L’arco – di Kim ki Duk
analisi di eventi ed esistenti
L’arco sembrerebbe, ad una scarsamente attenta visione, un ennesisimo film del regista sud coreano Kim ki Duk, sulla perdita dell’innocenza, sulla colpa e sul perdono nella società contemporanea, un’ennesima parabola sull’incomunicabilità di questo presente messo, paradossalmente, a tacere dall’eccesso di strumenti di comunicazione (chi di voi ha mai inviato un MMS?).
Un villaggio globale si, ma spogliato dalla normalità di qualsiasi perversione.
L’opera in pratica potrebbe essere addirittura letta come una sorta di ripetizione dei nuclei fondanti i tre episodi ("Vasumitra", "Samaria" e "Sonata") del film Samaria.
Ma in realtà, anche in quel film, era vero l’esatto contrario, e la classificazione dell’opera in tre parti, era la più esplicita dichiarazione d’intenti, che vedeva nella classicità il punto di riferimento più prossimo, l’obiettivo di una tensione affiorante che tutto pervadeva.
Leggendo in giro critiche al film, Kim verrebbe attaccato di ripetizioni di contenuti e di avere, per una volta, lasciato a desiderare nella ricerca di elementi allegorici innovativi rispetto alle sue precedenti opere.
Ma è proprio così?
E’ vero cioè che Kim ki Duk starebbe esaurendo la sua vena creativa?
E’ vero che l’arco rappresenta il suo film minore?
Secondo me no e tenterò, in questo post, di spiegarne le ragioni.
Partiamo dalla metafora principale su cui si basa l’opera e cioè l’arco.
Guardiamo questa immagine essenziale: un arciere, anziano, tende l’arco. Cosa ci comunica a livello simbolico la duplice significanza di questa effige? Io credo che l’arco nelle mani di un vecchio evochi l’inevitabile ciclicità delle stagioni della vita.
Il vecchio in questione è uno dei due esistenti principali su cui si snoda tutto l’intreccio narrativo del film.
Egli vive su un’imbarcazione fatiscente, un peschereccio sembrerebbe, con l’altro esistente protagonista del film un ragazzina minorenne, che lo spettatore non sa come sia finita lì (lo scoprirà nello svolgersi degli eventi), che intenderebbe sposare quando la stessa diventerà maggiorenne.
Circa la duale strategia narrativa del cinema di Kim ki Duk
La verità però, in tutto il cinema di Kim ki Duk, sta in quello che non è detto e l’evidenza in quello che non è visto. Come a voler illudere l’attenzione di chi crede solo nella ripetizione degli schemi usuali, anzi come un invito ad aggirare gli ostacoli di una storia a tratti ingombrante, e scivolare oltre la "fabula", oltre il facile simbolismo, per lasciarsi avvincere dai ritmi spigolosi di un film ingannevole per il ripetitivo indugiare sui dettagli, e sulle parole che a ben guardare sono solo ombre, dietro le quali andare a cercare l’essenziale che è il film.
In questo giuoco di nascondere le comunicazioni vere (le parole ascoltate sono, lo ripeto, solo ombre, non dimentichiamolo), le uniche che avrebbero una rilevanza nel racconto sono quelle che la giovane sussurra al vecchio nel gioco del predire il futuro. Ma sono proprio quelle che non ascolteremo. Anche se, forse, sono esattamente quelle delle quali intuiremo il significato, (che dovrebbe essere la cosa più importante del segno parola).
La vita del vecchio e della giovinetta sull’imbarcazione, uniti da un segreto, ha due spessori, due profondità differenti. C’è il loro comportamento, il "gioco" della loro armonia e del loro amore, e poi c’è un livello sommerso, interiore (su cui sempre Kim giuoca), quasi invisibile, che solo a tratti emerge, e si rivela, ma che non ha parole né spiegazioni.
Cosa sono i sorrisi enigmatici della ragazzina, apparentemente serena in questa vita sospesa nell’acqua? E cosa sono le ire improvvise del vecchio che scaglia frecce a chiunque si avvicini alla ragazzina?
In realtà il vecchio e la giovane, ed i loro mondi interiori, sono l’espressione di un solo concetto di cui l’arco è l’unico vero significante.
Quando la giovane incontrerà nel ragazzo, che, come altri pretendenti, salirà sulla barca, l’amore, ecco, infatti, che il film e l’intrerccio narrativo, troveranno il loro nodo di sviluppo centrale per catapultarsi (è il caso di dirlo) verso lo gnostico finale.
