta.
Mentre, invece, ho trovato convincente la bella e brava Maya Sansa, in un ruolo al quale ha saputo restituire l’illogica leggerezza delle adolescenti, ed al quale Mazzacurati ha regalato una dignità più evidente rispetto a quella attribuita al personaggio del romanzo.
Un’attrice la cui scelta di studiare a Londra recitazione sembra portare i primi tangibili frutti. Alcuni momenti della sua interpretazione, come quelli sulla giostra "calcio in culo", li ho trovati particolarmente vibranti e liricamente intensi, ma che volete farci, non datemi troppo credito, sono un inguaribile romantico.
Insomma senza entusiasmarmi a me il film è piaciuto. L’amore è anche quello descritto nel film, che è, concedetemi una battuta, "senza infamia e Sansa lodo".
rukeut leggo solo adesso il tuo commento.
Sono d’accordo con te il film non è una gran cosa.
Sull’amore credo che il personaggio del film non lo conoscesse affatto prima dell’incontro con il personaggio interpretato dalla Sansa.
Un’amore impossibile ma probabilmente molto più profondo di quello che aveva conosciuto.
Grazie per i complimenti al blog. A me piace che tutti possiate esprimervi in merito alle cose che discuto, è anche per questo che ho un blog ;-))
Purtroppo non ho letto se non velocemente tutti i commenti, quindi scusatemi fin d’ora se sarò ripetitivo. Il post sul film è molto bello ed offre alcune chiavi di lettura che non avevo considerato. Ormai ho consolidato l’abitudine di leggere le critiche ai film solo dopo averli visti. Questo film quindi l’ho visto e a dire il vero non mi è piaciuto molto. Ho trovato Accorsi abbastanza statico, monoespressivo e la storia un po’ stiracchiata. Peccato perchè l’inizio del film prometteva bene. Ad esempio mi hanno colpito positivamente alcune fotografie ed anche come il film andava a legarsi con la musica. Ma poi … insomma lo confesso qualche sbadiglio il film me lo ha suggerito nel suo evolversi. Più infamia che lode per me insomma. Sul tuo bel post infine l’unica cosa in cui non mi sono ritrovato è nel considerare questa vicenda una storia d’amore. Mi spiego. Quello che voglio dire è che secondo me l’amore è solo da parte di lei, mentre lui non era altro che in cerca di trasformare in reale una passante, che in questo caso era stata un’avventura del passato. Si può chiamare amore? Forse per alcuni sì. Io nel personaggio di Accorsi ho visto più amore per sè che per lei. Ciao – sì mi piace davvero molto il tuo blog, complimenti.
Grazie ! :D
Sempre analisi che fan pensare!
;-)
Paco
Va bhe, merita a maggior ragione. A me è capitato di vedere DOGVILLE la prima volta al cinema OVERLOOK che è anche lui fuori mano a Roma, e di sostenere a Napoli il Cinema Pierrot, l’unica sala a Ponyicelli la zona est della città, la più povera e la più degradata, dov’era l’unico cinema. O il cinema l’isola che non c’è a Roma;-)) la cosa importante è che film programmano :D
Il cinema Gulliver sta al quartiere Ottavia non a via Ottavia. E’ un pò fuori mano, diciamo.
Per Aspettando Kroger:
Il Cinema Gulliver di via Ottavia me la segno senza’altro. Non è la via dove c’è Pizza Re, una traversa di Piazza Mazzini? E’ in Prati giusto? Io in questi giorni ho la retina rotta e non vedo molto bene…se c’era un cartello era messo male perchè altri avventori come me hanno fatto la fila a vuoto.
Da ultimo vorrei dire che se uba sala lascia 100 posti vuoti, con la ressa che c’era, ed assegna gli altri a c… qualche cosa andrebbe rivista, non ti pare? Comunuque s’una cosa siamo d’accordo: il sabato sera mai più al cinema Adriano:D
Per Rat:
Si scrive Freud (con la F maiuscola caro maestrino rompic..) se proprio vogliamo essere maestrini perché trattasi di nome proprio di persona :D, e si legge Froid, ma non posso correggere un post che non ho fatto io.
