cinemavistodame.com di Roberto Bernabò

I film in uscita dal 21 dicembre 2007

In primis tanti auguri di Buon Natale a tutti da cinemvistodame 2 … e adesso le ultime uscite nelle sale italiane del 2007.

L’assassinio di Jesse James per mano del codardo Robert Ford
2007 – USA
Regia di Andrew Dominik
Genere: Western, Drammatico
con: Brad Pitt, Casey Affleck, Sam Shepard, Sam Rockwell, Garret Dillahunt, Mary-Louise Parker, Barbara Kozicki, Paul Schneider, Jeremy Renner, Zooey Deschanel

La mia recensione è qui.

Ne ho parlato anche la settimana scorsa. Una figura carismatica e imprevedibile, quella di Jesse James, uno dei più famosi banditi del Vecchio West, considerato una sorta di Robin Hood. Sulla testa di James era stata messa una grossa taglia, e fu tradito proprio da colui in cui riponeva più fiducia …

Il film è una sorta di ribaltamento del paradigma del classico western. Una storia intimista, che traspone, dal letterario al filmico, l’omonimo romanzo di Ron Hansen.

Una storia raccontata quasi come un collage di fotogrammi, lenta, ma che tenta di restituire non solo una narrazione drammatica, ma anche e forse soprattutto, una verità più profonda sull’intimo degli esistenti, che pare abia esaltato le capacità attoriali di Brad Pitt. Che, per questa interpretazione, a Venezia 64, si è aggiudicato una discussa Coppa Volpi. Cha secondo molti sarebbe potuta andare anche a Affleck Jr.

Brad Pitt al Lido per la presentazione del film

Bello, scontroso, di poche parole. In giacca crema e panciotto bianco, Brad Pitt si è presentato alla Mostra di Venezia da vero gangster. Al Lido insieme ad Angelina Jolie, il divo più atteso del giorno sembra vestire ancora i panni del fuorilegge che lo porta in concorso alla Mostra. Il senso del western di Andrew Dominick in cui affianca Casey Affleck è secondo lui tutta nel titolo: “The Assassination of Jesse James by the Coward Robert Ford mi sembra perfetto. Inquadra al meglio la radiografia del mito che proponiamo sullo schermo”. Il film, che lo coinvolge anche in produzione, gli riserva il ruolo del leggendario bandito che alla fine dell’800 seminò il terrore nelle praterie del Missouri. Più che esaltare le gesta dell’antieroe, la storia si concentra infatti sull’ambiguo e tormentato rapporto che con lui instaura il codardo Robert Ford, giovane cresciuto col sogno di unirsi alle sue scorribande. “Il fulcro della storia – riassume Pitt – è la sete di entrambi di elevarsi al rango di eroi. Un’ambizione in cui cercano il senso della loro vita e della quale finiscono invece per restare vittime”.

A riassumere senso e paradosso del film è il regista Andrew Dominik: “Il rapporto fra i due è allo stesso tempo superficiale e profondissimo. In apparenza quasi inesistente, finisce però per condizionarli entrambi in una parabola autodistruttiva e di crescente isolamento”. Il Jesse James che il regista ispira al racconto di Ron Hansen è un malvivente carismatico e tenebroso. Tanto ricercato da non confidare il suo vero nome neanche ai figli e presentarsi in pubblico come allevatore di bestiame. Tre proiettili in corpo sono il segno dei 17 omicidi e le oltre 25 rapine per cui lo ricorda Kansas City a partire dal 1867. Il Robert Ford che cresce alla sua ombra è invece agli antipodi: un giovane senza midollo, deriso da tutti come scemo del villaggio, ma animato da una sconfinata ambizione. La sua ammirazione per il bandito va oltre ogni immaginazione: divora libri sulle sue avventure, lo imita nei gesti e nei tic, memorizza addirittura le sue conversazioni. Le loro strade si incontrano quando della banda dei James resta decimata da morti e arresti. Insieme a Jesse e al fratello non resta ormai che un raccogliticcio manipolo di incapaci e maldestri gregari.

