analisi di eventi, esistenti e linguaggio audiovisivo
Match Point
Il thriller è una partita di tennis – a cura di Roberto Bernabò
Titolo originale: Match Point
Nazione: Regno Unito
Anno: 2005
Genere: Drammatico
Durata: 124′
Regia: WoodyAllen
Cast: Scarlett Johansson, Jonathan Rhys-Meyers, Emily Mortimer, Matthew Goode, Brian Cox, Penelope Wilton
Produzione: BBC, Thema Production
Distribuzione: Medusa
Data di uscita: Cannes 2005 | 13 Gennaio 2006 cinema
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1) Premessa
Alfred Hitchcock paragonò il cinema ad un treno. Chi si occupa di problemi di screeenplay può senz’altro, peraltro, afferrare subito il senso di questa geniale metafora.
Perché è subito evidente che proprio come per il treno, anche per il film esiste una stazione di partenza ed una di arrivo.
Esiste un locomotore che decide in quale direzione vada il convoglio.
Esistono dei vagoni che possono rappresentare i diversi capitoli della storia.
E, soprattutto, esistono i binari che servono ad impedire gli scarti di lato della trama, che deve avere una sorta di controlling, e di allineamento, verso il suo progressivo svolgersi.
Certo, come c’insegnerebbe Garett Morgan, ogni metafora coglie una parte della realtà cui s’ispira, non il tutto.
Però va considerato che è abbastanza difendibile che il regista Hitchcock evochi questa similitudine, che è, in buona approssimazione, una suggestiva rappresentazione di cosa è il cinema, o meglio il film.
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2) Considerazioni scontate sugli ultimi film di Woody Allen
Vi starete chiedendo il perché di una così dotta premessa.
Semplice. Volevo evitare, e giustamente, d’iniziare il post sull’ultimo film di Woody Allen, con quello che è già ormai un classico del post cinefilo:
e cioè l’ultimo film di Woody Allen.
Perché è ovvio, e va ammesso, il geniale cineasta ebraico newyorkese ci ha abituato anche a film non sempre all’altezza della sua proverbiale creatività.
Ma un attacco del genere, che dissertasse, un’ennesima volta, delle differenze qualitative e di genio e di freschezza, tra la prima produzione del regista e l’ultima, oltre a sapere, già considerando il solo universo blog, di stantio, sarebbe, inoltre, in ogni oltre qual modo falso.
E già perché con Match Point non dico che la questione potrebbe addirittura essere ribaltata, cosa per alcuni critici addirittura ammissibile, ma semplicemente perché sostengo che nell’ultimo film il camaleontico (e questa si che è una citazione cinephìle sul regista), cineasta rinnova, completamente, stilemi, modo di proporre il linguaggio audiovisivo, ed arrivo a dire le sue scelte formali, ma si, realizzando un thriller di chiara ispirazione Hitchcockiana.
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4) Il thriller è una partita di tennis
Nel suo ultimo film di Allen si rifà, ontologicamente e formalmente, alla lezione del maestro utilizzando però una metafora in parte diversa, ma rifacendosi comunque ad alcune scelte narrative proprie diAlfred Hitchcock soprattutto nella risoluzione del rapporto tra suspance e sorpresa, ne parlerò meglio nel seguito.
Egli infatti usa, con abile maestria, quella del tennis, divertendosi a far ruotare intorno a tale suggestiva similitudine, tutta la straordinaria girandola di eventi che condizionerà, è il caso di dirlo, nel bene e nel male, la vita degli esistenti.
Ma vediamo di cogliere meglio la portata del riferimento.
Una partita di tennis è un incontro a due. Pensiamo al protagonista ed alla sua antagonista, ma anche al tema del conflitto ed al suo sviluppo, e già perché in gioco non ci sono solo Chris Wilton e Nola Rice ma anche Chloe Hewett.
Si giuoca in campi diversi. Pensiamo alle diverse condizioni sociali ed economiche degli esistenti.Nel mezzo c’è una rete. Qui il riferimento al net ed alla fortuna è più che mai esplicito. La rete peraltro potrebbe essere il simbolo di tante altre cose in uno scontro il cui campo di azione viene nettamente diviso dalla stessa, ma non m’inoltrerei pretestuosamente, con considerazioni fuori tema, nella conduzione della mia analisi.