Anche se lo spettatore sarà portato a credere che il vecchio riuscirà nell’impresa di sposare la ragazza, in realtà la cerimonia è solo un atto allegorico in cui si segna la fine dell’età adolescenziale, e dove finalmente la giovane sarà libera di lasciare, molto metaforicamente, l’isola (altra auto citazione) o, meglio, la nave felice della vita da ragazza, per affrontare quella di adulta, in compagnia del ragazzo.
Questo passaggio non avverrà senza dolore. Senza la sofferenza sia del vecchio, che rischierà la vita per non lasciarsi portare via la ragazza, sia della giovane che avrà modo di comprendere le ragioni dell’amore che il vecchio le porta.
Così come da lei stessa predetto al ragazzo.
In realtà, tornando all’opera di Kim ki Duk, è proprio nell’espressione di un dualismo che egli riesce sempre a condurci ad una unicità.
Un classico esempio di questo dualismo complementarmente rivelatore, è certamente racchiuso nella duplice funzione drmmaturgica dell’arco, dal quale, sia il vecchio che la ragazza, sanno trarre sia la dolcezza delle melodie, quando lo utilizzano come strumento musicale, che la ferocia dello scoccare delle frecce, quando, viceversa, lo adoperano come arma, (offensiva il vecchio, difensiva la ragazza).
Il vecchio e la giovane sono come un’entità sdoppiata che, lentamente, si ricompone come nella ricostruzione di un vetro rotto.
La morte del vecchio così (come la morte di Jo Jin in Samaria, n.d.r.) è l’unica possibilità per la giovane per ritrovarsi e poter proseguire la sua vita.
Questa morte si pone quindi come dato simbolico, punto di passaggio obbligato in un tradizionale percorso di crescita, di gnosi.
E’ più simile ad una sparizione la morte del vecchio mentre, in parallelo, la giovane si congiungerà con il ragazzo – non prima della sequenza forse più cruenta di sesso cha abbia mai visto – in cui la ragazza si unirà carnalmente sia all’invisibile, ormai, vecchio, quanto al visibile giovane. Anche in questo atto, la sequenza girata da Kim fonde, in un unico, il terreno piacere sessuale alla visione ed alle conseguenti implicazioni spirituali, del gesto. Un amore che dall’acqua in cui il vecchio scompare seguendo la freccia, pare, successivamente, provenire dal cielo, in un ennesimo gioco di dualismi rivelatori.
Il lento naufragio della nave, nel finale del film, ed il suo scomparire nell’elemento acqua, rappresenta, infine, una sorta di ricongiunzione con la madre. La madre che, allegoricamente, aveva perduto la figlia. (Mentre in Samaria erano il padre e la figlia ad aver perduto la madre, n.d.r.).
Tramite della riunificazione: anche in questo film l’agire puro di un giovane.
Circa il linguaggio audiovisivo – accenni
Cos’altro aggiungere. La colonna sonora, molto bella. Kim usa il linguaggio audiovisivo basandosi molto anche sull’audio. Quindi non solo immagini ricche di significati, ma anche attento studio del sonoro. Straordinarie, in tal senso, le sequenze del walkman, delle melodie ripetitive dell’arco, e del sibilo sordo ed improvviso del conficcarsi delle frecce.
Le inquadrature utilizzate da Kim sono sicuramente un’altro ambito significativo d’indagine. Citerò l’utilizzo dei primi e primissimi piani, utilizzati spesso per sottolineare le variazioni di animo negli esistenti, ed i totali, utilizzati per sottolineare la solitudine della nave nell’elemento acqua.
Circa le interpretazioni
Si legge in giro che la interpretazioni non sarebbero all’altezza dei film precedenti. Io non sono, ovviamente, d’accordo. Diciamo che la recitazione, in generale, non è certo il punto di forza del cinema di Kim ki Duk. Ma va anche detto, al riguardo, che gli attori protagoniti:
Han Yeo-Reum
Jeon Sung-Hwan
Seo Ji-Seok
1) Ageo (1996)
sono bravi, all’altezza del compito, e che la giovanissima Han Yeo-Reum è anche molto bella.
Conclusioni
Concludo questo post dicendo una cosa. Non credo che, pur riconoscendo molti punti in comune con le precedenti sue opere, L’arco sia un film minore.
Al contrario, io ritengo solo che Kim stia continuando una sua personale, magari ossessiva, ricerca simbolica verso i temi oggetto della sua arte, scaturugine della sua particolarissima formazione, come se la stessa rappresentasse uno straordinario e raffinatissimo giuoco di sempre più delicate variazioni sul tema.
