cinemavistodame.com di Roberto Bernabò

Mars dove nascono i sogni | di Anna Melikian

Russia 2004

Analisi di eventi esistenti, e linguaggio audiovisivo

Mars: dove nascono i sogni

titolo originale: Mars
nazione: Russia
anno: 2004
regia: Anna Melikian
genere: Drammatico
durata: 97 minuti colore
Regia: Anna Melikian
Soggetto e sceneggiatura: Anna Melikian
Direttore della fotografia: Oleg Lukichev
Montaggio: Ivan Lebedev
Scenografia: Uliyana Ryabova
Costumi: Marina Ananyeva
Musiche originali: Aleksey Aigi
Suono: Alexandre Kopeikin
CAST
Boris: Gosha Yuri Kutsenko
Greta: Nana Kiknazde
Grigorij (Grisha): Artur Smolianinov
Galina: Yevgeniya Dobrovolskaya
Vera: Elena Morozova
Ragazza con la treccia: Yana Esipovitch
Produttori: Rouben Dishdishian & Sabina Yeremeeva
Produzione: Central Parternship in collaborazione con Studio Slon con il supporto del Ministero della Cultura della Federazione Russa
Distribuzione Italiana: Officine UBU – distribuzione@officineUBU.com – www.officineUBU.com


Premio dei Produttori 13° Kinochoc – Anapa F.F.
Berlin International Film Festival 2005
Seattle International Film Festival 2005
Mar del Plata International Film Festival 2005
Edinburgh International Film Festival 2005
Bergen International Film Festival 2005
Wies-Baden International Film festival 2005
Warsaw International Film Festival 2005
Taipei International Film Festival 2005
Revelation Australian Film Festival 2005

Sinossi: Sperduto in mezzo al territorio post sovietico c’è un paese chiamato, in omaggio al padre del Comunismo, Marks. Ma che succede quando il fattore K si perde per strada?
Mars è come la Russia attuale, un luogo di frattura e straniamento, attesa febbrile e possibilità, un cantiere in evoluzione esplosiva in cui convivono le rovine di ciò che fu e le fantasie immaginifiche di ciò che può essere. Ne avrà una vaga idea Boris, pugile in fuga da qualcosa o qualcuno: catapultato quasi per caso in questo coloratissimo purgatorio, si trascina narcolettico e alieno alla ricerca della sua strada. Intorno a lui, centinaia di peluches di ogni foggia e dimensione: sono prodotti dalla fabbrica locale, che li usa anche come moneta per pagare i dipendenti. La presenza del laconico boxeur che conosce il mondo non può passare inosservata nella comunità, ed infatti attira le attenzioni di un gruppo di particolari personaggi, tanto più vitali quanto a disagio nel loro presente: la piccola e pragmatica Nadya, l’ingenuo ed entusiasta Grigorij, l’eterea bibliotecaria Greta e tutte le altre bizzarre epifanie Marsiane che spingono sulle pareti dei propri bozzoli nella speranza di un futuro che li porti lontano, verso i loro sogni. Ognuno vorrebbe essere altrove, chi a Mosca, chi a Parigi… per cambiare il proprio destino. Sogni che si specchiano con lo stesso desiderio di fuga di Boris. Nel giro di appena ventiquattr’ore i loro destini fibrillanti si incroceranno con quello dello straniero e cambieranno per sempre: in particolare Boris, Greta e Grigorij vivranno un triangolo dolce-amaro dove l’amore non seguirà i desideri dei protagonisti. La repentina partenza forzata di Boris determinerà un triste epilogo, a cui però la potenza dell’amore di Grigorij donerà una nuova vitalità, sfuggente dalla realtà; una versione cinematografica delle aeree figure di Marc Chagall. Una pellicola visionaria, che nella sua leggerezza guarda critica alla realtà politico-sociale, e che proietta la tradizione russa dell’assurdo e del grottesco verso le moderne tendenze della commedia agrodolce ‘indie’ con sguardo fresco ed acuto.