Anche quindi ammettendo che serva del talento, Allen si focalizza sul fatto che arrivati in fondo, al match point, non è più solo il talento che serve, ma anche un po’ di fortuna.
Ammettiamolo nella vita la fortuna non basta mai.
Per capire questo basterebbe peraltro limitarsi a guardare Pupo in televisione.
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Ci sono battute che danno inizio al gioco. Qui il riferimento è sia allo svolgersi della trama che progressivamente delinea in funzione di un’altra accezione del termine, più agevolmente riconducibile semanticamente ai dialoghi.
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Ci sono scambi che fanno il gioco. E qui siamo alla trama dell’intreccio.
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E ci sono i games che progressivamente totalizzano i punti a favore di questo o di quest altro giocatore.
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Ed infine c’è un epilogo che è o la vittoria del match o, si badi bene, la sconfitta nel match, terzo non dato direbbe qualcuno.
C’è da ammettere che, con riferimento al thriller, Allen è riuscito a trovare un parallelismo con questo sport, che personalmente definirei geniale.
Perché è evidente persino nel titolo, quanto tutto l’insieme di queste componenti abbia costantemente fornito, al regista ebraico-newyorkese, continue fonti d’ispirazione, e di seduzione, arriverei a dire, a cui ancorarsi nella definizione dello screenplay.
Vediamo di coglierne insieme alcune molto esplicite e dirette:
la sequenza iniziale della pallina di tennis, (qui la sequenza) che con l’espediente formale del fermo immagine, viene letteralamente bloccata sul net. Tale sequenza allude ontologicamente, sin dalle prime immagini del film, alla declinazione tennistica del thiller ed introduce il tema, molto ben sviluppato, (e siamo di nuovo ad Hitchcock), del rapporto tra suspance e sorpresa (di cui parleremo più approfonditamente nel seguito); ma anche il preludio al ruolo che la fortuna avrà nello sviluppo degli eventi e nel destino degli esistenti;
- l’esistente protagonista maschile Chris Wilton – Jonathan Rhys-Meyers, da aspirante campione di tennis si riduce ad insegnate di tennis (ed arriviamo quasi ad una citazione metalinguistica: il tennis come metafora agito nel tennis come come giuoco ripreso dalla mdp) anche se in un College molto aristocratico della capitale inglese – la stessa in cui nacque … ma certo Hitchcock, anche se a dire la verità egli nacque più precisamente a Leytonstone, vicino Londra – (elemento, questo della tensione verso il miglioramento della propria condizione sociale ed economica, molto importante per comprendere le sue motivazioni all’azione), che lo lanceranno, grazie all’aiuto sia del suo talento che della sua fortuna, nella famiglia di Tom e Chloe Hewett – rispettivamente Matthew Goode e Emily Mortimer e soprattutto di suo padre padre Alec Hewett – Brian Cox.
- L’esistente protagonista femminile Nola Rice – Scarlett Johansson, bellissima e bravissima, è coleì che perderà l’incontro, diciamo sicuramente anche perché la meno dotata di talento ma certamente, anche, perché la meno baciata dalla fortuna.
- si arriva all’importanza maggiore che può avere, sul talento, la fortuna in un match, sia quello giuocato sul campo e sia quello, più metaforico, che ti gioca la vita, (ma anche qui la dichiarazione è mistificata dal fatto che talento e fortuna coesistono, nell’esistente protagonista, assai più che nella sua antagonista femminile, oggetto della sua forse eccessiva quanto fatale passione).
Abbiamo già fatto accenno alle tennistiche “battute” (termine che in italiano può avere due accezioni pertinenti all’opera):
- ciò che da inizio al gioco,
- elemento fondante il discorso, i dialoghi.
In entrambe le accezioni il termine è usato sapientemente.
Mi piace ricordare, al riguardo, per avvalorare ulteriormente la mia chiave di lettura, il dialogo con il quale Nola Rice – Scarlett Johansson da inizio alla partita di ping pong (che perderà) con Chris Wilton – Jonathan Rhys-Meyers.