Il film, la cui prima versione ammontava a più di tre ore e mezza, scava sulla vita privata del fuorilegge, mostrandone tormento e crescente ossessione. All’ingresso di Ford nella sua banda, nella sfrontatezza di un tempo si aprono crepe di insicurezza e paura: è irascibile, diffidente, non sa più di chi potersi fidare. “Più che uno contro l’altro – spiega Dominik -, Jesse James e Robert Ford sono in lotta contro se stessi. Questo è l’aspetto che mi ha affascinato più nella storia“. A fargli eco è lo stesso Brad Pitt, che parla di tinte sfumate nel tratteggio dei protagonisti: “Prima del film, di Jesse James non sapevo un granché. Quello che emerge dalla storia è però un personaggio che non definirei negativo. E’ piuttosto un uomo che veste un ruolo non suo e che nel dna porta già scritta la sua tragica fine. La dimensione psicologica di cui parla anche il regista si inserisce in un’ambientazione western di grande realismo: “E’ un aspetto che nella realizzazione abbiamo curato molto – prosegue l’attore -. Nel caso di film con una contestualizzazione storica determinata è importante investire in credibilità. Un imperativo a cui anche da attore ho cercato di rispondere con una serie di dettagli, che a una prima visione possono anche sfuggire“.

Attenzione però a considerarlo un semplice western. Brad Pitt mette le mani avanti e parla di una dimensione ulteriore: “Lo considererei piuttosto un gangster-movie – dice -. Un film che sfugge ai canoni predominanti ma che proprio per questo mi ha affascinato. Quello che mi piace di più, da produttore, è portare sullo schermo storie che altrimenti rischierebbero di non trovare spazio“. Da escludere, stando alle sue colorite affermazioni da saloon, è invece un passaggio dietro la macchina da presa: “Non ho le pa.. per fare il regista. In giro ce ne sono già tanti che sono bravissimi“. A interessarlo di più sembrano invece essere le avventure sportive di Valentino Rossi. Prima si interrompe nel corso di una risposta, dicendo di essere rimasto toccato nella sua caduta al Gran Premio di oggi, poi torna a scomodarlo per un improbabile paragone con Jesse James. Ciliegina sulla torta, il trattamento che prima della conferenza stampa riserva ai fotografi. Sulla terrazza del Casinò del Lido il divo si presenta con gli occhiali da sole, ma alle richieste di toglierli reagisce stizzito: si rifiuta di farlo, abbandona il photocall e si concede un gesto di ripicca. Incrociando Casey Affleck che si apprestava a posare per gli scatti, li passa a lui, invitandolo a indossarli.

E poi scusate Sam Shepard ce lo vogliamo perdere?

Non più di due stars, però, per me.

ìLocandina del film Caramel

Caramel
2007 – Libano – Francia
Regia di Nadine Labaki
Genere: Drammatico
con Nadine Labaki, Yasmine Elmasri, Joanna Mkarzel, Gisèle Aouad, Adel Karam, Sihame Haddad, Aziza Semaan, Ismaïl Antar

L’altra uscita che segnaliamo con convinzione è questa opera prima di una giovane (e bella) regista e attrice libanese.

Cinque donne si incontrano nel colorato e sensuale scenario di un salone di bellezza, e confrontano i loro problemi: Layale è innamorata di un uomo sposato; Nisrine, musulmana, è spaventata dalla prospettiva del suo imminente matrimonio, perché non è vergine; Rima è tormentata dalla propria attrazione verso il suo stesso sesso; Jamale non vuole invecchiare; Rose ha sacrificato sé stessa per occuparsi della sorella maggiore.

Un film tutto declinato al femminile. Evviva. Il titolo fa riferimento alla tipica ceretta per la depilazione che si usa in Medio Oriente, una miscela di zucchero, limone e acqua, che portata da ebollizione si trasforma in caramello. Un impasto allo stesso tempo dolce ma che può anche bruciare e far male …

E’ proprio su questo dualismo che ruota un corale affresco tutto al femminile, ambientato in un istituto di bellezza della Beirut di oggi.

Chi l’avrebbe mai detto che una giovane, nonché bellissima, donna libanese alla sua prima esperienza davanti e soprattutto dietro la macchina da presa, con un cast quasi tutto di attori non professionisti, sarebbe stata capace di dar vita ad un piccolo gioiello di film che risponde all’invitante nome di “Caramel”?

Qualcuno evidentemente le deve aver creduto sin dall’inizio, se poi l’opera prima di Nadine Labaki (peraltro regista di diversi spot pubblicitari e video musicali per cantanti arabi) è stata presentata con grande successo nella prestigiosa sezione Quinzaine des Realizateurs all’ultimo Festival di Cannes.

