Ben trovati a tutti.
I film in uscita dal 29 febbraio 2008
In questo post:
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Persepolis – di Vincent Paronnaud, Marjane Satrapi
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Il futuro non è scritto – Joe Strummer – di Julien Temple
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Rec – di Jaume Balagueró, Paco Plaza
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Tutta la mia vita in prigione – di Marc Evans
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Fine pena mai – di Davide Barletti, Lorenzo Conte
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Forse Dio é malato – di Franco Brogi Taviani
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Il mattino ha l’oro in bocca – di Francesco Patierno
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Jumper Senza Confini – di Doug Liman
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Prospettive di un delitto – di Pete Travis
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La rabbia – di Louis Nero
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Rendition – Detenzione illegale – di Gavin Hood
Persepolis
Titolo originale: Persepolis
Nazione: Francia
Anno: 2007
Genere: Animazione
Durata: 95′
Regia: Vincent Paronnaud, Marjane Satrapi
Sito ufficiale: www.sonyclassics.com/persepolis
Sito italiano: www.persepolis-ilfilm.it
Cast (voci dei doppiatori): Catherine Deneuve, Danielle Darrieux, Simon Abkarian, Gena Rowlands, Chiara Mastroianni, Tilly Mandelbrot
Produzione: 2.4.7. Films, The Kennedy/Marshall Company, France 3 Cinéma
Distribuzione: BIM
Trama: Attraverso gli occhi di una bambina di nove anni, la precoce ed estroversa Marjane, il film ci fa vedere come le speranze di un popolo vengano distrutte quando i fondamentalisti prendono il potere, imponendo il velo alle donne e imprigionando migliaia di oppositori. Intelligente e impavida, la piccola Marjane aggira il controllo sociale dei “tutori dell’ordine” scoprendo il punk, gli ABBA e gli Iron Maiden. Ma dopo l’insensata esecuzione di suo zio, e sotto i bombardamenti della guerra Iraq/Iran, la paura diventa una realtà quotidiana con cui fare i conti. Temondo per la sua sicurezza, i genitori decidono di mandarla a studiare in Austria quando compie 14 anni. Marjane si ritrova così da sola con i problemi dell’adolescenza ed i pregiudizi di chi la identifica proprio con quel fondamentalismo religioso e quell’estremismo che l’hanno costretta a fuggire. Col tempo, riesce a farsi accettare e incontra perfino l’amore, ma dopo il liceo si ritrova nuovamente da sola e con una gran nostalgia di casa. Benché questo significhi mettersi il velo e vivere sotto una dittatura, Marjane decide di tornare in Iran per stare con la sua famiglia. Dopo un difficile periodo di adattamento, entra in un Istituto d’arte e poi si sposa, senza mai smettere di denunciare le ipocrisie di cui è testimone. A 24 anni, però, pur sentendosi profondamente iraniana, capisce di non poter più vivere in Iran. E’ così che prende la drammatica decisione di lasciare il proprio paese per la Francia – piena di speranze per il proprio futuro, ma segnata in modo indelebile dal proprio passato.
L’ho visto in anteprima al cinema “Quattro fontane” di Roma. Il film merita perché è l’adattamento di una Graphic Novel molto ben realizzata da Marjane Satrapi, la stessa autrice della pellicola, che colpisce proprio per l’accuratezza del disegno anche in chiave filmica. Una storia che tange temi serissimi in modo leggero e senza eccessi di fondamentalismo.
Ci aiuta a comprendere molto bene le difficoltà di una donna che cerca di crescere in un paese come l’Iran, mentre intorno a lei avviene come come una sorta di progressiva caduta dei valori nei quali, da bambina, era stata educata tramite la loro strumentalizzazione nel nome di guerre, d’interessi ingannevoli e contraddittori, in cui persino la religione diventa strumento di divisione e di tirannia. La storia illustra inoltre il sofferto tentativo, mai facile, di Marjane d’integrarsi culturalmente e socialmente in Europa.
Una pellicola agrodolce, anche divertente a tratti, che sfugge da qualunque catalogazione di genere e che arriva con la semplicità con cui è raccontata.
Nella versione italiana, è la versatile attrice Paola Cortellesi a prestare la propria la voce al personaggio di Marjane, vero e proprio alter ego della regista autrice. Il doppiaggio italiano di “Persepolis” si è avvalso inoltre della partecipazione di altre voci illustri come Sergio Castellitto e Licia Maglietta, che hanno dato la loro ai genitori della giovane Marjane.
Visitate il blog del film in italiano è fatto davvero molto bene. Qui. Il mio post sul film è invece qui.
