analisi di eventi, esistenti e linguaggio audiovisivo
Diario di uno scandalo – il solipsismo diaristico di Barbara Covett
Titolo originale: | Notes on a scandal |
Nazione: | Gran Bretagna |
Anno: | 2006 |
Genere: | Drammatico |
Durata: | 92′ |
Regia: | Richard Eyre |
Sito ufficiale: | www.foxsearchlight.com/NOAS |
Sito ufficiale: | www.microsites2.foxinternational.com/… |
Cast: | Cate Blanchett, Judi Dench, Bill Nighy, Andrew Simpson, Joanna Scanlan, Philip Scott |
Produzione: | BBC Films, DNA Films, Scott Rudin Productions, UK Film Council |
Distribuzione: | 20th Century Fox |
Data di uscita: | 23 Febbraio 2007 (cinema) |
Il film intende, invece, proporre e svelare quella parte che di norma non abbiamo alcuna opportunità di conoscere, perché racchiusa, appunto, assai più nelle intenzioni che nelle azioni.
La cosa non avrebbe senso, risulterebbe un inutile virtuosismo, probabilmente un po’ presuntuoso, anche se non smentisco l’intuizione del post precedente.
I due registi hanno due modi ontologicamente contrapposti di sviluppo del conflitto, ma mi fermo qui.
1. Ibridazione tra cinema, romanzo e forma diaristica
E mi fermo qui perché chiunque abbia mai scritto in un blog avrebbe quasi l’obbligo morale di assistere ad una proiezione di "Diario di uno scandalo".
In altri contesti e per altri motivi mi è capitato di approfondire i benefici che la scrittura diaristica apporta all’individuo.
Me ne sono occupato per motivi professionali ma è come se Richard Eyre avesse, anche lui, approfondito il tema. E, forse, prima di lui, la scrittrice Zoe Heller autrice del romanzo dal quale è stata tratta questa bellissima sceneggiatura non originale.
Una storia che non sarebbe azzardato definire solipsistica nella piena accezione del termine.
In "Diario di uno scandalo" la cosa che mi ha interessato di più non è, alla fine, la deviata relazione tra la protagonista, l‘anziana professoressa Barbara Covett (Judi Dench) e la sua amica Sheba Hart (Cate Blanchett) adultera e quasi pedofila, ma la relazione tra lei, il suo mondo interiore e la realtà.
E’ curioso, infatti, riflettere, come sia la pratica del romanzo, sia quella del cinema, quando narrano questo dilemma è come se parlassero, un po’, anche della loro funzione.
Già a proposito del film di Michel Gondry ho avuto modo di affrontare un problema, quasi filosofico, inerente il rapporto tra l’esistente protagonista e la realtà.
Ma non è forse il diario e quindi il romanzo e quindi il cinema anche una sorta di fuga dalla realtà? (E la riflessione si potrebbe estendere anche alla pratica di blogger o a quella di lettore accanito di romanzi).
Soffermiamoci per un attimo a riflettere su questo complesso rapporto e comprenderemo, forse, che in questo film un regista settantenne sviluppa ed indaga un’intuizione straordinariamente affascinante e seducente per un blogger (e per un cinefilo).
Un’intuizione antica, ed al tempo stesso, estremamente moderna e contemporanea.
Innestare nel cinema il diario (A quando un film su un blogger?).
Gran parte del film è, infatti, narrato dalla voce fuori campo della protagonista Barbara Covett, scelta formale assolutamente corretta, nella non semplice trasposizione dal letterario al filmico del romanzo di Heller.
Ed è proprio questa complessa ibridazione tra cinema, romanzo e diario che intravedo qualcosa di notevole, che vedremo se frutterà almeno una delle quattro statuette in nomination stanotte.
2. Breve analisi di eventi ed esistenti
Per il resto che altro aggiungere.
Sotto il profilo della regia io personalmente avrei poche annotazioni da fare.
Eyre è un regista asciutto, classico, tradizionale, che lascia parlare assai più l’intensità degli esistenti, che non le sue scelte formali.
E dopo la visione dell’ultimo film di Frezan Opteezec "Saturno Contro" come dargli torto?
Nella piena fedeltà alla struttura narrativa ed allo sviluppo degli eventi del romanzo, Eyre alterna sapientemente scene di vita quotidiana alle sequenze, non morbose ma intense (e dovrei dire neanche più di tanto e questo si che è modernissimo), della passione adultera verso un allievo quindicenne della prof. Sheba Har, ed a quelle del racconto della mente tanto intelligente quanto sola dell’anziana Barbara.