Links
Un’eccellente risorsa internet a cura degli Spietati è qui.
Un bel post di Kekkoz, d’idee in parte diverse dalle mie, è qui.
Ed infine qui il giudizio dei cinebloggers.
L’opera omnia di Kim ki Duk:
12) L’arco (2005)
10) Ferro3 – la Casa Vuota (2004)
9) Primavera, Estate, Autunno, Inverno…e Ancora Primavera (2003)
7) Indirizzo Sconosciuto (2001)
5) Seom (2000)
2) Yasaeng Dongmul Bohoguyeog (1997)
@mpinaCiancio sempre grazie a te, Mapi, davvero.
Un abbraccio lieve.
Rob.
Condivido così tanto le tue riflessioni su questo film che lascio il link di questo post sul mio blog. Ti abbraccio Roberto, grazie della segnalazione e a presto
mapi
ed altre tempistiche…
Ma non saprei. A me il film è piaciuto. vedremo. Won Kar Way è un’altra storia.
Rob.
Il film non è male… però sei stato costretto ad affermarlo anche tu, KKD si cita addosso in maniera sempre più compulsa, la samaritana doveva segnare un punto di ritorno… ed invece si torna sempre alle 4stagioni iniziali. Vedremo… in seguito. Magari se facesse il suo lavoro meno compulsamente come Won Kar Way?
Ecco appunto.
Fermo resnado che stimo molto Fuvia ed il suo blog.
mi fa piacere peraltro condividere in questo spazio il fatto che sono stato recentmente invitato a partecipare all’inziativa IN EDITA BLOG che sarà presentata al Salone dell’editoria musicale e multimediale con il patrocinio della RAI a Genova tra il 2 ed il 6 febbraio 2006.
http://www.ineditablog.splinder.com/
Se un’altra blogger (Placida Signora) ha inteso estendermi tale invito, forse lo devo anche a come ho scelto d’impostare editorialmente il blog. O no?
Un saluto.
;-)
Rob.
@ minstrel: NON HO MAI DETTO che quello di rob sia un blog brutto e/o pesante. Ho solo detto che (a mio parere, contestabilissimo) dovrebbe “spezzare i post” – esempio, di un post così lungo farne due, perché per chi come me è profano è dura da digerire..
Ovvio che cinemavistodame è un blog interessante più di molti altri :) era un consiglio/critica/opinione, mica la bibbia
Ok;)
grazie del link e della posizione in cui l’hai inserito!
tra l’altro accanto al nome del blog hai messo anche il mio nome tutto attaccato al cognome, che mi è servito solamente per registrarmi su splinder. va bene, va bene, se puoi però scrivi claudio, con la a tra la elle e la u, che cludio proprio non mi piace.. ;-)
I agree. Anche sul blog di Fulvia ;-).
Rob.
Naturalmente Rob, hai ragione!
Io avevo trovato questo blog:
http://angelorizzi.splinder.com/
dove si parlava di cinema (non solo di film) COME SI DEVE (esattamente come fai tu), peccato abbia scritto pochissimo. Confido nella sua ripresa comunque.
Io ribadisco la NECESSITA’ che esistano sempre più blog di Approfondimento e non di semplice Informazione! Ad esempio il blog di Fulvia lo trovo molto ben fatto! ^__^
Ciao e alla prossima rifles(recen)sione!
La mia opinione è che sul cinema in giro ci sono molti blog che danno una visione sintentica ma, a volte, approssimativa delle opere cinemaografiche.
Io credo ci sia spazio per tutti nella blogosfera.
Intendo però chiarire una cosa: io non oparlo solo di film, ma, tento, di parlare anche di cinema. Non è sempre esattamente la stessa cosa.
Ovviamente non mi rivolgo a tutti, ma solo a quelli che intendono, come me, utilizzare il cinema come strumento di conoscenza. Saranno sempre i benvenuti qui e troveranno sempre spunti approfonditi.
Io, ma davvero, non saprei come altro scrivere sull’argomento cinema.
L’altrnativa potrebbe essere quella che utilizzava faceva il gestuita del cineforum dove andavo da ragazzo – che aveva un eccellente programmazione e che credo abbia in parte contribuito alla nascita del mio amore per la settima arte, il cui acme di critica cinematografica era:
“Questo film che vederemo stasera:
fa pensare
o, in casi più impegnativi,
fa molto pensare”.
Insomma si può fare anche così. Ma per questo non serve aver fatto corsi di sceneggiatura di regia e di tecniche di ripresa.