Il futuro non è scritto – Joe Strummer
Titolo originale: Joe Strummer: The Future Is Unwritten
Nazione: Irlanda, Regno Unito
Anno: 2007
Genere: Documentario, Musicale
Durata: 119′
Regia: Julien Temple
Sito ufficiale: www.joestrummerthemovie.com
Cast: Bono, Brigitte Bardot, Steve Buscemi, Terry Chimes, John Cusack, Johnny Depp, Matt Dillon, Dick Evans, Alasdair Gillis, Peter Cushing, Flea, Mick Jagger, Jim Jarmusch
Produzione: Nitrate Film, Parallel Films
Distribuzione: RIPLEY’S FILM
Trama: Verso la fine degli anni ’70 e gli inizi degli anni ’80, i Clash rivoluzionarono il rock’n’roll e influirono per sempre sul pensiero delle future generazioni. I Clash restano un’icona, non solo per la loro musica ma anche per il loro credo che riuscì ad imporli oltre il successo commerciale. In un mondo in cui mancavano sempre più modelli culturali a cui ispirarsi, la loro storia è una avventura epica. Il leader dei Clash, compositore, bomba umana del rock’n’roll e spirito guida dietro questa impareggiabile eredità è Joe Strummer, che con un’intensità profetica riesce ancora ad influire sul pensiero di intere generazioni. Julien Temple è stato fino ad ora l’unico ad esser stato autorizzato a lavorare sugli archivi personali di Joe, scavando in profondità nei miti che circondano i Clash e il movimento punk in generale collocandolo in un più ampio contesto culturale e sociale. “The Future Is Unwritten” è un film che celebra la sua vita. Questo film è basato sull’idea del programma radiofonico London Calling, ideato dello stesso Strummer, trasmesso a 40 milioni di ascoltatori della BBC World Service tra il 1998 e il 2002, e sui leggendari falò di Strummerville, “più importanti di qualsiasi musica che ho scritto”. Sono Joe e i suoi amici ad accompagnarci per tutto il film, insieme alla evocativa colonna sonora selezionata. Come nessun altro prima di lui, Strummer riuscì a rompere le barriere e a comunicare direttamente e onestamente con il suo pubblico, stabilendo un rapporto personale senza eguali con milioni di persone, superando le barriere geografiche e sociali. Temple, il primo a filmare il gruppo dei Clash nel 1976, poi amico stretto di Joe negli ultimi 10 anni della sua vita, mette in evidenza come la vita di Joe sia la chiave per capire cosa significhi vivere al giorno d’oggi. La musica di Joe ha attraversato molti generi: rock, folk, reggae, cumbia, bhangra, Cuban son, musiche da tutte le parti del mondo che lui stesso amava, onorava ed interrogava. Fu questa capacità di capire, filtrare e rispecchiare le diversità a rendere le sue canzoni davvero universali, benché personali. Anche Joe aveva le proprie salde opinioni, ma erano parte integrante di un groviglio di contraddizioni, che rendono difficile la comprensione dell’uomo. Nonostante la sua compostezza, la sua istintiva diffidenza nelle gerarchie sociali, le sue contraddizioni sono sempre state evidenti.
Sapete cosa significa Clash in inglese?
Scontro. E cos’è la musica dei Clash se non scontro?
Una volta ho ascoltato in radio un intero programma sulla loro storia e su quella di Joe Strummer in particolare, il loro leader scomparso cinque anni fa, che è a dir poco mitica, nella piena accezione del termine. Ecco perché segnalo fortemente la pellicola che è probabilmente una delle uscite migliori della settimana.
Nomination della giuria al Sundance Festival del 2007, il film negli USA non ha convinto tutti.
Il regista Julien Temple è specializzato sui documentari musicali ne ha girati a pacchi su chiunque da David Bowie ai Culture Club passando per i Sex Pistols … e questa è un’ulteriore garanzia del prodotto, io credo.
E poi scusate Bono e Brigitte Barodot nuovamente sugli schermi nella parte di loro stessi ve li volete perdere? E la musica dei Clash? Io no.
Quattro stars virgola cinque ed una segnalazione speciale per i fan del gruppo tra i quali mio fratello Ruggiero che di solito non legge i miei blog. E fa male.
Rec
Titolo originale: Rec
Nazione: Spagna
Anno: 2007
Genere: Horror
Durata: 85′
Regia: Jaume Balagueró, Paco Plaza
Sito ufficiale: www.mediafilm.it/rec/
Cast: Manuela Velasco, Vicente Gil, Ferrán Terraza, Jorge Yamam, Carlos Vicente, Pablo Rosso, David Vert, Jorge Serrano
Produzione: Filmax
Distribuzione: Mediafilm
Trama: Angela é una giovane reporter; per una notte é chiamata a seguire, con il suo cameraman, l’operato dei pompieri della città, nella speranza che un incendio le possa garantire una grande storia da raccontare. Quando alla centrale arriva la chiamata di un’anziana signora intrappolata nella sua casa, sembra presentarsi l’occasione perfetta. Arrivati sul posto, i vicini raccontano terrorizzati di urla spaventose provenienti dall’appartamento della vecchia signora. Angela ha finalmente una storia da inseguire… ma non sa quello che gli aspetta una volta entrati dentro l’edificio… e sarà perfino troppo terrificante per poter essere raccontato.
