Inside Man di Spike Lee
analisi di eventi ed esistenti
L’uomo dentro gli orrori del capitalismo
Titolo originale: | Inside Man |
Nazione: | U.S.A. |
Anno: | 2006 |
Genere: | Drammatico |
Durata: | 129′ |
Regia: | Spike Lee |
Sito ufficiale: | www.theinsideman.net |
Sito italiano: | www.insideman-ilfilm.it |
Cast: | Denzel Washington, Clive Owen, Jodie Foster, Willem Dafoe, Waris Ahluwalia, Ashlie Atkinson, Robert Bizik, Ed Bogdanowicz, Cherise Boothe, David Brown |
Produzione: | Universal Pictures |
Distribuzione: | UIP |
Data di uscita: | 07 Aprile 2006 (cinema) |
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1. Introduzione
Devo ammettere che ogni volta che vedo un film di Spike Lee la mia mente va sempre a due considerazioni:
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come sia sempre più bravo come regista;
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come sia abile nell’opera di mistificare.
Il cinema di Spike Lee è un po’ come una matrioska russa. C’è un primo livello che è quello che appare fuori, semplice, lineare, ben girato. Già cioè di per sé stesso assolutamente godibile.
Ma dentro l’involucro esteriore, a leggere bene in ciò che muove all’azione gli esistenti delle sue pellicole, ci si può divertire a scovare tutti gli altri significanti che possono arrivare addirittura a ribaltare, come nel caso di Inside Man, i valori di quello che chiameremo il primo livello narrativo.
Intendiamoci, questa appena descritta, è una strategia narrativa di molti registi di un certo spessore, ma diciamo che Spike Lee è come se si divertisse a raccontare una storia per raccontarcene almeno un’altra, con segni praticamente invertiti. In questo genere di operazioni diciamo che è una sorta di maestro.
§§§
2. Analisi di eventi ed esistenti
Nessun dettaglio è trascurabile, nessun indizio è casuale, niente è come sembra.
Nel leggere, e non solo su internet, di questo film, troverete spesso dire che Sipke affronta un cinema di genere. Che non è attenzione quello drammatico a cui ho intenzionalmente attribuito il film, ma è il thriller.
2.1. Questione ontologica sul genere: Thriller o Drammatico?
Eppure, secondo me, il thriller è ontologicamente una specie alquanto diversa, quantomeno per la sua struttura narrativa, da quella a cui attribuire "Inside Man".
Se voi guardaste, infatti, con attenzione, una qualunque altra opera appartenente a tale categoria, vi accorgereste che la storia scorre con un’alternanza molto serrata di quelli che in screenplay vengono definiti momenti di crisi e momenti di climax.
Cioè nella distinzione tracciata da Seymour Chatman tra storia e discorso è come se i bit narrativi di climax della storia fossero molto più frequenti rispetto a quelli di un film diciamo normale.
Ma a guardare bene nella struttura narrativa di Inside Man scopriamo la prima rivelazione di questo post.
I climax narrativi del film di Spike Lee sono, al contrario, formalmente lentissimi e, addirittura, volutamente dilatati nell’asse spazio tempo, grazie anche ad un accorgimento molto sofisticato nel contesto delle anacronie che sono i flashforeward, non usati in maniera ellittica (più precisamente, tornando il discorso sugli argomenti descritti nei flashforeward, è più corretto parlare di anacronie interne omodiegetiche ed iterative), ma che proiettano, piuttosto, la storia, o meglio il discorso, a singhiozzo, non in un avanti degli eventi preciso e significante rispetto allo svolgersi della trama, bensì, al contrario, in un semplice momento futuro, così solo per incuriosire lo spettatore mistificando, oserei dire, con tale stratagemma del racconto filmico, il fatto che il fulcro narrativo principale (la rapina), dovrà durare praticamente quasi tutta la pellicola.
Ora, anche ammettendo che del thriller Inside Man conserva i colpi di scena progressivi, va anche parimenti ammessa questa complessiva lentezza nello svelarli.
