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Broken Flowers | di Jim Jarmush

analisi di eventi ed esistenti e linguaggio audiovisivo

Broken_flowers_locandina

I fiori appassiti nel minimalismo di Jim
a cura di Roberto Bernabò

Broken Flowers

Titolo originale: Broken Flowers
Nazione: U.S.A.
Anno: 2005
Genere: Commedia
Durata: 105′
Regia: Jim Jarmusch
Cast: Bill Murray, Jeffrey Wright, Sharon Stone, Frances Conroy, Jessica Lange, Chloë Sevigny, Pell James, Tilda Swinton, Julie Delpy, Chris Bauer, Ryan Donowho, Alexis Dziena.
Produzione. Bac Films, Focus Features
Distribuzione:Mikado

Sinossi: Scapolo incallito, Don Johnston, è appena stato mollato da Sherry, la sua ultima conquista, quando riceve una lettera anonima, nella quale una sua vecchia fiamma gli comunica che è il padre di un ragazzo di 19 anni, che forse è partito alla sua ricerca. Don decide di partire, a sua volta, per un viaggio, che lo porterà a riaffrontare tutto il suo passato, in parte irrisolto, ed a fare i conti con il suo karma, anche rispetto alla paternità.

Era carino quel vestito che non indossavi prima …
Don Johnston

§§§

Cominciamo con il dire che questo è un film che divide. C’è chi come me, che a parte un lieve shok sul finale, lo ama, e c’è chi lo trova scontato e persino noioso.

Tenterò, come mio solito, di argomentare in favore dell’opera.

1) La dedica a Jean Eustache

Jean Eustache

In primo luogo va chiarito che il film è stato dedicato, dal regista americano, al regista francese Jean Eustache che, attraverso l’opera La Maman et la Putain / The Mother and the Whore (1973), descrisse, in un film che è da annoverare tra i capolavori del cinema, in 3 ore e mezzo di pellicola, tutto il tormento interiore della generazione del ’68, relativo al tema sentimentale ed a quello della liberazione sessuale.

La Maman et la Putain

E’ questo un elemento importante proprio nell’esegesi, e non solo semantica, del titolo dell’opera “Broken Flowers“, in quanto i fiori appassiti appaiono essere, a guardare bene, proprio i miti di quella generazione.

Cos’altro rappresenta, infatti, l’esistente protagonista del film, Don Johnston (e non Johnson come quasi sempre gli altri equivocano), se non una incarnazione dei valori di tale archetipo? Ex hippy (lo scopriremo insieme durante le sue peregrinazioni), e totalmente refrattario al matrimonio, tanto da evocare la figura del Don Giovanni, egli è forse così tanto condizionato dagli schemi culturali di quel periodo storico, da rimanerne, quasi, intrappolato.

Alexander Korda

Anche se la citazione cinefila iniziale relativa al film “Ultime avventure di Don Giovanni (The private life of Don Juan) di Alexander Korda, film in bianco nero del 1934, infatti, potrebbe trarci in inganno – in quanto in quel film si narra una storia esattamente opposta a quella di Don Johnston, in quanto il Don Juan in questione, infatti, stanco delle sue avventure, decide di tornare con la moglie – non bisogna lasciarsi confondere, i riferimenti di Jim Jarmush sono ben altri.

E sono piuttosto da ricercare nella presa di coscienza dello smarrimento esistenziale di una generazione, quella del ’68 appunto, di cui gli esistenti che gravitano intorno al protagonista del film, appaiono incarnarne, chi più chi meno, gli archetipi fondanti.

Ma andiamo con ordine.

§§§

2) I fiori appassiti di Jim – già ma quali?

Broken Flowers

E’ la domanda che mi sono posto uscendo ieri sera dalla sala 1 del cinema Greenwich di Testaccio, che è tornato ai livelli di affidabilità di sempre.

Bene guardiamoli dal punto di vista generazionale.