Ho visto il trailer ed è subito evidente che lo specifico filmico si rifà, dopo il grande successo di Cloverfield, al nuovo filone Thriller Horror Movie in presa diretta. Un filone innaugurato ontologicamente con il film “The Blair Witch project”. Ulteriori elementi a suffragio di questa tesi qui.
Ora molto si è scritto e molto si è detto di questo nuovo genere. E dopo questo film molto si scriverà e molto si dirà ancora, forse troppo temo.
E’ un nuovo modo di girare che gioca essenzialmente su due elementi:
1) uno alquanto classico del genere thriller: il rapporto tra suspance e sorpresa;
2) l’altro è invece l’impressione di partecipare, con gli esistenti, agli eventi dello screenplay.
Il primo, ripeto, non è particolarmente innovativo, il secondo, che suggella, invece, le potenzialità del digitale fino al punto esaltarle a nuovo elemento formale, lo giudico più interessante.
Insomma l’adrenalina pompa di più e l’intrattenimento pure.
Il film è del 2007 ma esce ovunque nel febbraio del 2008, e si è aggiudicato una decina di premi in Spagna (e ciò sorprende di meno dal momento che il film è diretto e prodotto lì), in Francia ed in giro per altri festival. Credo, nonostante il suo successo, che Rec sia addirittura meglio di Cloverfield, ma staremo a vedere, sono pronto a scommettere che incasserà di meno ad esempio.
Da qui gli accredito quattro stars ed una potenziale visione in sala.
Tutta la mia vita in prigione
Titolo originale: In prison my whole life
Nazione: U.S.A., Regno Unito
Anno: 2007
Genere: Documentario
Durata: 94′
Regia: Marc Evans
Cast: William Francome, Mumia Abu Jamal, Snoop Dogg, Mos Def, Steve Earle, Alice Walker, Angela Davies, Noam Chomsky
Produzione: Fandango, Nana
Distribuzione: Fandango
Trama: Mumia Abu Jamal, giornalista ed ex membro delle Pantere Nere, nel 1982 viene condannato a morte per l’omicidio di un poliziotto. L’uomo sostiene di essere estraneo al fatto, ma nonostante l’interessamento di diverse organizzazioni umanitarie é ancora in attesa della sua esecuzione. Lo stesso anno della condanna a morte di Jamal, nasce William Francome, ora ventiquattrenne con una forte passione politica e con la consapevolezza che ogni minuto della sua vita un altro uomo é rinchiuso in isolamento ed aspetta di morire …
Nomination della giuria all’ultimo Sundance festival il film ha un mistero sulla data di uscita. Io ne avevo, proprio per questo già parlato, ne riparlo. Update (pare non sia uscito neanche questa volta).
Marc Ewans è un regista (Snow Cake) ma anche uno sceneggiatore di questo film ma anche di Beautiful Mistake (2000).
La Fandango co-produce questo film. Ora se alla Fandango co-producono qualcosa è perché credono non solo nel regista ma anche nelle storia, fidatevi.
Il dilemma è come mai negli USA il ranking del film supera appena la sufficienza. O non capiscono niente loro o è la Fandango. Uhm …
L’altro dilemma, e mi ripeto, è la data di uscita del film che non sembra una cosa univocamente accertata in rete. Ed anche questo non è un buon segno.
La storia è di quelle toste, ammettiamolo. Un uomo, quasi sicuramente innocente, che si batte per la sua libertà. Così tosto da che anche da dietro le sbarre continua a non tacere, basti pensare che il primo dei cinque libri da lui scritti è stato un best seller a New York – ed ha ricevuto il sostegno niente di meno che di Nelson Mandela, di Human Rights Watch, del Parlamento Europeo, della città di Parigi (cittadinanza onoraria ed una strada intitolata) e di Amnesty International, che ha chiesto addirittura la celebrazione di un nuovo processo (un uomo ha confessato all’avvocato di Jamal di essere il colpevole, ma la testimonianza non è stata presa in considerazione) e patrocinato il documentario (è la prima volta che una cosa del genere accade).
Insomma questo film è, probabilmente, un atto politico, un segno che esiste ancora un senso di giustizia, senso che il nostro paese, invece, sembra avere smarrito.