Le considerazioni della regista

“La donna libanese, musulmana o cristiana, vive la contraddizione fra che cosa realmente è, cosa desidera essere e cosa le è permesso essere”, ha affermato recentemente a Roma la regista e interprete Nadine Labaki, in occasione della presentazione del film, realizzata insieme al marito Khaled Mouzanar, autore delle musiche del film – spiegando cosa l’ha spinta a realizzare Caramel, opera prima, commedia agrodolce nelle sale italiane dal 21 dicembre distribuita da LadyBlu, costola della LadyFilm per i film che non beneficiano del supporto europeo del Media.

Grande successo di pubblico in Francia (dove il film è stato visto da circa mezzo milione di persone), Caramel rappresenterà il Libano alla corsa verso gli Oscar 2008 e racconta i legami d’amicizia, le confidenze e le emozioni di un gruppo di donne all’interno di un salone di bellezza a Beirut: “A tutte le attrici (non professioniste, ndr) ho chiesto semplicemente di essere loro stesse – dice ancora la regista e coprotagonista 33enne – perché solo così era possibile mettere in scena la realtà che volevo raccontare”. Vicende amorose, complicazioni personali: il caramello che dà il titolo al film (pasta di zucchero e limone usata dalle donne mediorientali per la ceretta) unisce le varie storie – il rapporto conflittuale tra la proprietaria del salone ed un uomo sposato, le angosce di una ragazza impaurita all’idea di non arrivare vergine al matrimonio o la maniacale rincorsa per tentare di fermare il tempo da parte di una cliente over 50 – e tutte le donne protagoniste del film, tutte chiamate al quotidiano confronto con una realtà ancora condizionata da pregiudizi e difficoltà.

Io dico che è da non perdere. Del resto i conti tornano se lo proiettano al Greenwich di Testaccio a Roma.

La mia recensione è qui.

Locandina del film Bee Movie

Bee Movie
2007 – USA
Regia di Steve Hickner e Simon J. Smith
Genere: Animazione, Commedia
con Jerry Seinfeld, Renée Zellweger, Alan Arkin

Barry B. Benson è un’ape fresca di college, che, durante una gita fuori dall’alveare, viene salvata da una graziosa fiorista. E così viene a sapere che gli esseri umani mangiano la sua ambizione di vita, il miele …

Circa dieci anni fa (1998) Pixar e Dreamworks cominciarono a contendersi il mercato del cartone animato in computer graphic con due progetti (rispettivamente“A Bug’s life” e “Z”), che almeno nei protagonisti sembravano identici: una formica. Da allora, nessuno si era più riavvicinato al mondo degli insetti. A riprovarci, stavolta con un’ape, è la seconda, ossia la casa di produzione fondata da Steven Spielberg.

Nato da un’idea del comico Jerry Seinfield – che presta la voce all’apetta protagonista – il nuovo lavoro della DreamWorks Animation arriva in Italia dopo risultati non eclatanti al box office americano. Peraltro va aggiunto Jerry Seinfield è l’autore Seinfeld, la celebre sit-com americane del regista, il cui cast ha prestato le voci agli esistenti animati del film – con l’inveitabile aggiunta di altre star made in USA, e che pertanto in Italia tutto questo lavoro si perde un po’, per dirla con Sofia Coppola, nella traduzione, e parecchio nel doppiaggio (che in Italia, intendiamoci, è fatto da veri professionisti) ma che, nel caso di specie, snatura, e non poco, il senso di quest’opera.

Riuscirà a raggiungere le vette del nostro botteghino?

Se a voi interessa saperlo e partecipare all’operazione (a me francamente no) andate pure al cinema … magari con qualche bambino.

Io passo.

Locandina del film L'amore ai tempi del colera

L’amore ai tempi del colera
2007 – USA
Genere: Drammatico, Romantico
Regia di Mike Newell
con Javier Bardem, Giovanna Mezzogiorno, Catalina Sandino Moreno

Florentino Ariza, un timido e sensibile telegrafista, s’innamora di Fermina Daza, una splendida ragazza figlia di un uomo molto ricco e di ambigue frequentazioni. I due dovranno aspettare più di cinquant’anni per coronare il loro sogno d’amore.

Trasposizione dal letterario al filmico dell’omonimo romanzo di Gabriel Garcia Marquez il film narra l’amore folle, e senza tempo, di Florentino Araza, addetto ai telegrammi nella città di Cartagena, per la bella Fermina, figlia di un ricco commerciante.

La ragazza ricambia il sentimento, ma il di lei padre si oppone perchè vorrebbe dare in sposa la figlia a un uomo del suo stesso rango.