2.1) La liberazione sessuale

Il peregrinare di Don Johnston (uno straordinario Bill Murray secondo me), durante tutto il film, non ci darà elementi per desumere che la fedeltà ed il rigore morale, all’interno di una coppia, siano il filtro della felicità.

al contrario, lo svolgersi degli eventi ci darà consistenti argomentazioni per comprendere che egli è vittima sia del suo modello culturale – lo vediamo, infatti, essere per l’ennesima volta abbandonato da una delle sue innumervoli amanti, proprio nelle sequenze iniziali – e sia delle correlate, e neanche tanto malcelate, insicurezze.

Bill Murray e Sharon Stone

Ormai sul viale del tramonto come playboy, egli desidera, più che la liberazione delle responsabilità, molto inconsciamente, l’esatto contrario: e cioè l’incontro con la sua paternità, con il suo ruolo di marito tanto fuggito.

Certo, una ricerca goffa, a tratti esilarante, nello stile tipico del regista, ma pur sempre molto disperata, e vana, e contraddittoria.

Tutto il contrario, ad ogni modo, di quella del mito della liberazione sessuale, tanto coerentemente condotto per tutta una vita … nessuno è più schiavo, o vittima di se stesso, come il protagonista.

Ad analizzare bene la successione degli eventi del film, è evidente che il canovaccio classico della ricerca di qualcosa di perduto … o, meglio ancora, nel ribaltamento categoriale adtottato da Jarmush, nel misitificante ritrovamento di qualcosa che non si sapeva di avere, nel caso di specie un figlio, e scusate se è poco, Jim ci narra, molto metaforicamente, un viaggio.

Un viaggio – sicuramente generazionale – all’interno di un passato recente, ma diventato già, ormai, quasi un fantasma.

Bill Murray

Per meglio chiarire proprio tale evocazione, Jamrush fa in modo che uno degli incontri dell’esistente protagonista Don, con le sue ex, alla ricerca della madre del suo ipotetico figlio, avvenga proprio tra questi, ed un fantasma essendo, la ex in questione, morta, ed avvenendo l’incontro in un cimitero.

Ed, in una sapiente sttolineatura formale dell’epifania del mito, l’incontro in questione sarà proprio l’ultimo.

Le donne del passato appaiono come delle foto sbiadite.

Quasi – come nel personaggio interpretato da Sharone Stone – come una cosa molto bella, ma che non esiste più, … l’evocazione del sogno generazionale?

Bill Murray e Sharon Stone

Dei veri e propri istanti di ja veux che mi hanno ricondotto alla canzone “Incontro” di Francesco Guccini ed ai suoi struggenti, quanto malinconici, riferimenti (chissà se Jim ne conosce il testo).

Don cerca, quasi con apatia, le sue ex, e suo figlio, spronato più dal suo amico Winston, che dalla sua personale motivazione, ma, in questa ricerca c’è tutto l’annaspare di un’intera generazione che non sa più spiegarsi se sia meglio diventare ricchi, ma senza amore, o, invece, rimanere poveri ma, apparentemente realizzati nella famiglia, proprio, appunto, come il demiurgico amico eritreo Winston, l’esistente forse più positivo del film.

2.2) L’emancipazione femminista

Sharon Stene e la figlia nel film Broken Flowers

Altro broken flower è quello dell’emancipazione femminista, incarnato dall’esistente interpretato da Jessica Lange – curiosa, anche se di sapore assai diverso, analogia, con quello interpretato dalla stessa attrice nel film “Don’t come knoking” di Wim Wenders, simile forse nell’impianto narrativo, ma assai differente nei significanti – citazione che non si può non fare avendo visto i due film, essendo, peraltro, Wim Wenders un costante riferimento del cinema di Jim Jarmush.

