Me and you and everyone we know di Miranda July
analisi di eventi ed esistenti
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Il minimalismo e la postmodernità di Miranda July
Titolo originale: | Me and you and everyone we know |
Nazione: | U.S.A. |
Anno: | 2005 |
Genere: | Commedia |
Durata: | 90′ |
Regia: | Miranda July |
Sito ufficiale: | www.meandyoumovie.com |
Cast: | John Hawkes, Miranda July, Miles Thompson, Brandon Ratcliff, Carlie Westerman, Natasha Slayton |
Produzione: | Gina Kwon |
Distribuzione: | Fandango |
Data di uscita: | 07 Dicembre 2005 (cinema) |
Raramente quando vado al cinema, ultimamente, esco dalla sala soddisfatto. Cioè intendo dire completamente soddisfatto. Non so se avete presente, in non so più quale film, Ecce Bombo o Sogni d’oro, forse, una sequenza nella quale Nanni Moretti dice, riferendosi alle critiche cinematografiche pubblicate sui giornali: "Quando voi dite 5 io penso 3, quando voi dite 3 io penso 1".
Ecco è esattamente così anche per me, quindi.
Quindi, quando un film incensato dalla critica, che ha vinto più premi della pentola a pressione Aeternum, riesce a stupirmi ed a incantarmi così, rimango stupito, meravigliato e fiducioso in un mondo migliore. Che è poi, ma guarda un po’, l’essenza stessa di questo bellissima opera.
Gli esistenti di questa delicatissima pellicola sono tutti, infatti, uniti da una tensione sottile, che è proiettata verso la conquista di un futuro migliore. Chi più, come nel caso dell’esistente Christine Jesperson protagonista femminile, chi meno, come, nel caso di Richard Swersey esistente protagonista maschile. Che forse è ancora troppo scosso, all’inizio della trama, dalla recente separazione dalla moglie.
Ma procediamo con ordine.
Perché questo film non poteva non catturarmi totalmente. L’olistica postmodernità dei significanti.
Questo film non poteva non catturarmi totalmente perché anche al più distratto lettore di questo blog, sarà parso evidente che … insomma io non amo, così tanto, il cinema americano, quello di Holliwood però, ma attenzione non fraintendetemi, non cerco di generalizzare, è che è proprio la prospettiva eccessivamente industriale questo tipo di cinema a non piacermi. Poi, per carità, Holliwood produce film bellissimi, è all’avanguardia mondiale in quanto a tecniche di ripresa, effetti speciali, organizzazione. Insomma il cinema contemporaneo è un fatto molto americano. Il problema è che lo è diventato troppo. Ma non vorrei scantonare troppo.
Diciamo, peraltro o pur tuttavia va, che io sono un sostenitore del fatto che esiste una cultura americana.
Sono convinto che esista un mondo americano, che non è quello che i media ci propagandano ovvimente, che è assai simile alla raffinatezza ed allo spessore di quello europeo. E forse anche superiore, potrei arrivare a dire, ma si.
New York è indiscutibilmente una capitale culturale, ahimè, assai più di Roma, ad esempio.
Solo che quando si parla di cinema, ecco che subito molti iniziano a storcere il naso.
Ma quando si assiste ad un’opera prima di una cineasta come Miranda July è necessario ammettere che esiste un mondo made U.S.A. straordinario, che è ancora tutto da scoprire.
Vi assicuro che uno degli sforzi nella stesura dello screen play, è stato sicuramente quello di ancorare, in maniera olistica, tutti gli eventi e tutti gli esistenti, la loro drammaturgia, ognuna delle loro azioni, ognuno degli svolgimenti della trama, a fatti, elementi, situazioni, assolutamente ed esclusivamente, direi, contemporanei e postmoderni. Provate, con non poco divertimento, a confutare tale chiave di lettura.
Miranda ha curato in questo film:
-
lo screen play;
-
la recitazione;
-
la regia.
Cioè, come si usava dire un tempo: ha scritto, diretto ed interpretato l’opera, e scusate se è poco.
Quando un lavoro cinematografico è scritto, diretto ed interpretato, è evidente che assistiamo a qualcosa che ha molto a che fare, dal punto di vista artistico e comunicativo con ciò che ha da esprimere quella persona, quel regista.