Penso a tante cose mentre rifletto su questo plot, ed immagino l’orrore che può celarsi dietro una vicenda come questa.
Ma non so farmi un’idea della resa filmica di tutto questo.
Comprendo un po’ di più, però, l’impegno della Fandango … anche se questo non risolve la questione dello specifico filmico.
Mi tengo sulle tre stars per rispetto ad una questione morale che, in casi come questi, è più importante di quella cinefila. Assolutomente cavoli.
Fine pena mai
Titolo originale: Fine pena mai
Nazione: Italia, Francia
Anno: 2007
Genere: Drammatico
Durata: 90′
Regia: Davide Barletti, Lorenzo Conte
Cast: Claudio Santamaria, Valentina Cervi, Danilo De Summa, Giuseppe Ciciriello, Daniele Pilli, Giorgio Careccia, Ippolito Chiariello, Giancarlo Luce, Ugo Lops
Produzione: Classic Srl, Verdeoro Srl, Paradis Films
Distribuzione: MIKADO
Trama: Liberamente tratto dal romanzo autobiografico “Vista d’interni”, il film narra la storia di Antonio Perrone, condannato a 49 anni di carcere, scontati in stato di isolamento totale secondo l’articolo di legge 41 bis. All’inizio degli anni Ottanta, Antonio Perrone è il primogenito di una benestante famiglia salentina. Ma la sua natura è irrequieta e, come tanti ragazzi di quell’epoca, sogna un futuro migliore, libero dai vincoli sociali. È il sogno di una vita al massimo. Quando si innamora della giovane Daniela sembra sul punto di realizzare i suoi desideri. Antonio vuole di più, sempre di più, entra nel mondo dello spaccio di droga, divenendo con l’incoscienza di un giovane romantico, protagonista di folli scorribande alla conquista del territorio. La sua corsa è inarrestabile: intraprende una serie di rapine fino a diventare un vero e proprio boss della neonata Sacra Corona Unita, la cosiddetta Quarta mafia, che tenne sotto ricatto, per un decennio, una regione fino ad allora vergine. Il suo sogno si è trasformato in un incubo. Se Perrone è un criminale dalla parabola insolita e drammatica, la Sacra Corona Unita è una mafia che presenta un percorso innovativo e anomalo rispetto alle altre mafie. Ultima a essere nata, tutti i suoi riti di iniziazione, la sua struttura verticistica, il suo codice d’onore nascono da una mescolanza e riedizione delle vecchie tradizioni malavitose. È una mafia violenta e irrazionale. Perrone finisce schiacciato dai suoi meccanismi e il suo percorso culmina in maniera tragica. L’epilogo della propria vita sarà una pena che sconterà senza fine. Mai.
Non si sa perché ma in Italia si va a momenti. Adesso è quello di Claudio Santamaria. Accendi la televisione e te lo ritrovi per la seconda volta nell’incerto film di Marco Turco sulla vita di Rino Gaetano (niente a che vedere con “In un altro paese“, basato sul romanzo di Alexander Stille, per dire). Da dopo l’uscita di “Romanzo Criminale” poi, il nostro lo vedo molto specializzato su personaggi malavitosi.
In effetti questa però potrebbe essere anche solo una sensazione.
Per motivi di georeferenziazione e per significanti pugliesi questa trasposizione dal letterario al filmico del romanzo autobiografico di Antonio Perrone, potrebbe essere, per certi versi, attribuibile alle tematiche espresse dal cinema del giovane Edoardo Winspeare, il regista che più di altri ha portato nelle sale il tema salentino.
E che ha finito di recente di girare un film sul valore estetico della legge (me lo ha definito personalmente lui così), sempre in quelle terre.
In realtà non è solo un film sull’ascesa e la caduta di Antonio Perrone, ma è, probabilmente, il tentativo, di vago sapore documentarista, di offrire uno squarcio sulla Sacra Corona Unita.
Non si farà mai abbastanza in Italia per contrastare i poteri mafiosi e questa cosa, per chi come me si è in passato interessato al tema, è problema antico e noto su cui il cinema ha sempre inciso assai poco ahimè.
Ben vengano, però, film come questi e registi che trovano ancora la forza ed il coraggio di denunciare certe situazioni.
Io nonostante ciò non mi fido dopo avere dato una visione coscienziosa al trailer.
Forse non tutti sanno che “Fine pena mai” è anche il titolo di un documentario di Enrica Colusso del 1995, per dire … lì però si parlava di ben quattro ergastolani.
Ora considerando che già la mia vita è una prigione, mi limito a due stars virgola cinque, e ad un cartellino giallo a Claudio Santamaria che prometteva e che promette meglio, e che può fare di più. Ma si dai.