La battuta (che mutua dal linguaggio sportivo) è “certo che giochi pesante tu”, anche se in questo momento dell’intreccio Nola non può certo immaginare quanto.
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5) Suspance e Sospresa e le liason tra Allen ed Hitchcock
Nel corso di sceneggiatura capii alcune cose.
Una di queste è che si discute da molto tempo del rapporto tra SUSPANCE E SORPESA.
Provo a sintetizzare altrimenti il discorso diverrebbe troppo accademico.
Se la suspance è quell’elemento d’incertezza che trasferisce ansietà all’esistente, e quindi allo spettatore, attraendolo nell’intreccio, la sorpresa è quel bit, posto al termine della suspance, che se agito bene, sorprende esistente e spettatore medesimo, in una soluzione o in una direzione che non è facilmente immaginabile.
Ma se il destino del personaggio non ci sorprende, come si può parlare d’incertezza?
Dove trattasi tutt’al più d’incertezza parziale: la fine è certa e quello che è incerto sono i mezzi, i modi. A questo proposito citerei André Bazin che sosteneva un parallelo con la corrida che potrebbe esserci utile nella comprensione di quanto ho appena detto: “il toro alla fine deve morire ma il problema è come morirà”.
Così l’ansietà non è un riflesso dovuto ad una incertezza sulla conclusione, che è già prevista.
Il fatto è, invece che noi sappiamo quello che sta per accadere, ma non possiamo comunicare l’informazione ai personaggi, con i quali siamo già entrati in solidarietà.
Si pensi a quando Chris Wilton sta caricando il fucile per uccidere la vicina di casa di Nola Rice per scongiurare il rischio di altre richieste da parte di lei.
Citerei nuovamente Alfred Hitchcock:
Non ho mai usato la soluzione poliziesca del “chi è il colpevole?” poiché è compromessa, con la mistificazione che diluisce, sfocandola, la suspance. E’ possibile costruire una tensione quasi insopportabile in un film in cui il pubblico sa fin dall’inizio, e fin dall’inizio tutti vorrebbero gridare ai personaggi dell’intreccio: “guardati dal tale, è un assassino“. In questo caso si ha una vera tensione ed un desiderio irresistibile di sapere quello che accade. Per questa ragione io credo che sia bene dare al pubblico tutti i fatti il più presto possibile.
Il rapporto tra “anticipazione” – cioè la disseminazione di satelliti anticipatori (si ripensi al fermo immagine iniziale, o al lancio del bracciale che ricade nella strada e non nel fiume) – e dare al pubblico tutti i fatti il più presto possibile è interessante.
Le anticipazioni sulla crisi coniugale tra Chris Wilton – Jonathan Rhys Meyers e sua moglie Chloe Hewett Wilton Emily Mortimer, non andranno nella direzione immaginata dallo spettatore.
In questa sequenza di eventi affiora nettamente la profonda disistima che Allen nutre verso certo mondo, magari anche sano alle fondamenta, ma completamente degenerato nei valori ed al quale, proprio come in crimini e misfatti, egli fa però arridere la sorte.
Suspance e Sorpresa sono termini complementari non contraddittori.
Entrambe possono funzionare insieme nella narrazione in modi complessi: una concatenazione di eventi può avere inizio con una sorpresa (es. il fratello invita all’opera Chris Wilton) e trasformarsi, con un intreccio di suspance, (si pensi alle scene di sesso tra Chris Wilton e Nola Rice sotto la pioggia nel giardino della villa della famiglia Hewett), e poi terminare con un capovolgimento, vale a dire eludendo le attese (si pensi alla scomparsa ed alla morte di Nola Rice – Scarlett Johansson) – con un altra sorpresa, ed ancora al fatto che la polizia troverà un’altro colpevole del suo omicidio.
Con questi bervi cenni formali abbiamo aiutato a comprendere quanto la visione di Alfred Hitchcock sia stata analizzata e, per certi versi, adattata, al tennis, dal genio assoluto di Woody Allen.
Solo l’opera di un genio, che ha finalmente ritrovato l’estro e l’ispirazione, poteva raccogliere l’eredità di cotanto maestro, e declinarla tennisticamente al mondo sicuramente elitario degli esistenti di Match Point.