Da tali premesse sono portato a dire che all’interno della matrioska thriller, Spike Lee nasconde un’altra matrioska che ne rappresenta, in qualche modo, l’antitesi, ed è proprio questo secondo piano narrativo, sicuramente più rilevante, che colloca l’archiviazione della pellicola nel genere drammatico. O volendo se preferite, come è stato detto, definisce, nel genere, un’opera mainstream.
Questa finzione del piano formale suggella, fungendone da abito, altre finzioni nascoste in quella che non sarebbe errato definire l’etica del film e forse, arrivo a dire, l’etica di Spike Lee.
Ma procediamo con ordine.
Spike Lee è un regista afroamericano che collocherei, in un ideale continuum politico, a sinistra.
E’ un regista illuminato della sinistra americana.
Da sempre, nelle sue pellicole, egli inserisce inizialmente più evidenti, poi in maniera più raffinata e più sapientemente celata, temi politici, sociali e, mi ripeto, etici, a supporto, sempre più complesso, di una certa visione degli USA e del capitalismo più in generale.
Sempre a sostegno della nostra chiave di lettura basata sulla finzione, basterà ricordare che persino gli stessi rapinatori riusciranno a fingersi clienti, o meglio a far si che i clienti stessi saranno costretti a confondersi con i rapinatori, o che l’omicidio al quale assiste impietrito il Detective Keith Frazier è anche questo una simulazione. Concludo questa parentesi aggiungendo che di apparenze e di finzioni nella pellicola ci si può divertire a riconoscerne di nuove ad ogni evolversi della trama.
2.2. Il ribaltamento etico e la metamorfosi degli esistenti
Bene in questo film troviamo i seguenti esistenti:
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Clive Owen = Dalton Russell: capo della banda di rapinatori;
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Denzel Washington = Detective Keith Frazier: negoziatore professionista per la polizia di New York;
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Jodie Foster = Madeline White: intermediaria professionista specializzata nella protezione delle istituzioni;
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Christopher Plummer = Arthur Case: A. D. e proprietario della banca nella quale si svolge la rapina.
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Willem Dafoe = Captain John Darius: che coadiuva Fraizer nelle operazioni.
In apparenza (nel primo livello narrativo) il film racconta il tentativo di Dalton Russel e della sua intelligentissima e preparata banda, di rapinare una banca.
In realtà da questo gesto, riconducibile alla categoria dei reati, Spike Lee inizia a cucire una lentissima quanto abilissima operazione di svelamento della verità che sposta, gradualmente, il lungometraggio dal genere thriller a quello drammatico.
Perché?
Perché il vero mostro dal quale dovremmo tutti difenderci, persino il colpevole ma in parte redento Arthur Case (anche se la sua redenzione è anche questa l’ennesima apparenza), non è quello che vive nei cuori dei malviventi rapinatori, ma il demone dei soldi, vero e proprio deus ex machina del sistema capitalistico americano.
Mentre, cioè, Spike Lee finge di parlarci di un male, egli sta invece affrontando, in maniera radicale (nella piena accezione del termine), il tema del capitalismo.
Ed allora, in questa progressiva inversione dei valori, chi è la vittima e chi è il carnefice?
Per rispondere a questa domanda dovremo inquadrare un altro degli archetipi fondanti il cinema del regista afroamericano: la metamorfosi degli esistenti.
Se all’inizio del film noi conosciamo ad esempio, infatti, in Keith Frazier un ispettore di polizia quasi silurato, sospettato d’illeciti e di corruzione, alla fine della pellicola lo troveremo trasformato in un affermato ed incorruttibile detective (nero, va sottolineato anche questo), di primo livello.
Così avverrà per il proprietario e amministratore delegato della banca Arthur Case, che da rispettabile e generoso cittadino, sarà trasformato, alchemicamente, in un losco e spietato speculatore trafficante di affari con i nazisti a scapito di suoi stessi amici ebrei, lasciati morire nei campi di sterminio.