Forse ne hai bisogno di un po’di quella cosa che inventò (Freud) e che oggi si chiama psicoanalisi, forse:-))
sono sicurissimo che fosse un lapsus, ma si scrive freud, non froid.
il maestrino rompicazzo
per il momento mi limito a commentare la prima parte del tuo posto, anche perchè nella folla che si aggirava davanti all’Adriano, sabato sera, c’ero anch’io! Sembrava di stare ad un concerto degli U2 piuttosto che davanti ad un cinema. Se ti può consolare io sono arrivato più di un’ora prima dell’inizio del film (volevo andare a vedere Lavorare con lentezza) ed ho trovato solo posti di seconda fila, per cui abbiamo ripiegato su The Bourne Supremacy, prendendo comunque posti in quinta fila laterali, nonostante sul video risultassero ancora disponibili 100 posti! L’Adriano è un bellissimo cinema e quasi tutte le sale sono eccellenti, ma il sabato sera è da considerare offlimits, piuttosto vado al mio beneamato Gulliver, multisala di Ottavia che se non te la spiegano, la strada non la trovi nemmeno con il lumicino, ed infatti non è mai particolarmente affollato: quando posso vado là (almeno finchè non lo chiudono, perchè mi sa che gli incassi non sono altissimi). P.S.: comunque che le casse di destra sono solo per chi ha prenotato c’è scritto grosso così, basta alzare lo sguardo!:-)
con 200 visitatori al giorno dovrei avere 200 voti non trovi? e invece capita che ne abbia 1/2 oppure zero, o che so io..il voto è come un post, vuoi votare voti, sennò lo ignori.
ps cmq tutti i blog di splinder iscritti a blog show, oppure quelli di iobloggo iscritti non so dove hanno un rimando al voto alla fine di ogni post, magari con banner GIGANTI
La mia non intendeva essere una provocazione, era una considerazione ad alta voce. Riflettevo sul fatto che questa spasmodica ricerca di consensi nel tuo blog fa riflettere.
Ma non IN RIFERIMENTO AL TUO BLOG MA SUL TEMA IN GENERALE.
Cioè un conto, ad esempio, è informare gli utenti del tuo sito che lo stesso è votabile su x siti che misurano x cose.
Un’altro è ricordarlo ad ogni post. Questa ultima cosa è capziosa ed è innegabile che catturi voti.
Per sincerarmene ho voluto vedere la classifica giornaliera e quella assoluta ed ho notato che nella prima eri al pèrimo posto ma non nella seconda.
Ora è evidente che se io mi faccio votare su un sito dovrei usare delle regole di netequette. Non spetta a me definirle, né è mio desiderio farlo, ci mancherebbe. Trovo solo eccessivo chiedere un voto, per quanto facoltativo, ad ogni post.
Cocludo dicendo che il tuo blog mi è sempre piaciuto, che lo leggo spesso, e che se utilizzassi meglio le nozioni di web writing aumenteresti l’usabilità del tuo blog indipendentmente dai voti.
Sei forte comunque anche perchè lasci 2 commenti:-))
ah senza offesa…era solo per puntualizzare ;)
ps il tuo post km lo leggo quando ho tempo, al momento vado di fretta
La grafica non è migliorata per il semplice motivo che non l’ho cambiata.
Per quanto riguarda il voto, io faccio circa 7000 visite al mese, a fronte di 120-150 voti al mese. Direi quindi che non son poi così furba, visto che se lo fossi davvero avrei MOLTI più voti; e per me non è una gara, semplicemente un modo per farvi dire cosa ne pensate del blog. Come specificato, il voto è gradito ma non obbligatorio..anche perché ogni mese la classifica dei voti si azzera, quindi…
Tank’s C. :D
il sogno era riferito alla figa, che è top of mind perchè, come insegna Nuccia Fumo, ognuno se la sogna come gli pare. Poi invece Froid ci spiega meglio perchè.
Però il vero sogno è che quale che sia la regola e quale che sia la condizione, non si perdano le opportunità. Ricambio il resto, anche la bronchite.
p.s.: sempre stimolante il tuo post.
Allora C. lo so che la bronchite ti rende un po’ caustica…
Lo sai che attendo sempre con ansia i tuoi commenti, ecco che allora ti rispondo punto punto.
Dunque sono arrivato al cinema Adriano alle ore 19,50, in altre parol, 30 minuti prima della proiezione. Un tempo nrmalmente congruo per fare 2 biglietti.
La prima fila per i biglietti è durata pochissimo.
Proprio perché la maggior parte delle persone, come me, non aveva prenotato. Ed è per questo che critico l’assenza di avvertenze in una simile condizione di calca.