La Russia – una galassia sempre più lontana – a cura di Roberto Bernabo’

In questo post:

  1. Introduzione
  2. Specifico filmico
    • L’uso della macchina da presa
    • Una narrazione allegorica
  3. Gli eventi – una vista strutturale
  4. Russia e USA in fuga da loro stesse
  5. Lo specifico onirico
    • Il sogno
  6. i riferimenti cinéphile
  7. Conclusioni: Un cinema russo introspettivo ma finalmente colorato e vivo

1. Introduzione

Non lo so se capita anche a voi. Davvero non lo so. A me in genere in questi casi capita così.

Ti siedi in un poltrona centrale. Guardi le pubblicità, i prossimamente.

Un trailer ti colpisce e magari pensi, ma guarda però questo film … l’avevo sottovalutato invece … (Questo è il caso, ad esempio di Nessuna qualità agli eroi). Come mio solito divago.

Poi inizia la pellicola per la quale sei entrato.

Inconsciamente già il piccolo cartoon delle delle Officine UBU ti suggerisce che stai per assistere a qualcosa di unico. Di speciale. Sarà anche il fatto che sei al Cinema Farnese a Campo de Fiori a Roma, una delle sale che in genere ospita le proiezioni di Roma Film Festa.

Sarà che il film non è recentissimo, ed hai capito che la regista ha vinto altri premi con un film successivo a questo del 2004.

Sarà che non è che di film russi se ne vedano tantissimi in Italia.

2. Specifico filmico 1) L’uso della mdp

Poi davvero inizia il film. E’ solo a  questo punto che le persone intorno a te, in genere in questo tipo di sale per cinefili pensa te, smettono FINALMENTE di chiacchierare.

Così improvvisamente non sei più a Roma, al cinema Farnese.

No. Ti trovi catapultato in un’angusta inquadratura che elimina quasi il 40% del campo visivo.

Pensi … sarà una finestra.

Poi lentamente la mdp si muove. In avanti. L’inquadratura si allarga sempre più.

Esce dalla finestra, ed il campo improvvisamente ritorna wide screen. Ti ritrovi su al centro di una sequenza girata ad un tavolino di un bar di una cittadina della Crimea, Mars, dove due esistenti un ragazzo innamorato ed una barista che soffre di solitudine, assurdi, dialogano davanti ad un campo lungo che letteralmente ti leva il fiato.

L’inquadratura è al tempo stesso fissa sui due esistenti ma ti garantisce la visione di un panorama che levati.

Un orizzonte, una montagna che degrada sul mare.

O forse è un lago, si probabilmente è un lago. Ma l’effetto è lo stesso.

Poi improvvisamente ecco che appare Greta, ed allora la mdp dopo averla seguita sull’orizzonte, quasi un orizzonte degli eventi, ma lo capiremo in seguito, ne inquadra, in primissimo piano, quasi in dettaglio, i piedi mentre inizia a piovere.

L’immagine adesso si tinge di verde. E questo potere evocativo dei colori, questa prevalenza cromatica, sarà uno dei tratti distintivi lo specifico filmico di Anna Melikian.

Ed è lì che capisci che sei entrato in relazione con un’autrice che ti ruberà l’anima, probabilmente per sempre.


Così come quando il pugile Boris si sveglia e dal finestrino del treno fermo nella stazione di Mars, vede un elefante blu fare capolino dal finestrino.

E’ un immagine assurda. Che sembra venire più da un sogno che dalla realtà.

Un’immagine che spaventa infatti anche Boris.

Un pugile, mica una mammoletta.


Da quel momento in poi rimani rapito dal film, dalle sue atmosfere evanescenti, dai suoi esistenti tutti, al tempo, stesso reali e surreali, felici e disperati, proiettati, ancorati, loro malgrado, saldamente alla loro vita ed, in egual misura, attratti da una forza centrifuga che desidera solo, invece, scaraventarli via di lì.

2. Specifico filmico 2) Una narrazione allegorica

Den.

Primo elemento metaforico, ed allegorico.

Cosa significa quell’ambientazione?

Questo incontro scontro tra gli esistenti?

Tra ciò che comunque già non funziona più in quella cittadina, ed il nuovo che avanza e che forse funziona ancor meno degli indigeni.