Che, cioè, più di altre, questa categoria di film, è ontologicamente fondante il termine di cineasta. Una persona cioè che cura il suo progetto cinematografico sotto ogni punto di vista.
Io, segretamente, e adesso anche pubblicamente, ammiro queste persone che riescono ad essere un unico con il loro progetto, che diventa al tempo stesso espressione artistica e vita.
Il cinema fa progressi grazie a queste persone non all’industria.
L’industria ti dice: noi vogliamo questo e quello. E chi ha il mandato di realizzare l’opera deve fare questo e quello.
Lo potrà fare più o meno bene.
Con maggiori o minori capicità, soluzioni artistiche, o formali, ma sempre questo e quello dovrà essere il risultato.
Nel cinema di Miranda July, al contrario, si avverte una carica creativa ad ogni fotogramma. Un alito di spirituale intelligenza ad ogni soluzione di bit narrativo.
Prendiamo la sequenza in cui Christine Jesperson e Richard Swersey camminano dopo poco che si sono conosciuti, e metaforizzano quella camminata, come se la stessa fosse un rapporto sentimentale. Ogni battuta di quel dialogo è geniale, e profonda, e lacerante, e delicata.
O quella del pesciolino che rimane abbandonato sul tetto di una macchina. Che da la stura ad un dialogo tra Christine e suo padre che implica una riflessione, molto singolare, sugli ultimi istanti della vita. Si magari saranno anche trovate new age, non dico di no, forse arrivo a dire anche banali e prive di spessore o peso specifico consistente dal punto di vista culturale, ma che arrivano, divertono, stupiscono.
Cioè esattamente quello che dovrebbe fare, sempre, il cinema.
Passiamo adesso all’analisi degli esistenti e degli eventi.
Innanzitutto un cenno grafico sulla insolita realizzazione della struttura narrativa, ed alle sue intime liason con il titolo dell’opera.
Nel film L’enfant dei fratelli Dardenne l’amico rukert mi ha chiesto che cosa intendessi dire parlando di cinema al singolare.
Ed io gli ho risposto che tale definizione è stata da me coniata per evidenziare il legame di quello stile filmico alla sua struttura narrativa.
Il film dei Dardenne non abbandona mai, infatti, gli esistenti protagonisti, e tutti gli altri personaggi, se vivono dei bit narrativi propri, è sempre solo per supportare drammaturgicamente, la storia dei due protagonisti.
Nel film di Miranda July, al contrario, ci si avvale della struttura parallela riportata in grafico.
Una storia principale, quella di Christine e Richard, che potrebbe essere quella al centro.
Delle storie secondarie, quelle degli altri esistenti, che potrebbero essere quelle ai lati.
Le storie secondarie, però, in questo secondo caso, non servono a supportare drammaturgicamente lo sviluppo della storia principale, ma vivono di vita propria, anche se i protagonisti delle stesse sono, fedelmente al titolo, quelli rappresentanti gli everyone we know.
Riuscite a comprendere la genialità?
Miranda si è lasciata ispirare dal titolo.
Me and you, la storia centrale (che in verità dovrebbe essere riportata più grande in grafico).
And everyone we know, le storie satelliti. Autonome e parallele.
Ma quali sono queste storie satelliti?
La più delicata, moderna, ed evocativa, è quella della chat tra Robby Swersey, il figlio più piccolo di Richard e Nancy Herrington la direttrice della mostra sulla cultura digitale, che si approprierà di un simbolo chattato dal piccolo Robby come logo dell’evento. L’intero episodio, che mi ha riportato alla memoria l’intreccio, assai simile, di un film italiano, peraltro orribile, con Stefania Rocca (il film era Viol@ del 1988 diretto da Donatella Maiorca n.d.r.), è una sottilissima metafora sulle nuove tecnologie, che tange il tema della pedofilia ed i rischi che corriamo lasciando i nostri figli liberi di vagare nella rete (i nostri ma se io non ho figli? Vabbeh i vostri va). Ma il tutto è condotto in maniera assolutamente esilarante, con un epilogo convincente, catarticamente poetico e delicato che sublima nell’appuntamento al buio tra il piccolo e l’adulta ed il loro bacio.