Forse Dio è malato
Titolo originale: Forse Dio è malato
Nazione: Italia
Anno: 2006
Genere: Documentario
Durata: 90′
Regia: Franco Brogi Taviani
Cast:
Produzione: AGER 3
Distribuzione: Istituto Luce
Trama: Piccole storie che aprono spiragli e visioni sulla grande storia: un viaggio nell’Africa martoriata dalla guerra, la fame e l’Aids, attraverso il Mozambico, l’Angola, l’Uganda, il Senegal, il Cameroun ed il Sud Africa. Storie di bambini soldato e di bambini accusati di stregoneria. Di uomini e donne, soprattutto donne, che lottano contro la malattia, la miseria, la diaspora dell’emigrazione. Storie documentarie e di fiction che si intrecciano senza soluzione di continuità, amalgamate dalla colonna sonora che, attraverso le canzoni scritte appositamente per il film e cantate da una grande cantante sudafricana, si fa struttura narrante. Musica vitale e fantastica che si alterna al realismo spietato e tragico con cui si deve fare i conti. L’intento è quello di narrare la tragedia e la speranza di un grande continente. Tutti sanno che l’Africa è un continente in crisi, ma nessuno pare voglia rendersi conto quanto questa crisi possa coinvolgere il pianeta intero. “Tutto si è fatto globale, tranne le coscienze, specialmente quelle occidentali”. Il film da voce ai protagonisti, quelli veri, quelli nati lì, quelli per cui, spesso, l’orizzonte del futuro è limitato all’arco di una giornata. Voci e visioni che arrivano direttamente alla coscienza.
A parte il fatto che si capisce benissimo perché un film, tratto da un libro di Walter Veltroni, esca nelle sale proprio nel bel mezzo della campagna elettorale, ed a parte il fatto che è stato co-prodotto dal Ministero degli esteri, l’opera è uno di quei film che volentieri segnalo perché, nonostante tali ambigue premesse, la ritengo davvero degno di nota.
Molto sappiamo della condizione dell’Africa … e mi ritornano in mente alcune sequenze de “L’assedio” del maestro Bernardo Bertolucci (toh guarda anche lì c’era Claudio Santamaria), ma troppo è ancora, invece, sommerso.
Il valore di questo film, oltre alla cruda bellezza delle immagini, è proprio il suo forte imprinting documentarista inserito in un contesto di una pellicola che si avvale, però, di una reale struttura narrativa.
Forse non tutti sanno che Franco Brogi Taviani è anche lui un fratello Taviani. Un terzo fratello Taviani.
Quattro stars ma cartellino giallo a Veltroni. E dai e stacci.
Il mattino ha l’oro in bocca
Titolo originale: Il mattino ha l’oro in bocca
Nazione: Italia
Anno: 2008
Genere: Commedia
Durata: 100′
Regia: Francesco Patierno
Cast: Elio Germano, Laura Chiatti, Martina Stella, Gianmarco Tognazzi, Donato Placido, Carlo Monni, Corrado Fortuna, Dario Vergassola
Produzione: Rodeo Drive
Distribuzione: Medusa
Trama: Liberamente Firenze, primi anni Settanta. Marco (Elio Germano), un giovane come tanti che vive ancora in famiglia. Marco ha una fidanzata, Cristina (Martina Stella), e non sa bene cosa fare della sua vita. Ha una sola certezza: la passione per la musica. Inizia a fare il deejay in una discoteca dove viene notato da Aniello Apicello (Antonio Buonomo), direttore di una nascente radio privata, che gli affida un programma del mattino. Grazie a una buona dose di fortuna, il suo programma decolla. Il successo non toglie però a Marco quel senso di inquietudine che lo accompagna. Gli manca l’emozione vera che giungerà un bel giorno con la sua entrata in una sala corse. Da quel momento la vita di Marco cambia. Dopo una prima esaltante vincita di seicentomila lire, la sua carriera di scommettitore segue il percorso comune ai più. Alti e bassi, ma soprattutto bassi. Marco inizia a perdere più soldi di quei pochi che ha. Sorprendentemente, però, le cose sul lavoro iniziano ad andare sempre meglio. Aniello gli aumenta lo stipendio ma lo inizia anche al poker, e non basta neanche il doppio lavoro di deejay in discoteca a coprire i debiti che inizia ad accumulare. Ancora una volta la fortuna lo aiuta: viene notato da Cecchetto (Dario Vergassola e chiamato a Milano per un provino a Radio Deejay. Il gioco sembra dimenticato, buttato dietro le spalle. Le prime trasmissioni di prova non vanno bene, gli manca il ritmo giusto. Non sa che fare. Tutto solo, in una città enorme e con la paura di dover tornare alla vita di prima, si ritrova dopo un vagabondare davanti ad una sala corse. Entra e la vita, come d’incanto, torna ad essere elettrizzante. Anche il lavoro sembra andare a gonfie vele: è finalmente pronto per la sua prima vera trasmissione radiofonica. Arriva il successo tanto desiderato e contemporaneamente le prime batoste al gioco. In poco tempo la sala ippica diventa la sua seconda casa, e quei pittoreschi personaggi che la popolano, la sua famiglia. Nemmeno la relazione con Cristiana, la graziosa cassiera della sala corse (Laura Chiatti) sembra farlo desistere dalla sua insana passione. In radio Cecchetto gli affianca Fiorello (Corrado Fortuna) e con la trasmissione radio Deejay i due decollano. Purtroppo anche i debiti…
Il film è ispirato alla vera storia di Marco Baldini il DJ che deve gran parte della sua attuale fama al tandem con Fiorello in “Viva radio Due“, ed è una storta di trasposizione dal lettarario al filmico del romanzo che lui stesso ha scritto: “Il giocatore, ogni scommessa è un debito“.