Ecco, questa è una delle tante chiavi di lettura per comprendere che Mars dove nascono i sogni è un film che è al tempo stesso tanto visionario quanto drammatico nel suo svolgersi e nel suo epilogo.

Tragedia e farsa non sono forse, da sempre, due elementi contigui del dramma?

3. Gli eventi – Una vista strutturale

Torniamo però per un momento agli eventi. Ed analizziamoli, insieme, dal punto di vista della struttura dell’impianto narrativo (Attenzione passaggio molto spoiler, ma anche no).

Detta in due parole Mars narra per il tramite di un canovaccio classico della narrazione filmica.

Una persona, delusa della sua vita parte senza una meta, alla ricerca di se stesso, o forse, assai più semplicemente cerca di fuggire da se stesso, che sono poi, a rifletterci, due facce della stessa medaglia.

Approda in un posto, nel caso di specie la città di Mars, ma dal punto di vista della struttura ciò è assolutamente irrilevante.

Incontra persone che non conosce e che ne altereranno, definitivamente e drammaticamente, lo stato di equilibrio preesistente.

Per poi essere raggiunto dai guardiani della soglia della sua vita, essere ricondotto sulla dritta via, che però permane quella sbagliata, dalla quale stava tentando di scappare, lasciando dietro di se distruzione, tristezza e morte. (Fine passaggio molto spoiler, ma anche no).

4. Russia e USA in fuga da loro stesse

Raccontato così, e vi assicuro che in questo specifico aspetto, il film potrebbe assomigliare a tanti altri, sta voi ricerconoscerli, insomma Mars racconterebbe e probabilmente racconta di una fuga da se stessi non riuscita.

Certo che è buffo, pensavo, che un film russo in questo assomiglia in tutto e per tutto ad un film americano.

Che cos’è infatti “Into the wild” di Sean Penn, se non un fuga non riuscita dalla società a cui l’esistente tenta di ribellarsi?

Anche se nel film americano l’esistente in fuga muore, mentre in questo a morire è la pseudo amante di un giorno, nonché potenziale fidanzata del terzo protagonista dell’intreccio.

Ed anche se, a rifletterci bene, tornare ad una vita, quello di boxer suonato, non è forse una morte un po’ peggiore?

Ovviamente quello che fa la differenza, o meglio quello che fa sempre la differenza non è il cosa, ma il come.

E qui.

E qui signori arriva la potenza di questa pellicola.

Perché una cosa è certa, ragazzi.

Questa regista russa, che io amerò per sempre oramai, usa la macchina da presa come Toscanini usava lo Stradivari o Maradona, per essere un po’ più prosaici, il suo piede sinistro.

Qualcosa di sublime ad ogni tocco.

Qualcosa di geniale ad ogni cambiamento d’inquadratura.

Qualcosa d’irripetibile ad ogni ricerca di un nuovo codice visivo.

Ma in quale altro film troverete filmato il daltonismo, che giustifica, sia sul piano logico che su quello formale la visione di mele blu.

5. Specifico onirico

In effetti mi domandavo ieri quale fosse la matrice più radicale del film.

Come qualcuno un giorno m’insegnò … sarebbe da ricercare nel titolo.

E la storia del titolo è anche questa complessa.

Un po’ è racchiuso nel nome di una città che è, a sua volta, il nome del celebre Karl Marks, anche se qui, ne siamo certi, qualcosa si perda nella traduzione, come direbbe Sofia Coppola, a cui sarebbe caduta la K.

5.1. Il sogno

L’altro elemento è il sogno.

In questo secondo aspetto il film, in effetti, sembra girato con la materia dei sogni.

Quella che citai a proposito del film di Michal Gondry “L’arte del sogno” o altrimenti conosciuto comeThe scince of sleep“.

Del resto le animazioni di quel film non si rifacevano a quelle del cinema russo, vedete che tutto torna nelle mie strampalate intuizioni?

Eh si credo che il film che maggiormente si avvicini a questo sia proprio quello.

I salti di consecuzione temporale e logica appaiono i medesimi.

Così come lo sono alcuni elementi specifici.

Un amore non corrisposto appieno.

Sequenze decisamente surreali.

Persone che dormono e poi si svegliano.