Una seconda storia è quella tra Heather e Rebecca, le due semi diciottenni e Micheal, il collega di Richard, una relazione quasi platonica, tutta agita tra il desiderio delle due adolescenti di liberarsi della verginità, e l’imbranata perversione di Micheal, che non troverà il coraggio di andare fino in fondo, lasciando alle due ragazze opportunità migliori per risolvere il loro problemino, per fortuna.
Miranda non banalizza nemmeno il tema del rapporto con il padre, che combatte con la malattia della sua compagna in fase terminale, e con lo struggente amore paterno per Cathtrine.
Anche qui un racconto molto delicato e complesso che tocca, con rara lievità, temi serissimi come il lutto, la terza età, il rapporto padre-figlia.
Altra storia, non priva di significanti evocativi, è quella tra Sylvie e Peter Swersey, il figlio maggiore di Richard.
Anche in qeusto piccolo sotto-racconto soluzioni molto creative sia nello sviluppo narrativo, e sia nelle tecniche di ripresa, come la sequenza girata con la macchina da presa che si allontana verso l’alto aumentando, gradualmente, il campo dei due esistenti stesi a terra.
Mi sono tenuto per ultima la storia dei due esistenti protagonisti. Come si fa con i premi.
Perché, anche in questa componente dell’interccio della trama, intendo sottolineare la scelta formale di non abbandonare la struttura narrativa parallela.
Da un lato, infatti, assistiamo alle personali fatiche quotidiane dei due esistenti, archetipi diversi, ma altrettanto fondanti, della postmodernità:
-
alla ricerca della propria autorealizzazione professionale ed artistica Cathrine,
-
alla presa con il suo difficile ruolo di padre separato Richard.
Dall’altro il graduale, complesso, travagliato sviluppo della loro storia d’amore.
Due esistenti scelti volutamente apparentemente ma genialmente anonimi: un commesso di un negozio di scarpe, innamorato del proprio lavoro, ed una tassista per anziani (?) che sogna di diventare artista digitale. Una sottolineatura verso una prospettiva che punta più sull’essere, sull’aspetto interiore degli esistenti, rispetto a quello socialmente esteriore.
Questa prospettiva giustifica, a mio modo di vedere, le singolari sequenze in cui Miranda ci parla della capacità dell’uomo d’infliggersi dolore (come in quella in cui Richard, molto metaforicamente, da fuoco alla sua mano, o in quella girata al magazzino di Richard e relativa alle piaghe nei piedi di Cathrine), ma anche la scelta narrativa di sperare per gli esistenti, e di farli lottare per migliorare, a poco a poco, la loro condizione esistenziale, attraverso l’amore. Banale? Si forse, ma forse anche no, dipende da chi guarda, non da chi racconta.
Cos’altro aggiungere. Le recitazioni sono tutte strepitose e non esagero, credetemi, quelle dei bambini poi direi superlative.
Io ho adorato ed adoro questo nuovo cinema minimalista americano, a cui guardo con notevole interesse e rinnovate speranze.
Un bel modo per iniziare, cinematograficamente, l’anno dopo il capodanno all’Azzurro Scipioni.
Che dire.
Se non che la vita, che ci piaccia o no, è ancora tutta lì.
Forse lo è sempre stata.
E forse sempre lo sarà, per quanto possiamo cambiare le scelte formali per raccontarla, di sperimentarla.
Il problema esistenziale dell’uomo occidentale è ancora, pesantemente, ancorato lì.
Con innesti di spirituale innovazione, e nuova consapevolezza dell’urgenza di rivalutare la nostra dimensione di esseri. Forse il messaggio più importante e bello del film.
La pellicola è stata premiata a Cannes (paternità possibili e impossibili, ricordo il tema del festival) ed al Sundance Film Festival e, per il momento, ha ricevuto 11 premi e 3 nominations qui il link.
Un’ultimissima argomentazione in favore dell’opera: da quanto tempo non sentivo più la gente ridere così al cinema?
Me and you and everyone we know; Miranda July.
@die (…)
;-)
Rob.