Ora le cose che veramente m’intrigano di questo film sono le seguenti.
La prima è che ho molto amato il film Pater Familias del regista napoletano Francesco Patierno, architetto, classe 1964, che proviene dal creativo mondo della pubblicità e che, con quel suo primo film, ha messo in cassaforte la stima e la considerazione di molti critici. Oltre che la mia, ovviamente. La mia recensione a quel film è qui. Anche in quel caso la pellicola era una trasposizione dal letterario al filmico di un romanzo e precisamente di quello omonimo di Massimo Cacciapuoti.
Il film aveva un budget molto basso, ma fu girato con grandi capcità ed intenti innovativi sul linguaggio audiovisivo.
L’altra è la simpatia che nutro per Baldini e Fiorello che, bisogna pure ammetterlo, in un contesto di decadenza generale, stanno dimostrando, anche grazie al contributo di autori bravi come il mio amico Riccardo Cassini, che si può abbinare qualità ad audience.
Ed allora mi dico se Patierno ha intravisto un film nel romanzo di Baldini e per dirla con Venoresi ha intravisto il cinema nel romanzo io dico che la cosa merita la giusta attenzione.
Aggiungete a queste due consitenti motivazioni le capacità attoriali di Elio Germano e di Laura Chiatti ed ecco che abbiamo sul piatto qualcosa d’interssante.
Persino negli spazi dell’ampio parcheggio del mio centro sportivo a Roma troneggia un manifesto gigante del film. Segno che Patierno intende, e non di poco, allargare il bacino dei suoi estimatori … ed è questa, peraltro, l’unica riserva. Mi accorgo solo ora che nel cast c’è Dario Vergassola nel ruolo di Claudio Cecchetto, bah …
Quattro stars sulla fiducia a Francesco Patierno.
Jumper Senza Confini
Titolo originale: Jumper
Nazione: U.S.A.
Anno: 2008
Genere: Avventura, Drammatico, Fantascienza
Durata: 88′
Regia: Doug Liman
Sito ufficiale: www.jumperthemovie.com
Cast: Hayden Christensen, Samuel L. Jackson, Diane Lane, Jamie Bell, Rachel Bilson, Katie Boland, Brad Borbridge, Adam Chuckryk, Nathalie Cox, Tom Hulce, Michael Rooker, Sean Baek
Produzione: New Regency, Hypnotic
Distribuzione: 20th Century Fox
Trama: Il film racconta le avventure di un giovane che scopre di possedere delle doti incredibili che gli permettono di teletrasportarsi in qualsiasi parte del mondo. Andare da New York a Tokyo, dalle rovine di Roma alle remote zone del Sahara, tutto è possibile per David Rice (Hayden Christensen), fino a quando non inizia a capire che la sua libertà non è totale e che non è solo ma fa parte di una guerra globale ancora in corso, che minaccia la sopravvivenza della sua straordinaria razza. David Rice è cresciuto con un misterioso potere che molti hanno sempre sognato di possedere. Lui può arrivare ovunque ed è in grado di spostarsi per mezzo di varchi nella struttura temporale in ogni città, edificio o luogo che la sua mente possa immaginare. Fino a questo momento, ha utilizzato i suoi poteri per scappare dal passato e per ottenere delle ricchezze infinite che gli permettano di rimanere assolutamente indipendente. Non ha mai conosciuto limiti, confini e conseguenze. O un vero legame. Fino ad ora. Quando David scopre un altro giovane come lui, un fiero e ribelle giramondo di nome Griffin (Jamie Bell), inizia a capire la verità sulla sua esistenza. Non è soltanto un fenomeno della natura isolato, ma fa parte di una lunga tradizione di persone con anomalie genetiche conosciute come Jumper, nessuno dei quali è al sicuro. Ora, David è stato scoperto da un’organizzazione segreta che ha giurato di uccidere lui e tutti i Jumper. Così, sta per essere inseguito senza sosta in una caccia che lo porterà a girare tutto il pianeta, mentre diventa un elemento fondamentale in una battaglia invisibile alla maggior parte degli esseri umani, ma che si svolge fin dalle epoche più remote.