E qui c’è da sottolineare un’eleganza nello screenplay, il fatto cioè che questo elemento è reso chiaro quasi subito, se non, addirittura, nei fotogrammi iniziali, allo spettatore, senza per questo levare nulla alla suspance, per quanto dilatata, dell’opera.
Ma il personaggio che ci lascerà più inquieti, resterà quello interpretato magistralmente dalla sempre bella e sempre brava Jodie Foster: Madeline White, l’interemdiaria di Manhattan, che fingendo di occuparsi della salvaguardia delle istituzioni, costruisce in realtà solo la sua personale ascesa sociale ed economica, e che, pur conducendo un abile gioco spregiudicato e senza scrupoli (che la trasformerà, agli occhi dello spettatore, in una ricattatrice), non potrà arrestare la lucida abilità del Detective Keith Frazier.
2.3. I signficanti dell’opera
Insomma, ancora una volta, Lee propone con lucida e spietata freddezza, il suo giudizio critico su una società, quella americana e capitalista, che in nome del successo, del potere economico, del suo insopportabile puritanesimo, è ormai pronta a compiere qualsiasi gesto, a promuovere, al suo interno, nuovi soggetti per i quali l’unico motore etico è l’arricchimento personale, e contro la quale solo l’urgenza di una morale diversa, l’adesione a valori più elevati, può fare qualcosa.
E persino una rapina (una rapina perfetta) può diventare un gesto che unisce, in un unico, crimine e ribellione contro il richiamo del potere, contro l’abiezione dell’avidità, e quindi vera e propria rivoluzione culturale e ideologica.
Si allude forse al contrasto della politica di Bush?
Affiorano, inoltre, nella pellicola tutti i significanti dominanti il suo cinema:
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il tema del razzismo e delle difficoltà per gli afroamericani (si pensi al rapporto Dafoe – Washington, e non solo);
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il tema sociale dell’emarginazione (si pensi alla donna che conosce la lingua albanese che chiede l’annullamento delle multe);
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il giudizio etico sul capitalismo.
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3. Conclusioni
Che dire.
Ancora un’ulteriore piccola notazione sui flashforeward.
Il film cattura l’attenzione proprio grazie agli accorgimenti formali di struttura narrativa, e per la coerenza con la quale anche le riprese ed i movimenti di macchina suggellino queste scelte.
Se non ci fossero i flashforeward la narrazione dovrebbe svelare prima certi risultati a cui Detective Keith Frazier è già giunto quando il film è iniziato. Anche se gli stessi non sono ancora quelli definitivi.
E come se il film, infatti, si ricongiungesse all’adesso narrativo solo dal momento in cui si è completata la descrizione della rapina.
Volendo fare della dietrologia è come se, sul piano di lettura etica dell’opera, Spike Lee collocasse idealmente nel futuro la soluzione dei problemi dell’adesso storico.
Ho trovato, inoltre, straordinarie anche alcune sottolineature formali come, ad esempio, il lungo piano sequenza, girato al momento in cui i poliziotti fanno irruzione nella banca.
Notevoli tutte le interpretazioni e quella di Denzel Washington in particolare, anche se Clive Owen secondo me si è conquistato, con questo film, molti crediti.
Insomma il vero eroe el film non è il Detective Keith Frazier ma il rapinatore Dalton Russell che – con la sua intelligenza – riesce, anche lui, a celare la sua azione ed a fare credere quello che non è.
Infondo anche la verità della rapina è nascosta dietro quello che vediamo.
4. Post correlati su questo blog
Qui la mia recensione sul film "She hate me" di Spike Lee – analisi di eventi ed esistenti – essere afroamericani oggi.
Qui il mio post su "Lady Vendetta" di Park Chan-wook – analisi di eventi ed esistenti – anacronie e ambivalenze alchemiche – nel quale è possibile leggere un’esauriente trattazione delle anacronie nel discorso, basata sulla intramontabile lezione di Gerard Genette.
5. Multimedia
Qui un’interessante intervista di Arianna Finos a Spike Lee sul film, ma anche sulla violenza dei videogames, sul suo documentario su Katrina, l’uragano che ha devastato New Orleans, sul suo tifo per il Brasile ai prossimi campionati mondiali di calcio, e la sua passione per Prince, grazie a Radio Capital e KataWeb.