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6) La recitazione
Mi avevano tutti parlato di Scarlett Johansson ma io vi dico che anche nella recitazione il vero talento è Jonathan Rhys-Meyers, anche se la recitazione in generale, è di eccellente livello da parte di tutti gli attori, condotti magistralmente da Woody.
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7) Conclusioni
Vorrei concludere queste considerazioni di apprezzamento dell’opera, citando un’altra componente importante che è stata secondo me sviluppata molto bene.
Questa componente sono i dialoghi.
Come c’insegna Seymour Chatman, infatti, più il discorso è narrato bene nei dialoghi, più chiara ed avvincente risulterà la storia, ma soprattutto migliore risulterà, per lo spettatore, la percezione e la qualità dell’intreccio narrativo.
Che dire anche in questo senso salutiamo la rinascita di quello che resterà sempre un grande maestro del cinema di tutti i tempi, proprio per la sua ecletticità.
Anche se la morale ed il messaggio verso l’alto dell’opera, sembrano essere una sorta di capovolgimento dell’etica di Fedor Michajlovic Dostoevskij proponendo al protagonista un delitto senza castigo, non posso non acclamare il genio di Allen.
Qui un’intervista di Vincenzo Martucci a Woody Allen pubblicata dal blog QUASIRETE, in cui il regista parla della sua fascinazione per il tennis.
Provaci ancora Woody !
Analisi lucida, e deliziosamente dotta. Per me Woody, qua, sposta tutto a favore del tema della fortuna, per cui non è più ‘basta un po’ di fortuna’, ma il mondo governato ‘interamente’ dalla fortuna. Il talento è ridotto a percentuale minima e indifferente. Siamo pure lontani dal Machiavelli, per cui metà del gioco umano era dato dal talento (virtù) e metà dalla Fortuna; Woody è ancora più radicale. Grazie.
Grazie a te! :)
La fortuna serve sempre …
unverdeblog … grazie.
bravo! molto molto interessante
@Sarra all prox e grazie ;-))
P.S. Non è mai un caso.
Rob.
Sono finita qua per caso e tornerò sicuramente a trovarti…;-)
Ho visto il film e devo dire che riscontro tutto quanto sottolinei, in particolare sono d’accordo con quanto esprimi nel punto 3: l’ansietà dell’esistente che emerge dall’intreccio della trama in dialoghi assuefatti. Il parallelo con Hitchcooch e l’incertezza che secondo me sorprende senza attesa ne suspence.
Ciò che più mi ha colpito del film non è solo la grettezza dei personaggi ma la loro trattenuta recitazione. Alla prox.
@ruckert si fortuna e talento con prevalenza di fortuna.
Rob.
fortuna a talento appunto, quello che mi ha colpito è l’assenza del secondo con l’ingiustizia che ne consegue. Quanto a musil non so, ci ho pensat anche io scrivendo ma non ne ero così certo
bai bai :)
@dido bentornata qui con le tue apprezzate dissonanze.
Non mi trovi ovviamente d’accordo ma va bene così. I significanti del film non sono l’arrivismo secondo me, ma continuo a ritenere l’assenza di qualità, come ricorda giustamente rukert, la fortuna, e oltre alle demoniache pulsioni della passione, anche la vigliaccheria.
Ieri al cinema ho ascoltato una frase del giudice Falcone che diceva:
“I vigliacchi muoiono più volte al giorno, i coraggiosi una sola”.
Che non so se c’entra ma mi piace condividerla.
A presto.
Rob.
il match si è chiuso in parità
>
> Colonna sonora: mi sembra un pò messa lì per il mercato americano che adora il nostro melodramma; La doppiatrice della protagonista: mi sembra la ragazza che imita la Bellucci da Fiorello; Trama: tema scontato, tra due arrivisti uno uomo e uno donna chi ce la fa è l’uomo, anche se con due omicidi; Set: un magnifico spot pubblicitario per Londra. E’ comunque un film di un grande maestro del cinema che mostra il suo grande amore per l’Europa e la sua cultura. Deliziose le scene di sesso che fanno solo fantasticare e che sfumano su panorami o sulla neve che lieve scende.
@minstrel cerco solo di condidere la mia passione.