Ora la cosa che mi corre l’obbligo di segnalare sotto il profilo squisitamente cinefilo è che la costruzione della nuova mitologia cinematografica da (quasi) 100 milioni di dollari (in realtà non così evidenti pare, a parte le riprese miste in location autentiche vedi il Colosseo, e teatri di posa), gli spunti provengono da due romanzi di Steven Gould (l’omonimo “Jumper” e “Reflex”).
Visivamente il riferimento formale cardine pere essere invece “Matrix”: in qualità di supervisor dei visual effects, infatti, segnalo Joel Hynek che, ulteriormente sviluppando gli spunti del film dei fratelli Wachowski, ha utilizzato molteplici macchine da presa fisse con otturatore variabile per riprendere l’azione in sequenza e creare così effetti sfocati e prolungati, una sorta di motion-control complesso e accuratamente coreografato, il vecchio sistema “stop and action” e 5-6 controfigure della coppia di Saltatori.
Con l’idea di fondo di rendere la prospettiva del teletrasporto soggettiva e ottenere così un maggiore coinvolgimento del pubblico. E si, sto pubblico ormai deve entrare nel film … sembra questa il nuovo imperativo categorico formale.
Il regista Doug Liman si è messo particolarmente in luce per il film The Bourne Ultimatum del 2007.
Il rating USA è molto basso. Io non conferisco più di tre stars vigola cinque.
Ci credete se vi dico che appena postato vado al Colosseo a mangiare la pizza? Credeteci.
Prospettive di un delitto
Titolo originale: Vantage Point
Nazione: U.S.A.
Anno: 2008
Genere: Drammatico, Thriller
Durata: 90′
Regia: Pete Travis
Sito ufficiale: www.vantagepoint-movie.com
Cast: Forest Whitaker, Matthew Fox, Sigourney Weaver, Dennis Quaid, William Hurt, Zoe Saldana, Eduardo Noriega, Richard T. Jones, Edgar Ramirez, Penelope Kaufer, Ayelet Zurer
Produzione: Original Film
Distribuzione: Sony Pictures Releasing Italia
Trama: Otto estranei, da otto punti di vista differenti, cercano di scoprire l’unica verità dietro il tentativo di assassinare il Presidente degli Stati Uniti. Thomas Barnes (Dennis Quaid) e Kent Taylor (Matthew Fox) sono due agenti dei servizi segreti che hanno l’incarico di proteggere il presidente Ashton (William Hurt) durante un fondamentale summit sulla guerra globale al terrorismo. Quando il presidente viene colpito da alcuni spari dopo il suo arrivo in Spagna, si scatena il caos e diverse vite si incrociano per dare la caccia al colpevole. Tra la folla c’è Howard Lewis (Forest Whitaker), un turista americano che pensa di aver inquadrato il cecchino con la sua videocamera mentre riprendeva l’evento per i suoi ragazzi rimasti a casa. Sul luogo, a raccontare questo storico evento a milioni di telespettatori in tutto il mondo, c’è la produttrice giornalistica americana Rex Brooks (Sigourney Weaver). Quando loro e altre persone rivelano le storie che hanno vissuto, i pezzi del puzzle iniziano ad andare al loro posto e diventa chiaro che dietro a questi eventi si nascondono dei segreti scioccanti.
Il film pare che abbia sbancato negli USA di recente.
A parte un cast all stars non intravedo tracce che mi seganalino il genio. Tutt’altro. Basso il rating USA. Regista pseudo sconsciuto e proveniente dalle TV series made in USA.
Classico blokbuster da una seata sfigata pizza e birra.
Due stras virgola cinque e abbasso i Warner Village.
La rabbia
Titolo originale: La rabbia
Nazione: Italia
Anno: 2007
Genere: Drammatico
Durata:
Regia: Louis Nero
Sito ufficiale: www.altrofilm.it
Cast: Franco Nero, Níco Rogner, Giorgio Albertazzi, Tinto Brass, Lou Castel, Arnoldo Foà, Philippe Leroy, Corso Salani, Corin Redgrave, Faye Dunaway
Produzione:
Distribuzione: L’Altrofilm
Trama: Un giovane regista, sui 25/30 anni é assolutamente determinato a lasciare un segno del suo passaggio sulla terra, realizzando un film. Il progetto é ambizioso ma non é facile portarlo a termine; tra incontri/dibattiti con due suoi amici sceneggiatori ed i discorsi con il suo mentore, un regista ripudiato dal suo stesso ambiente, trova il tempo di scontrarsi con le ragioni del produttore, attento alle leggi di mercato. Decide così di derubare una banca per prodursi il film, per poi accorgersi che anche la distribuzione non é impresa agevole …, ne varrà la pena?