6. Un tag e una ricerca
Spike Lee; Inside Man di Spike Lee.
[…] mi è venuto in mente che il film di Jodye Foster me ne ricordava un altro. Ed esattamente “Inside Man” di Spike […]
ho trovato i post in italiano
cmq ho visto InsideMan questo pomeriggio, bellissimo il ladro che regala il diamante al detective e interessante il banchiere anziano e gentile alleato con i nazisti per fare fortuna…bello (è il primo film di spike lee che vedo)…c’è una frase che riassume tutto il film ma non la ricordo bene…era tipo “e che differenza c’è tra il bene e il male?”
rukert invece non lo sono. ma Dafoe, scelto, certo, non a caso è il simbolo o la metafora (anche se ontologicamente sono concetti assai diversi) della capacità di Lee di inserire tanti livelli narrativi.
Dafoe è il simbolo, forse ribaltato dell’America (bianca) che crede di avere tutto sotto controllo. Ma che senza l’America nera (tanto metaforica quanto reale secondo la visione del regista), che si batte e combatte per andare oltre le apparenze, fino a raggiungere la radice dei problemi, verità.
Un’America nera, radicale, onesta, leale, in parte peseguitata, in parte salvatrice. (Ed è forse più questa visione fondamentalista al limite il limite della pellicola di Lee).
Insomma la solita America nera di Lee.
Un regista che più conosco e più stimo.
Rob.
bellissima analisi come sempre del resto (lo dico senza alcuna piaggeria che trovo sgradevole). A me il film è piaciuto perché guardandolo mi sono lasciato andare all’abbraccio del regista senza farmi domande. Mi sono lasciato andare al racconto e benché la mia malizia mi facesse pensare a un trucco non ho cercato di svelarlo, ho atteso che venisse svelato. Un sorriso sulla fine e un’uscita dal cinema soddisfatto. Una sola cosa mi ha lasciato perplesso: Willem Dafoe. ho trovato il suo personaggio e il suo ruolo insipido deludente forse inutile. Ma sono sfumature. Ciao
@zieg ma grazie a te ;-))
Rob.
Nonostante sia costruito tanto bene e abbia molto da dire, resta ancora un film che non mi convince del tutto.
Credo che continuerò a leggere i tuoi post.
ciao,
zieg
@zieg … ma io veramente penso più ad una speranza e poi, se hai letto bene, chiarisco che Lee mistifichi, non rendendo palesemente esplicite, anzi, nascondendo le verità di quel livello narrativo. E’ proprio questa la sua cifra.
Grazie dell’attenzione che hai a questo post.
Un saluto.
Rob.
È un film politico, come tutti quelli realizzati fino ad ora. L’equazione fiducia nel futuro = atto rivoluzionario non la vedo così forte nel film, nè nel finale.
ciao,
zieg
@zieg oh bravo questo è un piano di confronto interessante.
Allora chiarisco il punto di vista sulle anacronie e sul riferimento al futuro.
Le anacronie sono usate, come dici anche tu, non in maniera ellittica.
Quando io parlo del futuro intendo alludere, come probabilmente anche Lee, al dopo Bush.
Lui ridicolizza il sistema di difesa americano.
Così come immagino avrà fatto nel documentario su Cathrina con intenti più documentaristici.
Pensa anche alle Torri gemelle.
E’ evidente che è nel futuro che Lee confida, e lo sottolinea foralmente con un futuro vuoto 8quello prossimo) e con un finale che si “risolve” in un “luogo” futuro attraverso un’atto rivoluzionario, la rapina appunto.
Io credo che il ribaltamento valoriale intenda alludere al ribaltamento politico negli U.S.A..
Insomma è o non è un film politico e rivoluzioario?
Io credo di si, ma su questo, come dici tu, siamo d’accordo.
Un saluto.
Rob.