E i tuoi commenti mi fanno capire che faccio bene ;-))
Che eccellenti e dotte dissertazioni all’ombra di questo post.
Grazie sempre a te, Mauro, non sai che valore è per me avere un lettore fedele ed assiduo come te.
;-))
Rob.
Tutto interessantissimo. Come è che da te vengo per leggere una recensione e me ne esco con una vera lezione di cinema?
Mah, misteri della fede.
Proprio riguardo alla fede, mi ricollego con il discorso iniziato dal caro Ruckert sulla “fortuna”. Fattore determinante di tante opere da voi citate (io ricordo la meravigliosa fortuna del boccaccia nel Decameron…), vorrei puntualizzare che questo punto è molto sentito nella sensibilità ebraica; come ben saprete. Nell’Antico testamento c’è questa visione causa-effetto fra le situazioni terrene e i comportamenti umani. Ogni offesa o sventura è punizione. Questo naturalmente è visione pre-cristiana e prerivoluzione cristologica. ma il nostro woody è ebreo e come tale è cresciuto in una situazione che non prevede altri contesti.
Mi sembra pertanto esemplare che la fortuna, in questi tempi DIMENTICATI DA DIO, arrida ai mediocri e alla loro mediocrità.
Questo è solo uno dei tanti pensieri che mi sono balenati nella mente leggendo. Più avanti, quando rileggerò, posterò quelli che ho sentito meno urgenti e pertanto ora sono caduti nel dimenticatoio.
Spero di sentirti presto Rob! Per ora complimenti e, naturalmente, grazie!
YOURS
MAURO
@minstrel Grazie sempre a te Mauro ;-))
Rob.
ti leggo a pranzo Rob e poi posto almeno un ringraziamento doveroso!
A presto dunque :)
YOURS
MAURO
@rukert tu hai come al solito colto riferimenti lettereari che io ho volutamente sfiorato.
Ma certo che ci sono i riferimenti alla tragedia greca, basti pensare all’incontro del protagonista, forse mediocre ma certamente fortunato … ricodalo il tema è la fortuna non il talento, con le sue vittime che gli fanno presenti i suoi errori. I riferimenti a L’ uomo senza qualità – Musil Robert … non saprei. Mentre vedo molto Fedor Michajlovic Dostoevskij, come dico io o’contraire.
@vitreouseyes … non sai che piacere mi fanno le tue visite … vai a vederlo e scoprirari un regista se non rinato, sicuramente diverso.
@tilli mi riprometto di venirti a trovare, per ora che dirti, grazie dele belle cose che mi dici, e benvenuto qui.
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Stasera ho visto, nell’unica sala che a Roma lo proiettava, il film “In un altro paese” di Marco Turco. Cinema documentaristico di alto livello, ho anche fatto qaualche domanda al regista presente in sala alla proiezione, ne riparleremo.
Grazie a tutti.
Rob.
HO TROVATO PER CASO IL TUO BLOG,TORNERO’ A TROVARTI TROPPO INTERESSANTE CIO, ANZI PULCECIAO
Odio Woody Allen, ma Chissà.
Getto un po’ di parole … Ne abbiamo già parlato in parte. Per me è un gran bel film per tante ragioni, molte delle quali tu hai tradotto tecnicamente, mentre per me erano percezioni inconscie. Ma oltre questo del film ho amato molto l’idea di portare dentro il film aspetti tragici della letteratura, combinndoli insieme in un modo armonico. Dicevo che nel film ho percepito tanto delitto (senza) castigo, quanto de maupassant, non tralasciando shakespeare, la tragedia greca, il tragico della lirica e così via. Un film quindi anche colto per riferimenti.
Poi del protagonista mi ha colpito una cosa: la mediocrità. Era un tennista mediocre, un amante medicore, un marito mediocre, un assassino mediocre. Un umo senza qualità dunque. Ma laddove soffre il talento ha sopperito la fortuna, lasciando in bocca un vago senso di ingiustizia quasi ontologica, quotidiana esistente quindi non verosimile ma vera. E questo mi ha un po’ stranito, una sensazione difficile da spiegare.
ps
mi hanno detto un gran bene del film di Mallick ma ormai l’ho perso …