In questa costruzione Eyre bilancia la drammaturgia formale, dimostrando di saper assai bene accompagnare i climax narrativi, che dal genere commedia risalgono, toccandole, fino alle corde del dramma.
Dramma agito, direi soprattutto, in questa debolezza dei caratteri delle protagoniste della storia vittime, prima ancora che delle loro pulsioni, della carente resistenza dei loro mondi interiori, in cui però proprio grazie a questa, Eyre riesce a penetrare il puritanesimo di una società bigotta, restituendoci un intenso affresco contemporaneo, che è anche – oltre che una straordinaria e sottile storia psicologica, dovrei dire quasi uno psicodramma – un interessantissimo spaccato della società inglese, composto, senza sbavature, in una chiave assai meno didascalica di quella di Ken Loach. Ed in cui, va aggiunto, tutte le motivazioni all’azione degli esistenti sono costruite assai sapientemente, anche e soprattutto nei climax a spiazzare che risultano, nell’intreccio, di una coerenza assoluta.
Altre cose che ho apprezzato sono le scelte musicali assai meno chiassose di quelle dell’altro film del weekend (si sempre quello di Ferzan Ozpetek).
E della recitazione di cui credo che si parlerà ancora a lungo … vederemo nella notte degli Oscar.
Gli attori inglesi, insieme a quelli americani, non sono forse i migliori del mondo?
Oscar 2007 tutti i premiati
Attore protagonista Forest Whitaker per L’ultimo re di Scozia
Attrice protagonista Helen Mirren per The Queen
Attore non protagonista Alan Arkin per Little Miss Sunshine
Attrice non protagonista Jennifer Hudson per Dreamgirls
Regista Martin Scorsese per The Departed
Film straniero The Lives of Others – Germania Regia di Florian Henckel von Donnesmarck
Film d’animazione Happy Feet – George Miller
Sceneggiatura non originale The Departed – Il bene e il male William Monahan
Sceneggiatura originale Little Miss Sunshine Michael Arndt
Documentario (corto) The Blood of Yingzhou District Regia di Ruby Yang e Thomas Lennon
Cortometraggio animato The Danish Poet Regia di Torill Kove Cortometraggio West Bank Story Regia di Ari Sandel
Oscar alla carriera Ennio Morricone
@alittam Così l’integrazione mi sembra assai più esaustiva.
E molto corretta peraltro, nella parte in cui motivi il fatto che il sesso della scrittrice è in effetti determinante nella compresione della dinamica tra le due amiche.
Grazie.
Rob.
Ciao, scusa per il primo messaggio ma andavo di fretta e ci tenevo a puntualizzare il fatto.
Se ci pensi, è importante che l’autrice del libro sia una donna, non penso che un uomo avrebbe approfondito così bene il mondo ambiguo delle amicizie femminili… E’ anche importante perché nella tua analisi dai molto spazio al rapporto libro/film e al rapporto tra le varie forme di narrazione (la mia parte preferita del post).
Comunque, il sesso dell’autrice del libro è una informazione che io so soltanto perché ho letto il libro molto tempo prima che uscisse in Italia, altrimenti dubito che l’avrei saputo ;-)
Riguardo al tuo post, è ovviamente un’analisi alla quale non ho nulla da eccepire, anche perché è piacevole vedere un cineblogger che si discosta dai soliti “mi piace / non mi piace” per cercare un approfondimento più completo.
Grazie per avere visitato il mio sito, torna presto! :-)
@alittam Ok grazie, ho corretto il post, capita a tutti di sbagliare …
In ogni caso grazie, ehm … magari anche un commento al post non avrebbe guastato.
Un saluto.
Rob.
Ahem, Zoe Heller è una scrittrice, non uno scrittore… :”>
@minstrel Grazie come al solito. Sono contento assai per Scorsese e per Little Miss Sunshine.
Un saluto.
Rob.
Sto stampando e a pranzo ti leggo! C’è philip glass alle musiche, immagino cosa ha combinato quel geniaccio!
Piuttosto, non hai espresso la tua idea sugli oscar di quest’anno o sbaglio? ^^
Ecco ha finito! Ora vado! Ciao a presto
yours
MAURO
@PMLUCA No non sono di Licata ma ho dato una mano ad una mia amiva di Licata.
Un saluto.
Rob.
Domanda che ha poco a che fare con il post…
Sei di Licata???
P.S. Ho visto per la rete il bannerino su CinemaLicata
@Nemo Grazie ;-)
Ho visto che anche tu sei appassionato e che sei come me un estimatore di Gondry.
Un saluto.
Rob.
Sempre meglio chiedere! Grazie!