L’idea dell’eroe di sfuggire a se stesso ed il tema dell’accettazione del se.

6. I riferimenti cinéphile

La citazione di altri generi e film. Lì meno esplicite, qui addirittura urlate (es. Casablanca di Micheal Curtiz.)

Nel caso di specie molte delle citazioni di genere vanno verso il cinema di pugilistico, il ring, le luci dei fari, vera ossessione di Boris, che continuamente rivive il colpo o i colpi del/dei knockout

La sequenza di un esistente che vola.

Ma tutto questo non rende giustizia allo specifico filmico di Anna Melikian che, non ce lo dimentichiamo, è una regista russa della Crimea.

Per quanto anche se con l’ausilio di una splendida colonna sonora, che se esce sul mercato sarà mia lo giuro, la Melikian sa alternare sequenze con ambientazioni francesi, americane, felliniane, il suo è un cinema decisamente russo.

Ma non quel cinema russo a cui siamo abituati come cinefili.

Quello delle avanguardie o della scuola di cinematografia.

Quello di Sergej Michajlovič Ejzenštejn per intenderci o quell’altro di Mikhail Kalatozov.

7. Conclusioni: Un cinema russo introspettivo ma finalmente colorato e vivo

Ma un cinema russo nuovo colorato, visivo, innovativo, allegorico, evocativo, sapiente nell’immagine e nell’inquadratura, tanto quanto nella capacità del non raccontare una storia, ma, piuttosto, la sua emozione visivo – onirica.

Quasi come se la regista indagasse ed inquadrasse non fuori ma dentro gli esistenti.

I loro stati d’animo, le loro disperazioni, i loro desideri, le loro frustrazioni, le loro angosce esistenziali.

Evocative ed allegoriche di un paese fermo, superato dal suo passato, e non ancora raggiunto dal suo futuro, dalle viti immobili, bisognose che qualcuno arrivi a trascinarle via, come chiederà Greta a Boris, ma non un qualcuno anche lui instabilmente alla ricerca di se stesso.

Ed è in questo specifico aspetto, che il film raggiunge tutto il suo potenziale di asfissiante drammaticità … non tanto nell’epilogo o negli epiloghi anche delle piccole storie cornice, che ci parlano pur sempre tutte dello stesso dramma.

Ma tutto questo è reso, nonostante tutto, con un tocco di leggerezza, di creatività che fa pensare più ad un mondo gaio che non alla grevità che affligge un po’ tutti gli esistenti, un tocco ricco di riferimenti iconografici, denso di evocazione, quasi come se l’immagine rivelata fosse solo il pretesto per lasciarcene immaginare mille altre.

Come nella sequenza in cui gli esistenti vagano per una città deserta con l’auto e la mdp indaga la via in una soggettiva che ci richiama il cinema della nouvelle vague francese.

Ma anche come nella sequenza, ricorrente, di un cielo stellato che si allontana … sarà l’evocazione del sogno del socialismo marxista leninista, una galassia sempre più lontana, di cui non rimangono che le effigi delle statue, e che assurge a simbolo dello smarrimento degli esistenti?

Insomma un cinema criptico, kafkiano arrivo a dire, ma libero nella sua onirica indecifrabilità.

Una pellicola che ci lascia, ad esempio, con almeno due finali.

Uno logico, rigoroso, drammatico, quello della storia, ed un altro falso ed al tempo stesso poetico, quasi esoterico in cui Greta, la bellissima Greta, colei che ci ricorda che abbiamo tutti un destino, ma al quale essa stessa cerca di sfuggirvi, vola in una sequenza immaginifica sulla città coperta di neve, e si libra nel cielo, immagine pura di una finalmente raggiunta immortalità, che è quella che solo il cinema, quando raggiunge certe vette, può donare.

Fine

P.S. Da non perdere, in quest’ultima sequenza, è lo scorrere orizzontale dei titoli di coda, quasi un suggello del tentativo di ribellione alla logica ed alle cose consuete che questo film propone.

Un film nel quale, per una volta, non è così importante cogliere i significanti perché la sua sola visione è già di per sé una tale goduria per gli occhi … che la storia diventa, ve lo assicuro, una cosa assolutamente marginale.