( … )
lì dentro ci sta tutto quello che sai ti direi. :))
@cristhina6000 grazie cri ;)
Un saluto.
Rob.
ciao ok t i invito
Regiio ho amato proprio la svagatezza sul viso della protagonista …
Rob.
Rob, io il film l’ho visto. Immagino che il solo fatto che sia americano gli faccia meritare i suoi premi. Nonostante ciò non mi ha convinto. L’ho trovato abbastanza ambizioso, ma slegato. Non nego che ci siano spunti divertenti e i bambini sono sempre gli attori migliori, quanto più piccoli sono, ma nel complesso mi sembra che il film rifletta la stessa svagatezza che leggi sul viso della protagonista. Comunque è un’opera prima, aspettiamo gli eventi futuri. Ciao, Regi.
@die L’onore è tutto mio. La tua poesia mi ha rapito da sempre ;-))
Per molti ma non per tutti.
Rob.
qui devo ringraziarti, Rob… per avermi linkata…
onorata.
Grazie ancora
D’AMORE SI VIVE (1982)
Regia, fotografia Silvano Agosti
Montaggio: Silvano Agosti, Giuliana Zamariola, Franco Piavoli
Durata: ‘95
Interpreti: Presi dalla vita
Interviste, in presa diretta, sul tema dell’amore girate a Parma.
Una ricerca sulla tenerezza, la sessualità e l’amore.
“Ho scelto Parma perché è una città laica. Anche qui il benessere smussa ogni iniziativa innovatrice. Qui più che altrove ricevo dalla gente l’impressione di un restauro meticoloso della facciata, mentre il dato umano all’interno è sulla soglia del crollo, gli sguardi appesantiti dalla consunzione dei sentimenti”
Silvano Agosti
Si Marzia Silvano è un grande. Davvero.
Roberto, dopo il tuo commento da me mi sono andata cercare questo film di Agosti, incuriosita come al solito.
A quanto leggo è stato girato venti anni fà, un lungometraggio che pare abbia riscosso molto successo.
Un produttore coraggioso, Agosti, che esce dalle logiche di mercato se non sbaglio.
Ma non trovo traccai nel web del plot.
Quale era il fil rouge del film di Agosti ?
@minstrel: hai ragione Mauro è proseguita qui una discussione inziata su InEdita ;-))
Rob.
Non ci capisco nullaaaaaaaaaaa sigh sob
L’unica è andare su Inedita e vedere cosa ha combinato questo pazzo di Rob!
^^
@marzia, epifane solamente … la mente umana rimane uno dei più grandi misteri della vita più ancora del corpo.
I desideri ad esempio non invecchano quasi mai con l’età, come canta Battiato, una bella fregatura, ma forse anche no.
La mente non invecchia ecco perchè è il luogo della conoscenza.
Ammazza, sto a diventà filosofo.
Rob.
arichiudo il tag ;-))
Sorry, a definire la conoscenza, lapsus.
I disegni surreali di Maurits C. Escher possiedono un potere evocativo che risiede nell’onirico, non credi?
Non so fino a punto possano essere più adatti della scala a chiocciola nel definire la comunicazione, ma sono affascinanti oltre ogni dire.
In quanto a Gustav Jung, da me stimato anche per quella discesa dell’Ade dalla quale si generò la teoria ( che poi tanto teorico non è) degli archetipi, fai bene a ribadire il suo punto di vista in tema.
Jung superò il suo maestro, e osò: solo per questo è uno spettacolo di studioso.
Io credo che ci siano epifanie ancora da conoscere nella mente umana.
E se la conoscenza è tessuta dal nostro background anche remoto il cerchio di allarga a dismisura.
Ti ringrazio per gli spunti di riflessione.
rukert ti ho mai deluso?
Intendiamoci il film è intelligente ma non profondo.
Cioè potrei dire che è più profondo di quanto si dice in giro, meno di quanto immagini la regista.
Phil che piacere di nuovo qui, la mia calabrese francese. Adesso tutti sapranno che la so declamare abbastanza bene. Ah la poesia.
Ao tutt’a posto con le immagini architetto.
Rob.
So che qui sembra non avere senso…
ma tu sai!