Intendo dire che è sintetico il paragrafo 2.2, il resto è prolisso nel ripetere il tema centrale del capitalismo, che cmq inquadri bene.
Il discorso sulle anacronie è tecnico: vorrei capire che significato ha l’uso del flash-forward rapportato ai temi del film.
Per me crea (e rappresenta) soprattutto incertezza più che “semplice” attesa. I due polizziotti interrogano persone che non riescono a dar loro informazioni utili, perchè la loro identità era stata cancellata (le nostre identità tenute in scacco dal nemico di turno…). Il futuro che viene mostrato è vuoto, perchè gli interrogatori sono una ricerca vuota. Non credo perciò che Lee sia fiducioso nel futuro (“[…]è come se[…] Spike Lee collocasse idealmente nel futuro la soluzione dei problemi dell’adesso storico”) C’è anche l’ironica critica alla presunzione di controllo del sistema che si avvale ancora di vecchie misure per affrontare il pericolo, la minaccia (prendi Bush, prendi il razzismo). Penso alla polizia, efficiente nell’affrontare l’ennesima rapina, ma ingenua nel non scovare una spia nella valigetta; oppure capace di far uso di penne che registrano le conversazioni senza poi saper comprendere un messaggio in una lingua straniera. Insomma un sistema che crolla di fronte al non previsto.
Prendiamo anche il concetto di “rapina”: è un atto selvaggio, non ha niente di culturale eppure chi ha ideato il piano è una mente illuminata, un intellettuale che ribalta tutto. Mi sembra che più che fornire uno spettacolo cinematografico, Spike Lee ci mostri uno spettacolo teatrale. Insomma il dramma è una rapina. Ma su questo ci troviamo.
ciao,
zieg
@zieg scusa ma se ho esposto sinteticamente molto bene, perchè mi accusi di essere prolisso?
Sei un po’ contraddittorio, non ti pare?
Del resto chi viene su questo blog sa che genere di approfondimenti svolgo nei miei post.
Rifletti sul fatto che altri paragrafi li ho inseirti semplicemtne per dare la possibilità agli utenti di avere altri riscontri, come ad esempio l’intervista a Spike Lee.
Non saprei, e chiudo, a questo punto quanto tu abbia effettivamente apprezzato/compreso il discorso sulle anacronie a cui rimando ad un altro mio post ad esempio.
Un saluto anche a te.
Rob.
Ciao.
Scusami se risulto indelicato, ma la tua analisi mi è sembrata un tanto prolissa. Hai centrato nel paragrafo 2.2 i temi, esposti sinteticamente molto bene, ma del film non è che ci sia altro da dire. Per il resto, d’accordo con fringe.
ciao,
zieg
@Paco … prima non li visualizzavo neanche io. Splinder ha qualche problema, ieri hanno cambiato le interfacce. Forse c’è ancora qualche baco.
Si “Inside man” è il classico film con più livelli narrativi ed è un grande film.
Grazie Paco.
Rob.
Prova! Prima ho lasciato un commento e non lo visualizza!
Scusa Rob per l’ot.
Paco
Sono sostanzialmente d’accordo con Lee sulla critica al capitalismo. Non credo esista un’alternativa valida al capitalismo, piuttosto mi piace pensare a un capitalismo etico. É giusto e liberale che qualcuno, con la creatività in particolare, guadagni un sacco di soldi, ma è anche giusto “bastonare” chi utilizza ogni mezzo illecito per arrivare al potere e/o alla ricchezza.
Bravo Lee, il suo “Inside man” è un ottimo film.
Bravo Rob per questo post. :-)
Ciao
Paco
@FulaviaLeopardi ahahah hai fatto al battuta ;-)
Rob.
(ot)
è il nonno che era un massone – poi venne espulso, non lui (augusto del gf)
@Fulvialeopardi Fulviè, Buon W.E. anche a te.
Rob.
Buon weekend :)
***mpinaCiancio … si ne sono convinto anche io. ;-) è sempre un piacere leggerti su questo blog.
**Alderaban … in effetti potrei darti ragione se il tutto non andasse considerato nello specifico filmico del regista Spike Lee. grazie del tuo passaggio.