Una donna molto new age, che comunica con gli animali, che si crede liberata dalla precedente professione di avvocato, che non le lasciava spazi vitali per lei, ma che appare, invece, vittima di un rapporto lesbico assai asfittico ed opprimente con la segretaria, e di un altrettanto massacrante ritmo di lavoro.

Bill Murray a casa di Pell James

Nel film sono diventati un immaturo ricco mecenate dei computers (Don Jonsthon appunto), ed una depressa sposa senza figli, agente immobiliare di prefabbricati di lusso (ma cosa diamine sarebbero preferisco non chiedermelo), nelle assai volutamente squallide sequenze dell’incontro con la “compunta” quanto irriconoscibile Frances Conroy”.

Appaiono molto mal messi anche i miti generazionali di film come Easy Rider” se è vero che l’unico pugno e momento violento del film Don lo rimedia proprio nell’incontro con “l’arrabbiata” Tilda Swinton e con i suoi, forse un po’ troppo stereotipati e demodé, forse addirittura vintage, amici centauri.

Bill Murray e Tilda Swinton

Insomma un viaggio ed un film on the road (ma il cinema indipendente americano non riesce ad immaginare altro? No sto pensando a Sideways, ad esempio), solo apparentemente guidato dal colore rosa (quello della lettera attraverso la quale Don scopre l’ipotetica sua paternità, e quello dei fiori che egli stesso regala alle sue ex ed ipotetiche madri), dentro i miti di un America e di un sogno che non è più, e che, forse, e sottolineo forse, non è stato mai.

Qui mi sembra scaduto  ai livelli del peggiore Antonello Venditti, me ne scuso. Antonello scherzo ovviamente, eh.

Che altro dire, sicuramente ci sono sicuramente molti altri riferimenti letterari, come l’archetipo della ninfa (Sharon Stone) e della ninfetta sua figlia.

§§§

3) La recitazione

Breken Flowers_Bill Murray

Intorno alla strepitosa (secondo me) interpretazione di Bill Murray – che appare molto pregno delle capacità di recitazione minimalista, livemente pessimisticamente rassegnata, che aveva già messo in luce nel film Lost in translation di Sofia Coppola, altro film che appare doveroso citare proprio con riferimento allo stile recitativo di Bill, ormai completamente emancipato dai ruoli demenziali che lo avvano caratterizzato in passato – un cast di donne che, solo qualche anno fa, avrebbe attratto al box office milioni di spettatori in tutto il mondo, … altro, spietato, riferimento ai fiori appassiti?

§§§

4) Curiosità cinefila: i riferimenti ribaltati e non a “Don’t come knoking” di Wim Wenders

Broken_flowers_locandinaDon't come knocking di Wim Wenders

Un piccolo divertissmant cinefilo riguarda, a guardare bene, i riferimenti e le relazioni molto particolari tra l’opera Broken Flowers di Jim Jarmusch e Don’t come knoking di Wim Wenders.

Allora molto velocemente.

Riferimenti non ribaltati

Molto simili alcuni dei temi dominanti:

  1. la scoperta e conseguente ricerca di un figlio da parte del protagonista;
  2. il suodeclino come playboy;
  3. il fascino esercitato sulle donne.

Riferimenti ribaltati

Altra caratteristica in comune è la ricerca on the road ed il peregrinare in auto.

Ma nel film di Wenders è più una fuga che una ricerca, mentrein quello di Jarmush, è più una ricerca che non una fuga.

Anche se, in fondo, sono fughe e ricerche complementari e molto simili.

Esistente Protagonista Maschile:

Broken Flowers: è il figlio che cerca lui, lui parte alla ricerca del figlio, ma non fugge da nessun lavoro, ed è lui che viene lasciato all’inizio del film.

Don’t come knoking: è lui che cerca il figlio, è lui a fuggire dal set, ed è lui ad essere cercato, dal regista, dall’assicuratore, dalla ragazza con le ceneri della madre … ah è lui che, fuggendo dal set, lascia sola l’attrice innamorata di lui.