Motivo per cui guardiamo al cinema di questa regista come ad un fatto molto importante nel panorama del movimento delle avanguardie internazionali contemporanee, una prospettiva altra di un’innovatrice del linguaggio audiovisivo, che è comunque padrona della capacità alchemica ed ancestrale di creare emozioni con le immagini in movimento.

Le inquadrature del ponte ferroviario da cui la protagonista si lancerà, o quelle del treno prese da sotto mentre il convoglio corre sopra la mdp, o quelle di lato prese dalla mdp a livello delle rotaie, valgano come intuizioni cardine del genio di questa regista.

—-

Chi è Anna Melikian

Nata l’8 febbraio 1976 a Baku, attuale capitale dell’Azerbaigian, Anna Melikian è considerata una delle più promettenti giovani registe della ‘wounded generation’ post sovietica.

Nel 1994 si trasferisce a Mosca e qui studia presso l’Istituto Nazionale di Cinematografia fino al 2002.

Nel 2001 collabora con diverse compagnie di post produzione tedesche. Dal 2002 lavora per la televisione russa, dirigendo documentari e programmi televisivi.

I suoi cortometraggi hanno vinto numerosi premi in molti Festival Internazionali, tra cui spicca il Premio della Giuria conquistato da Poste restante nel 2000 a Clermont-Ferrand, la più importante kermesse mondiale del settore.

Mars, il suo primo lungometraggio, di cui è anche sceneggiatrice, ha riscosso un grande successo di pubblico e critica al Festival di Berlino – Panorama 2005 e ha vinto il Premio speciale dei Produttori al 13° Kinochoc di Anapa. Il film ha ottenuto reazioni altrettanto positive in altri Festival, quali Seattle, Mar del Plata, Edimburgo, Bergen, e Taipei.

Il suo secondo lungometraggio, The Mermaid (Rusalka), nuovamente scritto da lei e salutato dalla critica come il nuovo Amelie, sta raccogliendo prestigiosi riconoscimenti: il Gran Premio della giuria al Sundance F.F. 2008 e il Premio FIPRESCI al Festival di Berlino 2008.

Filmografia

2007 The Mermaid (Rusalka)
2005 Mars
2002 Contrabass (corto)
2000 Poste restante (corto)
1999 Let’s fly (corto)
1998 Andante (corto)

Chi è Gosha Yuri Kutsenko (Boris)

Yuri Gosha Georgievich Kutsenko nasce il 20 Maggio del 1967 a Zaporizhzhia, in Ucraina. Suo padre era un manager di un’industria elettronica e sua madre era medico. Dopo il diploma di scuola media superiore, studiò alla Lvov Polytechnical Institute, ma prestò abbandonò gli studi per arruolarsi nell’esercito sovietico dove restò per due anni. Nel 1988 suo padre fu nominato Vice Ministro della Radio dell’Unione Sovietica e la famiglia si trasferì a Mosca dove Gosha cominciò, senza concluderli, gli studi d’Ingegneria. Nonostante un difetto di pronuncia che sembrava sbarrargli le porte della recitazione, nel 1990 Kutsenko riuscì ad entrare nella famosa Scuola d’Arte Drammatica di Mosca. Qui studiò recitazione con Ivan Tarkhanov imparando a controllare il suo difetto, prima di ottenere il diploma di attore nel 1992. Il suo debutto cinematografico fu Chelovek is komandy Alfa (1991) cui seguì Mummy from a case (1991). Nel periodo 1995-1997 prese parte ad un popolare TV show chiamato Partiinaia Zona su TV-6. Dal 1996 al 2000 insegnò recitazione presso l’Istituto Nazionale di Cinematografia di Mosca.

Kutsenko divenne famoso dopo il ruolo di protagonista in Mama, ne goryuy (1998), una popolare serie televisiva mentre il successo internazionale giunse con i vampireschi Night Watch (2004) e Night Watch 2 (2006), primi blockbuster russi ad imporsi in tutto il mondo.