Da ultimo chiarisco che è lo stesso cinema a perdere incassi, dal momento che, nonostante un sacco di persone – come me – volessero fare il biglietto per vedere King Arthur, le stesse – sempre come me – sono rimaste fuori dalla proiezione, nonostante la sala aveva ancora più di 70 posti liberi. Se le file funzionassero meglio il cinema incasserebbe di più. OK? Peraltro va detto che se fossi riuscito a fare il biglietto avremmo visto il film, perché con il biglietto, si può entrare in quel cinema a film iniziato.
Quanto all’apprezzamento su di me non raccolgo…dico solo che tu hai parcheggiato a film iniziato…e concludo dicendo che sei tu che stavi lavorando alle piante senza orologio non io…
Ma io ti voglio molto bene, e non sto scherzando, proprio per questo. Insomma C. rivendico il diritto di ognuno di noi ad avere la propria natura, come si diceva nel film “La moglie del soldato”.
Il film da te cintato era “Così parlò Bellavista”, di Luciano De Crescenzo, e l’attrice è sicuramente Nuccia Fumo, nella sequenza alla ricevitoria del lotto, quando l’impiegato, che tentava d’interpretare il sogno fatto dal personaggio interpretato da Nuccia Fumo, diceva: “ma nun esistono i bersaglieri a cavallo!” e lei rispondeva “E quello per questo è un sogno”.
Ora la vera domanda è “qual’e il sogno?” “Che l’Adriano cambi organizzazione delle file, o che tu parcheggi puntuale?”
forse se tu fossi arrivato 10 min prima, se non avessi sbagliato fila, se non avessi perso più tempo ad ascoltare conversazioni telefoniche private che a seguire il funzionamento di una macchinetta a prova di target Adriano, se avessi usato i mezzi pubblici anzichè la personalissima, inquinante e destrorsa auto privata o se almeno fossi andato a prendere C. anzicchè sfidare le leggi dell’urbanistica con 2 parcheggi….forse avremmo parlato di guerre sante e conflitti di religione anzichè di Cecchi Gori…Anyway, capisco perchè la figa è top of mind: generalmente non si sbaglia fila (almeno non involontariamente), non inizia senza di te, non si distrae al cell, non preferisce i mezzi pubblici. Certo, rimane sempre il problema di arrivare al tempo giusto…. ma, come disse una vecchietta molto sagace in un film “quello perciò è un sogno!” C.
Rispondo a Rat:
Nessuna polemica per l’amor di Dio. Anche io stavo cazzeggiando,n di domenica poi.
Cocordo con l’inno alla figa.
Su Cuore di Michele Serra è stata sempre al primo posto nella rubrica, votata dai lettori, sulle 10 ragioni per cui vale la pena vivere :-))
Rispondo a Avag:
Ma lo so benissimo chi è Sandro Giacobbo…anche se non vedo sempre le sue trasmissioni e la televisione in generale.
Per quanto riguarda scelta delle sale il discorso sarebbe davvero lungo. Quì mi limiterò a dire che per me il problema non è da mettere in esclusivo riferimento alla scelta della sala tout court, quanto, piuttosto, rispetto alle sale che pongono un’attenzione particolare alla direzione artistica. Amo dire, al riguardo, che io non vado AL cinema ma che vado AI cinema, e cioè IN quelli che ho selezionato rispetto a tale parametro, LA DIREZIONE ARTISTICA, appunto, che rimane per me il più importante. La mia sala preferita a Roma è il GREENWICH multisala a Testaccio, tanto per intenderci. E’ evidente però che quando vado al cinema da solo è un conto, quando devi adattarti a vedere un film come King Arthur il discorso cambia un po’.
Con il mio pamphlet all’inizio del post intendo un po’ mettere in ridicolo certi multisala che hanno inciso sul rialzo dei prezzi al botteghino. E che stanno creando problemi a cinema più piccoli che erano molto rigorosi ella programmazione artistica.