FulviaLeopardi … dovrei risponderti da te.
Odio contunare un querelle in cui i miei utenti sono costretti a venire sul tuo blog per capire.
Magari in privato posso argomentare, con consistenti e documentate motivazioni la competenza di Pecoraro Scanio (prego usare lettere mailuscole per i cognomi) su tante questioni:
Le fonti energetiche alternative
il tersposrti su ferro.
Così per fare due esempi.
Odio i modi poplulisti di gestire il gossip politixo spostando l’attenzione dalla politica all’educazione.
Nel caso di specie hai ragione ma il post sa di populismo della peggior lega (ho fatto la battuta) e mi fa venire in mente personaggi di cui ci siamo frose per il momento liberati.
Ciocorì.
Rob.
Un film d’azione degno di essere visto, considerata la dozzinale produzione hollywoodiana degli ultimi anni è già molto.
Riguardo al messaggio di critica morale al capitalismo, invece mi sembra che S.Lee stavolta sia rimasto un pò alla superfice delle cose. Ovvero che il capitalismo (se non imbrigliato in regole, controlli e meccanismi di ridistribuzione dei profitti) sia portatore di una immoralità dei mezzi e degli scopi non mi mi pare una grande scoperta.
Ho la sensazione che questo film potrebbe piacermi… Grazie Rob. Mapi :)
(ot)
Se un ministro è competente (e a me pecoraro tutto mi pare meno che competente, solo perché è pacifista?) e maleducato, qualora la maleducazione venga manifestata in pubblico, deve chiedere scusa.
Se sei pacifista, la cosa non giustifica che ti metti a fare le smorfie durante/dopo un funerale! Ti hanno risposto da me
Giggi76 Sono abbastanza d’accordo. ben venuto qui.
Rob.
recensione e analisi ineccepibili, come la pellicola, del resto. Uno dei migliori film del 2006.
Fringe ok, pacina fatta :)
Rob.
vabbe’ facciamo la pacina.
@Fulvia ariciao.
Rob.
@Fringe
Non non mi hai fatto incazzare ;-)
E’ che ieri ho avuto una giornataccia e quel commento era la classica goccia.
Mi dispiace di averti maltrattato, non lo meriti, è cheio sono molto ammirato dal cinema di Lee.
Posso condividere che il film in questione sia particolare, ma dimostra il livello di competenza al quale è giunto il regista.
Mi sembra che se in Italia facessimo fare più film ai registi bravi le cose per il nostro cinema potrebbero andare meglio.
E’ questo quello che mi piace di Spike che affronta tutto, anche un genere più di cassetta, con grande competenza e professionalità ed il film sta incassando tantissimo, tra l’altro.
Molte volte si fanno film per incassare per poi poter fare film più impegnati De Sica docet.
Un saluto e scusami tu ;-)))
Rob.
ho fatto incazzare rob?
Mi dipiace, ma una argomentazione completa meno laconica, sarebbe stata fuori luogo in uno spazio che e’ destinato ai “commenti”.
Ho letto il post, come gli altri, condivido il metodo di analisi ma non condivido il risultato.
Conosco “gli obiettivi culturali, politici, etici, ed artistici” di Lee, sono del parere che in questo caso li abbia un po’ strumentalizzati, strizzando l’occhio a tutti, incluso il genere di riferimento.
Il film rimane molto bello, ben diretto e ben recitato ma alla fine mi ha un po’ deluso e l’idea di un compitino ben svolto rimane.
Ma questa e’ ovviamente un opinione. Una mia opinione.
Gli altri film che citi (dove e’ mo’ better blues (?)) fanno da contraltare notevole e da termine di un paragone dal quale questo inside man esce un po’ offuscato.
E non te la prendere ;).
Mon ami.
:)))
fringe
vedi, ho imparato ;) non ti do più spunti per le battute!
@Fringe caro amico mio,
mi dispiace ma stavolta mi costringi con i tuoi forse un po’ troppo approssimativi e laconici messaggi a bacchettare e duramente.