Esistente Protagonista Femminile:

Broken Flowers: non è una sola, sono molte, e la meternità non è né certa né rivelata.

Don’t come knoking: è solo una ed è Jessica Lange, la maternità è certa ed è rivelata.

Esistente detective:

Broken Flowers: è il migliore amico del protagonista, non è un professionista, ed è lui che esorta questi a partire alla ricerca della madre del figlio.

Don’t come knoking: non è affatto un amico del protagonista, è un professionista, ben pagato dall’assicurazione del set cinematografico, per cercare lui.

In comune hanno la forte spinta verso la ricerca della verità, tema più wendersiano che non di Jarmush.

Esistente Figlio del protagonista:

Broken Flowers: non é certo, qualora esista è lui a cercare il padre, nelle sequenza del presunto incontro con il padre non accetta il confronto e fugge.

Don’t come knoking: è certo, è lui ad essere cercato dal padre che accetterà d’incontrare, non senza molti contrasti.

Titolo:

L’ultimo riferimento ribaltato è celato proprio nell’inversione del titolo: mentre in Don’t come knoking Wim Wenders invita, infatti, a non bussare (alla porta di Jessica Lange n.d.r.) in Broken Flowers di Jim Jarmush l’esistente Don Johnston, in effetti, non fa altro, per tutto il film, che bussare alla porta delle sue ex.

Se ne avete notati altri, segnalateli nello spazio commenti.

§§§

5) La regia

Il film, mi corre l’obbligo di precisare che il film di Jim Jarmusch, ha vinto al Festival di Cannes 2005, dove il tema era proprio quello di paternità possibili ed impossibili, il premio speciale della giuria.

Un premio secondo noi meritato.

La colonna sonora è notevole, un piccolo appetizer, grazie ad Ila, è nella mia radio blog.

§§§

5) La chicca

Un chicca dell’ironia minimalista di Jim? Nell’auto passa davanti a Don dopo qualche secondo dalla perdita di vista del suo presunto figlio, il volto che noi vediamo sgranato, dal finestrino abbassato, beh quello è il figlio di Bill Murray. Homer Murray. Non Don, ma Bill.

Della regia, che sarebbe sotto accusa per alcuni movimenti errati di macchina, mi è molto piaciuta la capacità di Jim di non dare alcun elemento d’infralettura anticipatoria della trama. Una suspance condotta molto lentamente, sottolineata da continue dissolvenze in nero, che conducono – dopo l’ambigua sequenza dell’incontro tra Don e il suo ipotetico figlio (anche qui un parallelismo ribaltato, ripeto, al film di Wenders), all’unica verità del film.

Lo smarrito esistente fermo all’incrocio della vita, incerto su tutto, che non ha portato in alcun modo a termine la sua sofferta ricerca, consapevole solo che quello che resta, alla sua generazione, ed anche a lui, è il presente. Da rincorrere, forse, ma ancora tutto da vivere.

Una conclusione, tutto sommato, ottimista, nonostantetutto.

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Roberto Bernabò
18 anni fa

Sono in partenza per Milano dove rimarrò fino a domani sera.

Non so quando riuscirò a postare, ma credo che posterò sui fratelli Dardenne.

Mi dispiace per lo zarro su Harry Potter, è evidente che non conosco i suoi film ;-) credo che l’altro da te suggerito sia interessante, anche se il mio prossimo obiettivo è Me and You and Everyone We Know Directed by Miranda July.

Grazie a te per l’assidua
frequentazione del mio blog;-))

Rob.

minstrel
18 anni fa

aHAHAHAH Stai scherzando Rob? Che me frega di Harry potter (HARRY SI SCRIVEEE CAPITO!!!???!!! ahahahhahaha)!

Sinceramente era una domanda un pò “fuoriluogo” visto cosa tratti, ma dato che nessuno ha affrontato un argomento simile (per mooolti motivi, alcuni dei quali ovvi) ho semplicemente espresso questa richiesta ad uno che so ne capisce un bel pò!