Io il link a Fulvia lo lascio e non la mando a quel paese, perché ognuno qui ha diritto di pensare e di scrivere quello che vuole.
Rob.
L’ho finalmente l’ho letto tutto il post. Bello! Mi ha fatto venire in mente una frase di Gibran tratta dal fin troppo celeberrimo “Profeta” sui figli: “Voi [genitori] siete l’arco e i figli la freccia proiettata nel futuro”. Grazie davvero Rob.
Ah, un appunto a Fulvia: ne abbiamo piene le tasche di blog qualitativamente e compositivamente di bassa fattura! Stavo giusto pensando di dare una svolta cruenta al mio blog pubblicando alcuni studi di musicologia e dintorni che avevo fatto anzitempo MOLTO specifici e MOLTO per addetti ai lavori! Ma se ben sistemati, si può puntare a PARLARE A MOLTI a cui interessano certi argomenti, senza la prolissità e l’accademismo freddo e inutile di certi manuali d’argomento scritti più per sentirsi meglio con la propria intellighentia che per il pubblico lettore! Per cui Rob, continua così! ANZI, visto che puoi e hai i numeri per farlo, APPROFONDISCI DI PIU’!
IHMO naturalmente. ^__^
CIAO
Yours
MAURO
non posso pronunciarmi :)
posso farti una critica? (Ce lo abbiamo in comune, il vizio).
Tu scrivi bene, e post interessanti, ma son difficili da “digerire” per le persone “digiune”…ok, puoi mandarmi a quel paese)
Beh grazie Mauro verrò a visitare il tuo blog.
;-)
Rob.
Accidenti che post! Non l’ho letto tutto perchè arrivato a metà mi sono reso conto che non posso pretendere di capirlo senza la dovuta attenzione.Non avrei poi reso giustizia al tuo lavoro! La cosa migliore è stamparlo (fatto!), leggerlo (lo farò!) e linkare l’autore del pezzo fra i miei cineblogger preferiti (CI SEI!).
Complimenti e a presto!
YOurs
MAURO
lo è ;-)
Rob.
sembra veramente un bel film :)
scusa clos è che non mi ricordavo il tuo soprannome.
;-)
Aggiungo subito il link.
Rob.
cosa vuol dire non hai il mio indirizzo per ricambiare..? l’avevi detto tu di procedere allo scambio di link. bah, forse sarà che non ero registrato, ma la firma clos di chi mai potrà essere..? mistero ;-)
ho aggiunto il tuo voto a mary, ma come nonostantetutto e non come rob, che poi se no mi sgridate come l’altra volta.
@ rukert … il cinema è una fonte di conoscenza come la musica;-)
Quello di Kim ki Duk è, da questo punto di vista, interessante proprio per gli spunti verso matrici culturali altre rispetto a quellle occidentali.
Un saluto.
Rob.
Caro rob, il post è denso interessante come sempre, ma mi amareggia non poter dare alcun contributo. Credo che per poterlo apprezzare ancora di più dovrei vedere il film … la lettura comunque è già di per sé una bella motivazione per andarci.
Ciao
sono d’accordo ;-)
Rob.
…non ti preoccupare rob, davvero, l’importante è capirsi ^^v^^
Grazie del benvenuto, e ovviamente ricambio l’omaggio.
: )
Ma… che significa “a Napoli diventi bello”?
“A Roma appassionato di cinema” lo posso condividere – infatti mi sto appassionando – ma in quanto a Napoli, bè, deve essermi sfuggito qualcosa.
Mia Hoffmann
Tre benevenuti su questo blog:
mrka, kanji e clos.
:)
Grazie del link clos, ma non ho il tuo indirizzo per ricambiare.
;-)
Rob.
linkato ufficialmente.
clos
L’espressività facciale del “vecchio” mi ricorda i migliori samurai di Kuniyoshi. E’ un volto epico, il suo, dalla dinamica tradizionalmente esasperata.
Credo che il film meriti di esser visto anche “solo” per questo.
Mia Hoffmann
spero di vederlo presto.
( non ho mai inviato MMS)
m.
@ sblog un saluto ;-)
@ utente anonimo … magari mi dici anche chi sei … comunque grazie ;-)
Rob.
ho visto solo il trailer…ma con le tue recensioni mi incuriosisci sempre.
Un’altra cosa: complimenti per le canzoni che metti sempre nel tuo blog!
Non l’ho visto…forse lo vedrò…
Mi piacciono le “delicate variazioni sul tema” …a volte troppo banalmente e frettolosamente definite “ripetizioni”.