Bellissimo il tuo blog, da un appassionato del grande schermo.
ciao Nemo
@Nemo Hai fatto bene. Mica è mio quel film è di tutti quelli che amano il cinema.
Un saluto.
Rob.
Ti ho copiato la gif dei 400 colpi, non ho resistito, scusa!
Nemo
skizofrenic ok grazie e a presto.
Rob.
beh la risposta è alquanto articolata… ci rifletterò.
comunque sono d’accordo con tutto quello che hai detto nel post anzi ho molto apprezzato l’analisi specialmente le considerazioni sulla commistione di generi.
in effetti avevo pensato anch’io al fatto che il film è tratto da un libro… però… non so volevo solo dire che secondo me c’è stata troppa ricerca dello scabroso. punto. cosa molto commerciale. per il resto condivido tutto, soprattutto la puntalizzazione sul fatto che il film non è la narrazione dello scandalo ma la sua glossa.
a presto.
@skizofrenic Allora.
Tu dici: “Secondo me il film avrebbe guadagnato molto in efficacia da uno stile più improntato alla reticenza; il “dico non dico”, il dico senza dire sul modello del manzoniano “la sventurata rispose” o dei dantesco “quel giorno più non vi leggemmo avante” e “più che ‘l dolor potè il digiuno” il dubbio insomma sarebbe stato molto molto più intrigante no? Secondo me c’è stata una caduta di stile nell’eccessiva ricerca dell’esplicito e in particolare dello scabroso”.
§§§
In relazione a queste tue osservazioni ritengo la questione un tantino fuori luogo – per quel che riguarda il film – che non è altro che la trasposizione dal letterario al filmico del romanzo di Heller.
Se poi uno scandalo, una relazione tra amiche, nonché il suo diario, dovessero e potessero essere condotte in maniera più ambigua, non saprei dirti, perché la storia cerca di narrare una sequenza di eventi guardata da un solo punto di vista prevalente, che è quello del diario dell’anziana professoressa Barbara Covett.
In questa prospettiva, pertanto, è proprio la liason tra il mondo interiore della protagonista, (con le sue trasfigurazioni, le sue aspettative, le sue patetiche illusioni), e lo scontro con la realtà, il tema centrale da sviluppare, e mi sembra che, in questo, l’operazione sia molto ben riuscita.
Quello che intendo dire è che l’oggetto della narrazione non è uno scandalo ma il suo diario.
Le note a margine.
Ed, attraverso di queste, agire un’accurata opera d’introspezione psicologica di una mente morbosamente avvelenata da una condizione esistenziale di solitudine, nel contesto di una società fortemente puritana come quella inglese.
Credo che sia questo il vero pregio del film, e non la esplicitazione (o la non esplicitazione) di uno scandaletto di provincia, narrato in tutta la sua povertà.
Quello non è che il rivestimento esteriore, ciò che tutto il mondo può vedere con la consueta facilità offerta dai mass media.
Il film intende, invece, proporre e svelare quella parte che di norma non abbiamo alcuna opportunità di conoscere, perché racchiusa, appunto, assai più nelle intenzioni che nelle azioni.
§§§
Sempre tu dici inoltre: “Il risultato è comunque buono ma fatti e personaggi risultano lievemente stereotipati, fanno un po’ troppo quello che ci si aspetta che facciano”.
§§§
In verità non saprei dirti, e concludo, quanto gli esistenti facciano, in effetti, quello che uno si aspetti da loro … questo assunto, semmai, è assai più vero per il film di Ferzan Ozpetek “Saturno Contro”.
Un caro saluto e a presto.
Rob.
ho visto diario di uno scandalo.
d’accordissimo con tutto quello che hai detto; il discorso sulla commistione dei generi è estremamente interessante ma io ho fatto un altro tipoo di fiflessione, non so quanto pertinente, ma te la sottopongo.
secondo me il film avrebbe guadagnato molto in efficacia da uno stile più improntato alla reticenza; il “dico non dico”, il dico senza dire sul modello del manzoniano “la sventurata rispose” o dei dantesco “quel giorno più non vi leggemmo avante” e “più che ‘l dolor potè il digiuno” il dubbio insomma sarebbe stato molto molto più intrigante no?
secondo me c’è stata una caduta di stile nell’eccessiva ricerca dell’esplicito e in particolare dello scabroso.
il risultato è comunque buono ma fatti e personaggi risultano lievemente stereotipati, fanno un po’ troppo quello che ci si apetta che facciano.
anche a Scorsese finalmente. Non che cambi poi molto, ma lui sembrava davvero felice.