Anche questo è cinemavistodame ;-))
Non so cosa dica Nanni Moretti al riguardo, credo, in tutta onestà, che la sua sala offra, normalmente, un buon cinema, e che la sua direzione artistica sia molto apprezzabile. Mi capita, di tanto in tanto, di andare nel suo cinema. Alcuni anni fa, nell’arena estiva del cinema, Nanni organizzò una bellissima rassegna di film italiani che avevano avuto pochissime ore di programmazione nelle sale italiane, dove fece intervenire sia registi, che attori, con i quali, chi interveniva alla proiezione, poteva interagire con domande. Oltre ad ascltare delle brevi interviste che lo stesso Nanni teneva con loro e che servivano d’innesco al dibattito. Mi piaque molto “Un amore”, girato con 8 lunghissimi piani sequenza, dal regista e sceneggiatore Gian Luca Maria Tavarelli:
(2003) Liberi
(2000) Qui non è il paradiso
(1999) Un amore
(1994) Portami via
(1992) Nubi (corto)
(1989) Dimmi qualcosa di te (corto)
(1988) Il ferro contro il viso (corto)
(1987) Non oltre mezzanotte (corto)
(1986) Cercando Erato (corto)
(1985) Forme della realtà (corto).
Ma Giacobbo non parla di Ufo?:-))
Roberto roberto Giacobbo si chiama il losco figuro e la trasmissione voyager: lo so bene perche’ mi sono fatta rovinare il martedi’ sera proprio la settima scorsa :-)
la scelta della sala e’ sempre fondamentale.. lo dice anche Nanni Moretti!
no. e magari quel tizio di raidue non si chiama sandro, ma giacobbo sono sicuro (è un nome troppo assurdo). polemiche non ne vedo, stavo cazzeggiando. e comunque concluderei il dibattito con la consueta frase che affratella noi italiani, da lampedusa a courmayeur: W la figa! :-)
Allora leggi di Maurizio Blondet “Gli Adelphi della dissoluzione”. Lui è un giornalista cattolico. Che altro dirti, proporrei di chiudere quà con questa polemica…non è che le due sinistre m’interessino poi tanto. Ah, io conosco Sandro Giacobbe di cui ricordo le indimenticabili canzoni “Signora mia” e “Gli occho verdi di tua madre”. Magari potrebbero essere 2 ulteriori proposte per la tua ricerca di colonne sonore…Non conosco Sandro Giacobbo e non vedo Stargate. Ma sei diventato procuratore legale si o no?
questa storia mi puzza sempre di più di stargate, o di quell’altra trasmissione, ma come diavolo si chiama quell’altra trasmissione… comunque tu non sei sandro giacobbo, vero?
Più che nel cinema esiste nella sinistra. Se vuoi saperne di più leggi qualcosa a proposito di Roberto Calasso e gli obiettvi della sua direzione artistica della casa editrice Adelphi. Poi ragiona sui temi della canzone di Franco Battiato. Il risultato potrebbe portarti negli intorni del cinema di Lars Von Triers. Ma è una storia lunga :-))
non sapevo di questa lotta occulta tra correnti cinematografiche progressiste ed esoteriche della sinistra italiana. ma sei sicuro? potremmo venderci la storia a stargate, o a quell’altra trasmissione di rai2 di cui non ricordo il titolo con sandro giacobbo (un uomo, un “perché?”)
:-)
2 ringraziamenti d’obbligo a volso per il gradito apprezzamento il tuo blog è molto curioso e divertente. L’altro a Rat, neanche io ho una moglie e concordo circa gli apprezzamenti erotici su Maya Sansa anche se potendo ulteriormente scegliere, cercherei, comunque, di non ingravidare nessuna. Si hai ragione su Marco Messeri ma io devo sostenere il cinema napoletano. Va aggiunto che Messeri è attore accreditato negli ambienti cinematografici di una corrente di registi legati alla sinistra prgressista italiana di cui sia Mazzacurati che Troisi sono parte. E che si oppone, quantomeno nei temi e nelle prospettve, ad altre correnti cinematgrafiche della sinistra più esoteriche, cito tra tutti, perchè mi fa piacere farlo nel mio blog, Franco Battiato.
messeri più che attore troisiano mi sembra attore mazzacuratiano, visto che lo si ritrova in ognuno dei suoi film fin dai tempi di “notturno italiano” e fors’anche prima.
una nota che non c’entra nulla:
tra arricchire cecchi gori e ingravidare mia moglie (che non ho), preferirei ingravidare maya sansa.
buona giornata.
bel blog…sinceramente non penso di capirci di cinema, ma leggere queste analisi prende molto e mi fa credere che forse anche io potrei “capire”. In realtà tutta questa impressione è causata dal fatto che appunto questo è un bel blog e mi piace come parla di cinema…