Un abbraccio,
Phil
PS. è la prima volta che tento di inserire un’immagine nei commenti … spero di non crearti qualche pasticcio. Se viene male cancella tutto …
Un post intenso come sempre. Mi è piaciuta la lettura del cinema americano, dove mi sembra che ci sia un riconoscimento di un’altra America, forse sottaciuta, ma non per questo meno valida.
Quanto al film mi sembra di intuire che in questo caso non abbiamo una struttura singolare, però mi è sembrato di cogliere da parte tua elementi di interesse nel dipanarsi degli intrecci. Tra l’altro leggendo mi è venuta una voglia matta di vederlo questo film. Spero solamente di non dovermi materializzare di notte nella tua stanza da letto per rimproverarti una critica troppo benevola come il buon moretti in “caro diario” con il critico di “Henry: Pioggia di sangue”. :)
@Elsa in questo blog ognuno può dire quello che vuole. L’attore di Me and You effettivamente ricorda Vincent gallo ma più magro secondo me.
@Marzia allora più che da una scala a chioccia io credo più che la conoscenza sia molto ben rappresentata dai disegni di esher sai quelle scale che sembrano comunicano su piani fintamente sfalsati.
Io dico sempre che è come i vasi comunicanti. Ho l’idea che approfondendo una conoscenza se ne approfondiscono mille altre.
Si dice che Dio sia ognisciente cioè come se la conosceza fosse una cosa unica … forse è per questo che a me piace il termine olistico.
Joung poi sostiene che la conoscenza è dentro di noi, e che aspetta solo di essere rivelata, ed io sono convinto che le immagini hanno questo ancestrale potere rivelatorio, ma il discorso sarebbe davvero troppooooo lungooooo
Grazie del tuo bel commento.
Questo post sta diventando una chat e la cosa non mi dispiace affatto ;-))
Rob.
chiudo il tag.
Salve Rob, le tue riflessioni (come vedi) mi hanno condotta a curiosare qui dentro.
Famiglia ed impegni professionali permettendo , seguirò il filo rosso che coinvolge così estrosamente un mondo che ho seguito in gioventù.
Che ora collaborando con “Bellitalia” di Rai 3 avvicino sebbene la messa in onda di un programma culturale esula dal contesto strettamente cinematografico.
Il Tco che conosco maggiormente ( Claudio Francini) ha studiato alla scuola di cinematografia.Se ne avvede anche un cieco notando la impostazione che esibisce al lavoro, quando adopera strategie cinematografiche al fine di catturare l’attenzione.
Non conosco Miranda July, ma la mia ignoranza riceve sprone per migliorare: la conoscenza non è forse rappresentabile come una scala a chiocciola? In una vertiginosa salita una conoscenza non rimanda forse ad altre?
Non conosco il film al quale dai tanto spazio, ma mi sono soffermata sulle implicazioni tecnologiche che metti in evidenza.
C’è da rifletterci.
@coccinellina86: grazie :-) Vincent Gallo è anche lui uno dei belli travestito da sciattone, un pò come Tomas Milian :-)
Certo… anche con l’aria trasandata ha il suo fascino… credo che sia proprio quel nonsocchè del galeotto-tossico che mi attrae :-D
@Rob: Un pò ci assomiglia però in quelle 2 foto… o no? Magari ho le visioni… :-D
Sai che poi l’ho visto “La Maledizione dello Scorpione di Giada”? Ho trovato il coraggio… :-D
Se non ci fossero un pò di battute brillanti (e per brillanti non intendo per forza meritevoli) potrebbe essere una commedia qualunque.
Forse ultimamente sono un pò troppo dura, e vedo maschilismo un pò ovunque… ma io credo che Allen un pò lo sia… bah?
Credo però che questo fosse uno dei suoi film più “leggeri”, ricordo di aver visto alcuni pezzi di altri suoi film che ti mandavano al manicomio da quanto parlava, supponeva, rifletteva, sparava. Quei “soliloqui” insomma che o ti prendono o ti fanno cambiare canale elargendo un bel “vaffanculo rompi coglioni segaiolo” :-D (inteso anche, ma non solo, come seghe mentali).