Continua a recitare nei teatri, sia in parti di autori contemporanei sia interpretando i classici del teatro russo. Come se non bastasse il poliedrico Yuri è anche leader e cantante di un gruppo rock, gli Anatomy of Soul: in Mars lo si può sentire interpretare una ballata di sua stessa composizione.

Filmografia selezionata

2007 Paragraph 78
2006 Day Watch
2006 Night Watch 2
2005 Don’t cry Mommy 2
2004 Mars
2004 Night Watch
2003 Antikiller 2:Antiterror
2002 Stereoblood
2002 Antikiller
2002 April
1999 8 ½ $
1995 Burial of the Rats

Press Quotes

“Felliniano? Visionario? O semplicemente emozionale, fuori dagli schemi con quella spruzzatina di coraggio e sperimentazione? Sicuramente lo spettatore più attento non potrà non emozionarsi di fronte a questo piccolo film” – Vivilcinema

“In Mars si sommano tanti spunti originali, scene fantasmagoriche e personaggi simpaticamente bizzarri” – Gli Spietati

“È come vedere Stalker di Tarkovski sbattuto in un mondo di bizzarrie vistose e sottilmente disperate, colorato a festa da Tim Burton o Amelie” – Neil Young’s Film Lounge

“Questo film è il mio preferito del festival. Dopo anni di film sulla Russia cupi e tinti di ironia, questa pellicola semplicemente trabocca di vita, bellezza e idee visive […] Qui si parla della gioia estatica del filmmaking” – Three Imaginary Boys

“Un figlio strambo di Aki Kaurismaki e Jean Pierre Jeunet” – Ain’t it cool

“La fotografia è pazzesca, tutto è così colorato e brillante […] Un film strano e bellissimo” – A perspective on the Edimburgh International Film Festival

Note di doppiaggio

Doppiare un film magico come MARS è stata una sfida emozionante: l’assoluta originalità del linguaggio di questa straordinaria giovane regista richiedeva un’altrettanto assoluta fedeltà ai suoni e alle atmosfere che rendono il film indimenticabile.

Quindi nella scelta delle voci dei protagonisti il criterio è stato quello della somiglianza, non solo timbrica ma anche, soprattutto, espressiva: ciascun doppiatore ha ritrovato parte di sé nel suo personaggio, l’ha accompagnato in ogni parola e in ogni respiro, e l’ha amato.

Nella scrittura dei dialoghi italiani è stata appassionante la ricerca di un linguaggio che riproponesse l’asciuttezza, il realismo del testo russo ma anche la sua poesia e la sua drammaticità.

Infine la bravura e la sensibilità di artisti come Gioele Dix, voce di Boris, per citare solo il protagonista, e una direzione del doppiaggio e un mixaggio finale maniacalmente attenti alla versione originale, credo abbiano vinto la sfida di restituire inalterato al pubblico italiano questo piccolo gioiello di cinematografia.

Gabriella Fantini

Il distributore

Officine UBU è l’evoluzione di UBU Film, casa di produzione fondata nel 2001 a Milano da Franco Zuliani. Da sempre attenta alla promozione di nuovi talenti ed alla realizzazione di opere innovative e di qualità, UBU Film ha realizzato – oltre ad alcuni documentari – i pluripremiati lungometraggi La spettatrice e Fame Chimica, per la produzione dei quali Franco Zuliani ha ricevuto nel 2004 il Premio F.I.C.E. (Federazione Italiana Cinema d’Essai) come miglior produttore di film di qualità.

Nel 2006, Officine UBU ha esordito nella distribuzione in sala ed in Home video, mantenendo sempre lo stesso filo conduttore: la continua ricerca dell’originalità e della qualità. Il primo film distribuito è stato il cartone animato danese Terkel in trouble, ironico e pungente film danese ricco di messaggi riguardanti l’adolescenza e la famiglia, doppiato con la vena umoristica degli Elio e le storie tese, Lella Costa e Claudio Bisio.

Sempre nel 2006 è stato distribuito RIZE – Alzati e balla, esordio alla regia di David LaChapelle, che ha rappresentato un’importante svolta nella carriera dell’artista, da icona della fotografia pop internazionale ad impegnato regista cinematografico di successo, documentando come ragazzi,  dal vissuto problematico, riescano, attraverso la danza, a ritrovare una ragione di vita nei quartieri più poveri di Los Angeles.