Evidentemente o abbiamo idee diverse sul genere, che è, attenzione, un misiticante esercizio di stile, almeno secondo me, o abbiamo idee diverse su Spike Lee.
Certo è un film non consueto per la sua filmografia, ad alto budget, su commissione.
Ma è indiscutibile che lui, in maniera subdolamente geniale, approfottando proprio delle caratteristiche ontologiche del genere, è riuscito ad indirizzare tutti i messaggi verso l’alto dei suo cinema.
E che questo assunto sia parte delle scelte narrative di fare apparire le cose per quelle che non sono, mi sembra di una chiarezza elementare.
E devi ammettere ancora che, oltre ad i virtuosismi formali, dei quali ho disquisito nel post, (che mi doamando a questo punto se hai effettivamente letto), già di per sè stessi notevoli, in questo secondo (anzi terzo, e più celato, piano narrativo), è un vero genio nero (ho piacere di ammettere anche questa sua superiore prerogativa).
O si capisce questo, anche dall’intervista linkata, oppure si generalizza.
Perché se fosse vero che lui avesse accettato di degradare il suo stile, di non avere raggiunto un risultato eccezionale, significherebbe non aver compreso, affondo, tutti gli obiettivi culturali, politici, etici, ed artistici, non di questo film, ma dell’intera opera di questo talentuoso regista.
Oh diciannove film in vent’anni tra cui:
Do the Right Thing (1989)
Malcolm X (1992)
25th Hour (2002)
non sono mica da tutti.
E non sto considerando, volutamente, la produzione televisiva.
Dimmi un solo regista europeo in grado di fare una cosa del genere.
Uno solo.
Un saluto.
Rob.
Spike Lee non ha niente da dimostrare. E’ bravo sia con i capolavori che con gli esericizi di stile. Inside man e’ un bell’esericizio di stile con il titolo simpatico :)
Carino ma basta.
@Fringe a me invece è piaciuto molto. :)
Cos’altro deve dimostrare un regista?
Un saluto.
Rob.
@FulviaLeopardi buongiorno anche a te ….:)
Rob.
Bel post, come al solito.
Anche se a me Inside man non e’ che mi abbia fatto impazzire.
Ha fatto la battutaaaaaa
Buongiorno !
@FulviaLeopardi
ciocorì :)
ma a che ora ti svegli????
Rob.
buondì :)
@utente anonimo .. non so chi tu sia la prossima volta magari dillo.
Evidentemente abbiamo pareri diversi su quest’opera, ma se ti annoi assistendo alla proiezione di un film del genere … ehm … credo che i problemi ce li hai tu, non Spike ;-))
Gli spot di Lee sono semplicemente grandiosi e quello di Gahndi in particolare.
@imlaufderzeit Grazie dei complimenti ;-)
Un saluto a tutti.
Rob.
Che dire, Roberto? Ottima la tua analisi, attenta a tutti quei livelli narrativi, che in Spike Lee offrono davvero numerosi spunti di riflessione. Condivido pienamente il tuo ragionamento sul concetto di “genere”.
Complimenti!
Mi dispiace caro Roberto: anch’io apprezzo tantissimo Lee, ma questo suo ultimo film l’ho trovato addirittura noioso, mi ha dato per tutto il tempo l’impressione che sia stato girato per la tv e non ho fatto che pensare che negli ultimi spot era stato brillante!
@Tristam … questa notizia rallegra e molto il mio 1° maggio.
Grazie ;-)
Rob.
Hai ragione Rob. Ma io sono distratto e pigro! Per molto tempo non ho nemmeno incluso tra i link i miei più cari amici… per dire.
Ecco fatto, ti ho aggiunto subito! Non per dovere, ma per piacere, mio.
Ciao!
M
FulviaLeopardi … Un lucano? ;)
Un saluto.
Rob.
Mi è piaciuto un sacco questo film, già Spike Lee è di per sé una garanzia, aggiungici Jodie Foster e Denzel Washington, che vuoi di più dalla vita?