Scusa… posso dire qualche parolaccia su questo blog? :-D
Elsa
@fulvia immagino di si visto che riesce ad ottenere un appuntamento al buio.
Pubblicizzo un mio post su InEdita, che sta scateanando una discussione non male sul tema blog e conoscenza.
Rob.
Rob :P non ne dubito, ma spero che almeno si fosse fatto un profilo falso, visto che su digiland tutti i minorenni vengono bannati ;)
anche femminucce però ;-)
lo so, lo so.. Vincent gallo è molto più bello..
naturalmente mai quanto i maschietti che frequentano questo blog ;D
Ila.
@Ila, grazie per photoshop, ma non è Vincent gallo queloooo.
Rob.
Rob_sono qui.. nell’attesa di riscaricare photoshop ti ho aggiunto una traccia alla radio, spero tu gradisca ;)
@Elsa_ Vincent Gallo? tu si che ti intendi di uomini!!! ;D
Ila.
@ la pulsatilla sul mio blog ;-)) quasi svengo dalla felicità, non mi lavo più le mani per un mese dopo aver scritto questo commento. E non sto scherzando ;-)
@ Maurohai ragione, uso una terminologia da sceneggiatura.
@ akiro chi non muore si rivede, buon anno e vallo a vedere fidati ;-))
Rob.
mi hai fatto venir voglia di vederlo…
speriamo sia ancora in sala per settimana prossima…
Bit… strano usare questo termine. Sarà tipico della tua professione ^__^ Bello perchè mi illustri anche altri modi di parlare. Bene, bene.
Il grazie va per questo a te!
CIAO!
Yours
MAURO
Non disperare.
@Mauro, la struttura parallela è un classico, in effetti, ed è molto utilizzate nelle finction televisive, ma quello che stupisce, oltre all’utilizzo complesso di questo tipo di struttura, che deve portare avanti più storie in parallelo, sono le soluzioni dei vari bit, la creatività di questa regista.
Grazie sempre dei tuoi commenti ;-))
@Fulvia quando avrai un figlio ti stupirai di come imparerà presto a chattare ;-P
Saluti a tutti.
Rob.
Oramai bastano 3 anni.
Post notevole Rob! Soprattutto per la passione che ci hai inserito. Inutile dirti che mi hai convinto; soprattutto perchè anche io sono sempre alla ricerca di espressioni di vera arte da parte di gente che sa scrivere, dirigere e interpretare. Kitano è in questo assolutamente imbattibile nei suoi films migliori!
Bella anche la riflessione sulla struttura narrativa. Tipicamente giapponese non credi? Mi sembrava di “rivedere” kiki’s delivery service a leggere le varie storie parallele che intercorrono fra i protagonisti.
Naturalmente non erano certo così ben studiate. Insomma, mi hai assolutamente convinto. Questo è il film da non perdere! GRAZIE, as ever!
“Ti sembra tutto già visto
tutto già fatto
tutto quell’avvenire già avvenuto
scritto diretto ed interpretato
da altri meglio che da te”
Ivano Fossati
Yours
MAURO
adesso voglio sapere quanti anni aveva quel bambino per saper chattare :P
Sto stampando il post visto che ho proprio due minuti di tempo per poterlo leggere con calma.
Dammi tempo e ti dirò la mia carissimo rob!
CIAO!
@ Elsa, figurati se mi dispiace, anzi sai una cosa, anche io linkerò il tuo promesso ;-)
Mi sipiace deluderti … ma non ho foto di Vincent Gallo, al momento nel blog.
;-))
Rob.
Pardon, non ho ancora letto bene questo post :-)
Mi riprometto di trovarne il tempo.
Intanto… domandina… Ma sbaglio o ho visto un paio di foto di Vincent Gallo? E’ vincent quello? Mmmmmh!!!! :-D (immaginami con la bava che cola dall’angolo destro della bocca :-D).
Stop :-D
Mi ripiglio :-D
Ti scrivevo per dirti che ho linkato il tuo blog al mio :-)
Non avendo una categoria adeguata… ti ho schiaffato nei blog degli amici… spero non ti dispiaccia…
Notte cinematografica! (tento di vedere Woody Allen… Brrrrrrr….)
Elsa