Giovanna Mezzoggiorno

Cast internazionale: dirige Mike Newell, fanno coppia per la prima volta sul grande schermo lo spagnolo Javier Bardem e la nostra Giovanna Mezzogiorno.

Considerazioni del regista e degli attori

Un’attualissima storia di passione e follia, che non parla solo agli appassionati, ma si rivolge al grande pubblico della sala. Questo, nelle parole del regista Mike Newell, il suo L’amore ai tempi del colera con Giovanna Mezzogiorno e Javier Bardem, nei cinema dal 21 dicembre: sontuoso e ambiziosissimo adattamento del romanzo di Gabriel Garcia Marquez, che ha fatto piangere il pubblico colombiano e strappato addirittura applausi, all’autore premio Nobel di Cent’anni di solitudine: “Appena si sono accese le luci alla fine della proiezione – racconta raggiante Newell -, si è alzato dal posto col braccio alzato e ha esultato per il risultato”.

I problemi della trasposizione dal letterario al filmico

Soddisfazione doppia, per il regista inglese di Mona Lisa Smile e Quattro matrimoni e un funerale, soprattutto alla luce del titanico impegno che ha richiesto l’adattamento: “Per Harry Potter e il calice di fuoco è bastato prendere il libro ad accettate e ne è uscito il film.

Questa è invece stata la sfida più diffile, mai affrontata. Mi rammarico di ogni dettaglio che ho dovuto sacrificare, ma ho dovuto prima rispondere a un interrogativo di fondo. Per chi dirigere questo film? Ho amato talmente tanto il libro di Marquez, che ho pensato la risposta giusta fosse per tutti”.

Gli attori

Al centro della storia, come nel romanzo dello scrittore colombiano, è il folle amore che fin dall’adolescenza lega Fermina Daza e Florentino Ariza, i due personaggi interpretati da Giovanna Mezzogiorno e Javier Bardem. Una parabola di quasi 60 anni, in cui a impedire la loro unione interviene la ferma volontà della donna, che per assecondare il padre, sacrifica la passione e arriva a sposare un altro uomo: “Non dico di riconoscermi in lei, ma la ammiro molto, dice la Mezzogiorno. A colpirmi è stata soprattutto la determinazione con cui porta avanti le sue scelte: una donna capace di sposare un uomo, ignorarlo per cinquant’anni e poi, quando finalmente trova l’amore, di continuare a interrogarsi. Si tratta di un atteggiamento straordinariamente moderno: come lei, in molte fuggono oggi da sentimenti più grandi di loro. Un amore così romantico e devoto va bene da giovanissimi, ma poi capisco che possa mettere paura. Un sentimento che con la sua violenza, può portare anche sofferenza e disperazione”.

Il romanzo di Gabriel Garcia Marquez

Scritto nel 1985 e ambientato nella Colombia di fine ‘800, L’amore ai tempi del colera mantiene ancora oggi tutta la sua attualità anche secondo Mike Newell: “Quelle di cui scrive Marquez non sono teorie, ma verità universali. In questo libro non parla di un amore idealizzato e ipotetico, ma di uomini, donne e dinamiche reali, che restano immutate nel tempo”.

Garanzia della ortodossia verso il romanzo è stato il continuo scambio con lo scrittore in fase di sceneggiatura: “Quando stavamo realizzando il film, Marquez era molto malato e sembrava addirittura che stesse morendo, racconta Newell. I nostri contatti sono quindi principalmente avvenuti via lettera. Io gli spedivo la sceneggiatura, lui me la rimandava con delle note a margine che mi toglievano il sonno: “troppo fedele”, oppure “dove sta il lavoro di cucito?”, mi scriveva. Dopo aver letto e riletto il romanzo ho capito cosa intendeva: L’amore ai tempi del colera è frutto di un meticoloso lavoro di riscrittura. Un costante avvicinarsi e riallontanarsi dagli eventi, che ho provato a portare sullo schermo, riassumento più storie nella stessa inquadratura”.