Insomma lo farei io, ma non ho la necessaria competenza. Meglio che ritorni ai miei microscopi mozartiani e attendere tue nuove ^__^

A presto e grazie delle reply solerti!

Yours

MAURO aka Minstrel

Roberto Bernabò
18 anni fa

Ieri sera ho visto l’enfant dei fratelli Dardenne. Un film basato praticamente solo su due esistenti. Interessante. Per Harry Potter niente di personale ;-))

Rob.

minstrel
18 anni fa

AH nooo AAAH NOOOOO?!?!?!??!?!

Touchè! Hai tutte le ragioni di questo mondo.

Beh, allora mi consolerò attendendo con ansia mista a curiosità la tua futura recensione di “A history of violence” del mai troppo celebrato David! ^__^

Ok, ora si ricomincia a parlare di cinema nevvero! CIAO!

Roberto Bernabò
18 anni fa

Grazie Minstrel, mi dispiace ma io Harry Potter non lo sopporto. Scusami.

;-)

Rob.

minstrel
18 anni fa

Il mio nome vero credo sia oramai chiaro anche al papa. Piuttosto mi soffermo sull’ennesimo ottimo post del buon rob ringraziandolo per le ottime parole riservato a quel talento riscoperto di Murray.

Piuttosto mi piacerebbe leggere qualcosa di tuo che analizasse le differenze registiche e d’atmosfere dei 4 Harry Potter. Naturalmente so che tu sei solito parlare di CINEMA VERO, ma non credo che alcune scelte attuate dai registi in questi film siano da buttare via, nonostante innumerevoli pecche palesi!

Capperi, pure io in OT. Questo post è veramente troppo arduo da commentare ^__^

BRAVO

YOURS

MAURO

ocapperino… con il nick.. ehm

MINSTREL!

Roberto Bernabò
18 anni fa

Si, infatti ti ho scritto una mail.
;-)

Rob.

PlacidaSignora
18 anni fa

E ne son contenta, che ti piaccia :-)

(forse è meglio se seguiamo questa conversazione di qua e le cose del presepe di là, sennò gli altri non capiscono ;-)

Ora vado dalla mia nonnina. (e diluvia, snort) ciao caro, buonaserata :-**

Roberto Bernabò
18 anni fa

Ma tu pensa la mia famiglia ha origini genovesi, ricerche araldiche portate avanti da parenti hanno messo in luce che le origini sono proprio liguri e che i primi Bernabo’ erano commercianti di sale e seguivano una via, quella del sale appunto, che dalla Liguria conduceva oltr’alpe, dove ovviamente il sale era preziosissimo.

In seguito diventarono notai ed avvocati tranne mio padre che era un dirigiente di azienda.

Però il nonno in questione è dal lato di mia madre e si chiamava Costanzo di Marzo. Con la Liguria c’entra poco. La famiglia di Marzo ha origini pugliesi e successivamente irpine, produciamo anche un vino, il Greco di Tufo, eccellente bianco campano con cui accompagnare il pesce, e da servire intorno ai 10°.

Comunque a me o presebbio piace assai.

;-)

Rob.

PlacidaSignora
18 anni fa

Te l’ho chiesto per il cognome, presente qui a Genova come Bernabò Brea. :-)

Roberto Bernabò
18 anni fa

Di Napoli ma vivo a Roma da 10 anni.

PlacidaSignora
18 anni fa

Un bel nonno. Di dove sei, Rob?

FulviaLeopardi
18 anni fa

In realtà avevo messo nel blog il mio nome e cognome, poi l’ho cancellato…lo puoi scoprire facilmente, sapendo che il mio nome e flavia, e un po’ di tempo fa postai una foto con una via intitolata ad un mio antenato…

ps cmq FulviaLeopardi è molto più conosciuto di *mio nome e cognome*

http://absinthlacasinista.splinder.com/post/6181331

Roberto Bernabò
18 anni fa

Carissima,

non sapevo niente del secondo incidente a Pino. Sabato andrò alla presentazione del suo libro.