Avete letto il cast? Giogio Albertazzi, Franco Nero, Tinto Brass, Arnoldo Foà, Faye Dunaway, no dico Faye Dunaway???? Ma vi siete fumati l’impossibile prima di accettare?
Un film che parla di un film e delle difficoltà che s’incontrano nella realizzazione del progetto.
E allora?
Il titolo è ehm impegnativo … credo che, infatti, Giovanni Guareschi e Pier Paolo Pasolini ne avessero girato uno omonimo nel 1963, se non erro.
Insomma il regista di Golem, Pianosequenza, Hans, che non ritengo passeranno mai alla storia del cinema, nonostante le intnzioni molto elevate, alza ulteriormente il tiro in questo film nel quale arriva addirittura alla citazione felliniana.
Mi chiedo come abbia convinto un cast del genere. Con qualche ricatto, ho paura … al momento mi pare l’unica spiegazione plausibile.
Due stars virgola cinque.
Misteri sempre fitti del cinema italiano. Che cercherò di comprendere alla serata del Davide di Donatello dove sono stato invitato. E vai.
Rendition – Detenzione illegale
Titolo originale: Rendition
Nazione: U.S.A., Sudafrica
Anno: 2007
Genere: Thriller
Durata: 120′
Regia: Gavin Hood
Cast: Reese Witherspoon, Jake Gyllenhaal, Meryl Streep, Alan Arkin, Skylar T. Adams, Robert Clotworthy, Coco d’Este, David Fabrizio, Bob Gunton, Bob Gunton
Produzione: Anonymous Content, Dune Films, MID Foundation, New Line Cinema
Distribuzione: Eagle Pictures
Trama: Un ingegnere egiziano, Anwar El-Ibrahimi, che vive ormai da tempo negli Stati Uniti, sparisce durante un volo dal Sudafrica verso Washington DC. La moglie, americana, preoccupata dell’accaduto si reca presso la capitale per cercare di scoprire cosa realmente é successo… L’uomo in realtà é stato portato in Egitto per essere interrogato dalla polizia segreta egiziana, in quanto sospettato di far parte di un gruppo terrorista…
Il film è tra quelli della selezione di Roma Film Festival 2007.
“Il diritto di punizione corporale che un uomo esercita su di un altro è una delle piaghe della società; è un mezzo sicuro per soffocare ogni germe di civiltà e di provocare la sua decomposizione” scrisse Dostoevskij,
A distanza di oltre un secolo, spesso proprio in nome di quella “civiltà”, le torture però ahimé continuano ad avvenire.
Uno dei contesti sono la “extraordinary rendition”, una pratica che consente il rapimento di cittadini stranieri residenti negli USA considerati una minaccia per la sicurezza nazionale, per essere detenuti e sottoposti a punizioni corporali in segrete prigioni oltreoceano.
La cosa, ammettiamolo, è brutta assai, e bisognerebbe contrastarla con altri mezzi. Veltroni la scelse credo non a caso per Roma Film Festa.
Il rating USA è scarso assai.
Non credo che gli accrediterei più di tre stars.
Buon fine settimana a tutti … e scusate il ritardo dell’uscita.
A cura di cinemavistodame.
Hai senz’altro solleticato la mia attenzione con alcuni di questi film, su tutti Persepolis che andro’ di sicuro a vedere.
Grazie
Dona
[…] http://cinemavistodame.wordpress.com/2008/02/28/i-film-in-uscita-dal-29-febbraio-2008/Ci aiuta a comprendere molto le difficoltà di una donna che cerca di crescere in un paese come l’Iran, mentre intorno a lei avviene come come una sorta di progressiva caduta dei valori nei quali, da bambina, era stata educata tramite la … […]
@ Lilith Persepolis merita. Certo competeva con Ratatuille per l’Oscar che non preso. Io credo che il film sui Clash meriti più di Fine pena mai, anche se il Salento riserva sempre sorprese. Anche il film di Patierno su Baldini potrebbe valere la pena. Il regista mi colpì molto don Pater familias.
Un saluto.
Rob.
Ho visto Prospettive di un delitto: non c’è genio, ci hai preso. Se ti va vieni a leggere da me la recensione. Tra gli altri vedrò Persepolis (dopo essermi persa l’anteprima) e poi… mi incuriosisce Fine pena mai.