La scelta della Mezzogiorno

Due i motivi che hanno portato il regista alla scelta di Giovanna Mezzogiorno: “Prima di tutto i suoi occhi (come dargli torto), spiega Newell. Cercavo un’attrice che avesse caratteristiche fisiche in grado di far perdere la testa a un sudamericano. Lì le donne sono tutte paradisiache, more, scolpite. Dopo tre settimane rischi però di abituartici. I suoi occhioni blu lasciano invece il segno e proprio di questo avevo bisogno”. La seconda motivazione è invece uno sperticato complimento alla grinta e il percorso dell’attrice italiana: “Giovanna è un cavallo da corsa. Una che fin da bambina ha vissuto e respirato cinema. Per quanto non abbia visto nulla, il fatto che abbia lavorato in teatro con Peter Brook è poi una garanzia di spessore e qualità”. Forse anche da qui, il ritorno sui suoi passi e la decisione di affidarle il ruolo di Fermina in tutte e tre le fasi della sua vita: “Quella di Newell – dice la Mezzogiorno – è stata una straordinaria manifestazione di fiducia. Una di quelle opportunità che a un attore capitano di rado. Da parte mia, ho provato a dare il massimo: il lavoro è stato molto duro, sia sul piano fisico che mentale, ma sono molto soddisfatta del risultato”.

Mie considerazioni

Insomma io non sono troppo convinto … la trasposizione di un romanzo come questo non è cosa facile … e non mi fido troppo della resa attoriale della nostra valente attrice.

Insomma io passo, pur riconoscendo l’impegno e l’intenzione artistica dell’opera.

Locandina del film Il mistero della pagine perdute

Il mistero delle pagine perdute
2007 – USA
Regia di Jon Turteltaub
Genere: Azione, Avvenutura
Con: Nicolas Cage, Jon Voight, Harvey Keitel, Ed Harris, Diane Kruger, Justin Bartha, Bruce Greenwood, Helen Mirren, Alicia Coppola, Joel Gretsch, Timothy V. Murphy

Per Benjamin Franklin Gates una nuova avventura e soprattutto un nuovo mistero: la verità dietro l’assassinio di Abraham Lincoln che si cela nelle diciotto pagine mancanti dal diario del sedicesimo Presidente degli Stati Uniti …

Che dire magari il sogetto sarà anche interessante non dico di no … è che non sopporto molto Nicolas Cage, che secondo me è un attore molto sopravvalutato, inoltre questo mistero delle pagine perdute non riesce ad attrarmi in alcun modo.

C’è una cosa che mi chiedo spesso :“Perché le nostre sale devono essere sempre così pregne di film d’azione americani?”

E basta !!!

Locandina del film Leoni per agnelli

Leoni per agnelli
2007 – USA
Regia di Robert Redford
Genere: Drammatico
con Tom Cruise, Meryl Streep, Robert Redford

In Afghanistan due ranger dell’esercito americano, subiscono una serie di ingiustizie. Il clamore suscitato da questi eventi coinvolgerà un membro del Congresso, una giornalista e un professore …

Un senatore repubblicano (Cruise) confida ad una scettica giornalista televisiva (Streep) le prossime operazioni USA in Afghanistan. Qui, due giovani marines lottano tra la vita e la morte. Mentre in un campus universitario, il professor Stephen Malley (Redford) – già docente dei due soldati afroamericani partiti per la missione – tenta di persuadere un giovane studente, brillante ma svogliato, ad intraprendere la strada di una responsabile consapevolezza. La tripartizione del punto di vista per raccontare, “democraticamente”, la controversa attualità degli Stati Uniti d’America. Presentato Fuori Concorso alla seconda Festa del Cinema di Roma.

I Warner Village sono tappezzati di poster di proporzioni imbarazzanti … uhm …

Tre attori che non dovrebbero dimostrare niente … uhm …

Il film esce a Natale … uhm …

Insomma impegno civile ok.

Piglio e attitidine alla denuncia sono quelle di sempre. Le stesse, che Redford torna a rispolverare dopo Il candidato, Tutti gli uomini del presidente e I tre giorni del Condor. Come lui stesso dice, questa volta si è però trattato di adeguarsi ai tempi che cambiano: “Con l’avvento di Internet e la crescita dei mass media si sono moltiplicati i canali di informazione, ma anche le possibilità di manipolarla”. Il risultato, concorda Tom Cruise, è in una drastica e paradossale riduzione della comunicazione: “La guerra non ha mai risolto nulla – dice -. E molte guerre di oggi si sarebbero potute evitare, semplicemente aprendosi maggiormente al dialogo. Il punto del film non è l’Iraq o l’Afghanistan, ma una situazione contemporanea, su cui vogliamo indurre a riflettere. Non so se Leoni per agnelli cambierà qualcosa, ma il risultato ottenuto negli Stati Uniti è già confortante: l’abbiamo presentato in numerose università e ovunque è stato in grado di sollevare importanti dibattiti”.

Però io non sono convinto. Ed un po’ mi dispiace per Redford ha davvero tanti meriti.

Alla prossima.

A cura di cinemavistodame.

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