Sono molto contento di non essere una mosca bianca idealista. Fulvia è talmente tosta che io ero certo che quello fosse il suo vero nome. Io e lei ci frequentiamo webbisticamente da sempre, ed ho visto come lei abbia piano piano affinato il suo taglio editoriale.

A me piace un sacco proprio perché non si sottrae mai alla discussione, ed, anzi, spesso, acuisce i toni della polemica. Insomma proprio come uso fare io – grazie agli insegnamenti di mio nonno che era uno storico, un fine uomo di pensiero (fu uno dei fondatori del partito liberale e collaborò con Benedetto Croce) – che m’insegnò a prendere sempre posizione.

Oggi, più che mai, fare questo è diventato un’urgenza secondo me.

Ed il web, invece, spesso, diventa una sorta di zona franca. Tutto qui.

Grazie del tuo bel commento.

Rob.

PlacidaSignora
18 anni fa

No Rob, siamo in tanti a pensarla così, sempre di più. Ho un nick (soprannome con mi mi chiamano gli amici da anni e anni e anni), ma sul mio blog c’è scritto chiaramente il mio nome e chi sono, cosa faccio. A Pino purtroppo ieri è accaduto un altro “incidente” estremamente spiacevole, oltretutto proprio su InEdita, che dimostra quanto siano sacrosante le tue parole.

Ma la reazione che si è scatenata, dimostra anche che la tua, la nostra teoria è esatta. Io penso che fra qualche anno i blog saranno divisi nettamente in due: quelli nominali, che cioé dichiareranno responsabilmente idee sottoscritte da generalità ;-), e quelli caratterizzati solo da nick. Sarà il lettore come sempre a deciderne la “credibilità”.

(Ma credimi, Fulvia è una giusta e tosta, non si nasconde dietro nulla, mai. Il suo ormai è un “nom de plume”, ma sono certa che fra poco anche lei vi aggiungerà di fianco un “alias” seguito dal suo nome :-)*

Roberto Bernabò
18 anni fa

Allora sei l’ennesima delusione! ;-P

Io invece non uso nickname.

Io sono Roberto Bernabo’ punto e basta. Quando mi registrai su Splinder scelsi nonostantetutto come nickname perché all’epoca, ero assai più imbranato e perché così avevo chiamato il blog.

Comunque io resto dell’idea che nascondersi dietro i nickname sia un po’ deresponsabilizzante … con tutto quello che ne deriva, e non solo nelle chat. Penso allo spazio commenti, ad esempio, ed a quello che successe a Pino Scaccia che rischiò la radiazione dall’albo dei giornalisti, per un commento non autenticato.

La gente farebbe meglio ad assumersi le responsabilità e la paternintà delle proprie azioni, anche se virtuali.

Ma mi rendo conto di essere una sorta di mosca bianca idealista e scorrelata dalla realtà del web, ammesso che la stessa a questo punto, si possa definire tale! ;-)

Basta ho finito.

Un saluto.

Rob
.

FulviaLeopardi
18 anni fa

passo velocemente a dirti che FulviaLeopardi non è mio nome e cognome, ma un fortunatissimo soprannome :P

Roberto Bernabò
18 anni fa

con il riscaldamento acceso si ^__^

grazie;-)

Rob.

coccinellina86
18 anni fa

Caro Rob non so quale sia il tuo lavoro ma secondo me sei sprecato. Dovresti fare il regista o lo scrittore…e questo non è perchè mi hai nominato ^__^.

Bhè..ancora mezza addormentata ti auguro una buona giornata e spero che da te faccia decisamente meno freddo.

saluti

Ila

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Mi piacerebbe conoscere il tuo pensiero, ti prego di commentare.x