Nel 2007 è stato distribuito Finché nozze non ci separino, caratterizzato da una galleria di personaggi coinvolgenti e situazioni tragicomiche; una deliziosa commedia sulle problematiche della coppia. L’edizione italiana è stata personalizzata con l’interpretazione di due canzoni da parte di DolceNera ed ha vinto due premi al MIFF 2007, Miglior Film e Migliore Sceneggiatura.

L’ultimo film distribuito in sala è stato Tideland – Il mondo capovolto, in cui Terry Gilliam ha dato sfogo al proprio estro immaginifico e surreale con un film fantastico e sconvolgente, in cui una bambina di dieci anni ed un ragazzo con la mente di un bambino della sua stessa età combattono  una battaglia a colpi di fantasia, uniche risorse per salvarsi dalla realtà.

Di prossima uscita in sala:

Solo un bacio, per favore (Un baiser s’il vous plaît) di Emmanuel Mouret (uscita cinema 9 maggio 2008). Una lieve e delicata commedia sulle conseguenze di un bacio, che ha conquistato il pubblico della Mostra del Cinema di Venezia 2007 – Giornate degli Autori. Con Virginie Ledoyen (The Beach, Otto Donne), Stefano Accorsi (Saturno Contro, L’ultimo Bacio, Romanzo Criminale), Julie Gayet (Il mio migliore amico) ed Emmanuel Mouret (Cambio di Indirizzo), definito dai critici francesi un nuovo Woody Allen.

Doppiaggio a cura di ADC Group

Adattamento: Claudio Beccari
Direzione doppiaggio: Gabriella Fantini
Fonico di Mix: Walter Tuzzeo
Mixage: ADC  Group – Milano

Voci italiane

Boris: Gioele Dix
Greta: Jasmine Laurenti
Grigorij (Grisha): Roger Mantovani
Ludmilla: Marina Thovez
Galina: Donatella Fanfani
Vera: Alessandra Karpoff
Donna con treccia: Debora Magnaghi

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[…] Ho la sensazione che questo film potrebbe essere interessante da vedere sotto diversi profili. Però non riesco a farmi un idea precisa anche se la promozione mi ha contattato per segnalarmi il ritardo ed esattamente il 28 marzo 2008, grazie, per ora tre stars, ma potrebbero aumentare dopo la visione in sala. E infatti sono aumentate a cinque. Qui il mio link alla mia recensione che poi è qui. […]

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[…] La Russia – una galassia sempre più lontana – a cura di Roberto Bernabò è qui. […]

fmmasala
16 anni fa

Mars: dove nascono i sogni

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utente anonimo
16 anni fa

Un altra cosa: interessante e molto bella la storia della casa di produzione UBU, che lascia spazio al cinema d’autore… La spettatrice di Paolo Franchi ha vinto un premio al Bergamo Film Meeting, e ho visto sempre dello stesso regista Nessuna qualità agli eroi… film angosciante, ma ottimamente interpretato dagli attori, richiami ad Antonioni e Kieslowsky, molto lavoro introspettivo e psicoanalitco, fotografia magnifica, dettagli da perfezionista… Paolo Franchi è un regista interessante (era compagno di scuola della mia collega, che mi ha spiegato che da giovane era un complessato, timido e molto strano, dalla battuta pronta e acida… viveva già di cinema e cortometraggi nell’età dell’adoloscenza… quando i talenti si riconoscono subito…)

utente anonimo
16 anni fa

Da come lo presenti, Mars è un film da non perdere. Mentre leggevo sai a cosa pensavo? Alle infinite potenzialità che l’arte è in grado di generare… dico… in fondo dopo aver visto mostri sacri come Fellini, Wilder, Marker, Antonioni, Kieslowsky, ma anche talenti come Sorrentino e Crialese, ti chiedi sempre se è possibile fare di meglio… di fronte alla perfezione, molto spesso la risposta è no. Invece l’arte trova il modo di spiazzarti sempre: bellissimo.

A presto Roberto.

Chiara

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