Cinemavistodame.com di Roberto Bernabò

I film in uscita dal 19 settembre 2008

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Al Cinema dal 19 Settembre 2008

  1. Burn after reading – di Joel Coen • Ethan Coen
  2. Il matrimonio di Lorna – di Jean-Pierre Dardenne • Luc Dardenne
  3. Pa-ra-da – di Marco Pontecorvo
  4. Star Wars: the Clone Wars – di Dave Filoni
  5. The Rocker – di Peter Cattaneo
  6. Billo il grand Dakhaar – di Laura Muscardin
  7. Black Sheep – di Jonathan King
  8. Shanghai Baby – di Berengar Pfahl

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Burn after reading

titolo originale: Burn after reading
nazione: U.S.A.
anno: 2008
regia: Joel Coen • Ethan Coen
genere: Thriller
durata: 95 min.
distribuzione: Medusa Film
cast:     B. Pitt (Chad Feldheimer) • G. Clooney (Harry Pfarrer) • J. Malkovich (Osbourne Cox) • T. Swinton (Katie Cox) • F. McDormand (Linda Litzke) • R. Jenkins (Ted Treffon)
sceneggiatura: J. Coen • E. Coen
musiche: C. Burwell
fotografia: E. Lubezki
montaggio: J. Coen • E. Coen

Trama: Osbourne Cox è un ex agente della CIA che dopo essere stato licenziato dall’agenzia investigativa decide di scrivere le sue memorie. Purtroppo, il disco sui cui Osbourne ha salvato tutti i dati necessari a redigere il manoscritto va a finire nelle mani di personaggi senza scrupoli che tentano di rivendere le informazioni contenute nel disco.

Presentato al recentissimo Festival di Venezia 65 questo è uno dei film di questo scorcio di anno che aspettavo. Dopo avere letteralmente osannato “No country for old men” ribattezzato dagli addetti i lavori “I vecchi“, questa è una pellicola decisamente più leggera e scanzonata.

Non fosse altro per il casting declinato al maschile.

Ma come non lasciarsi attrarre dal genio dei due fratelli ebraico-americani, ormai veri nuovi Re Miida di Holliwood, dopo i quattro oscar appena guadagnati?

Intendiamoci siamo sempre in una pellicola o meglio in una storia … –

(e non sempre i due termini sono sinonimi) e qualcuno prima poi dovrebbe spiegarlo ai presunti critici cinematografici che alle 2 di notte di domenica si trastullano da Gigi Marzullo nella sua, mi si passi il termine, ignobile trasmissione “Cinematografo“, (ovviamente si scherza Gigi, ci mancherebbe che adesso tu e la tua eletta schiera mi faceste causa, a me povero e sparuto cineblogger che tenta di contrastare il gigante RAI, del resto esiste o no ancora la libertà di manifestazione del pensiero in questo paese (direi che non so ancora per quanto ma esiste) –

… in cui concetti come cinismo, violenza, perdita progressiva di senso della realtà, egoismo, surrealismo intriso di iperrealismo (insomma, per dirla in breve, tutti gli elementi alchemici fondanti il cinema dei Coen) sono presenti.

Ma, come mi piace dire ultimamente, il problema (e non solo nel cinema) non è quasi mai, e sottolineo quasi mai, il “cosa” quanto il “come“.

E se c’è un’eccellenza assoluta nel cinema dei due registi americani, è proprio in questa loro capacità d’ibridare non tanto appunto “il cosa” (che, a guardarlo bene, rimane sempre un’analisi implacabile, impeccabile ed impietosa del declino della società americana, ma non nel senso dell’impero, anzi), quanto “il come“. Cambiandolo di passo, di registro, di genere, in una parola, anzi in due, di specifico filmico.

Io non li conosco, ma, immagino, che uno dei loro trastulli è analizzare:

  • fatti di cronaca,
  • politici,
  • specifici di un territorio ma al tempo stesso capaci di evocare un senso di genere universale,

e scegliere l’opzione più adatta per raccontarli, e non solo filmicamente, nelle loro trasposizioni, nei loro adattamenti, o ancor più semplicemente, nelle loro sceneggiature originali.

In questo genere di operazioni mi piace immaginare il loro lavoro come un’operazione di creativa indagine, che riesce, in alcuni casi, a trovare lo scarto quantico (ed è questo indubbiamente il caso di “No Country for old men” che si fondava, peraltro, sul genio assoluto, del romanzo “Old Man” di Corman McCarthy), o, assai più semplicemente, di lavorare con metodi probabilmente più agevolmente riconducibili alle speculazioni del filosofo tedesco Arthur Schopenhauer, mediante l’artificio retorico dell’amplificazione della realtà, o, ancor più semplicemente, limitandosi a descrivere ciò che in realtà è per come loro stessi lo hanno scovato nelle loro pergrinazioni di ricercatori della caduta morale ed etica di un intero popolo, che forse esiste, perlatro, solo nella sua rappresetnaione mediatica.

E non mi sembra inappropriata, in questo ambito di analisi, la citazione di un aforisma del filosofo,  logicamente attinta da Wikipedia:

«A parte poche eccezioni, al mondo tutti, uomini e animali, lavorano con tutte le forze, con ogni sforzo, dal mattino alla sera solo per continuare ad esistere: e non vale assolutamente la pena di continuare ad esistere; inoltre dopo un certo tempo tutti finiscono. È un affare che non copre le spese»

(Arthur Schopenhauer, aforisma).

Potete forse dubitare, a questo punto, della caustica e beffarda lettura della decadente società americana?

Io non dubito più, questa mia oramai è fede, fede assoluta e dogmatica.

Non meno di quattro stars virgola cinque.

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Il matrimonio di Lorna

titolo originale: Le silence de Lorna
nazione: Francia
anno: 2008
regia: Jean-Pierre Dardenne • Luc Dardenne
genere: Drammatico
durata: 106 min.
distribuzione: Lucky Red Distribuzione
cast: A. Dobroshi (Lorna) • J. Renier (Claudy) • F. Rongione (Fabio) • A. Ukaj (Sokol) • M. Marinne (Spirou) • A. Yakovlev (Andreï)
sceneggiatura:     J. Dardenne • L. Dardenne
fotografia: A. Marcoen
montaggio: M. Dozo

Trama: Lorna è una ragazza albanese che, pur di realizzare i suoi sogni e vivere in Belgio, si adatta a sposare un giovane drogato. La sua è una decisione consapevole e cinica perché lei spera che, una volta morto suo marito per un’overdose, lei possa essere finalmente libera di fare ciò che desidera. Ma il suo giovane marito, invece, vuole continuare a vivere …

Dal cinema beffardo dei due fratelli americani a quello delicato dei fratelli francesi che sanno indagare con spirituale e disincantata leggerezza il mondo giovanile questa volta se non proprio francese francofono come quello del Belgio.

Già premiati a Cannes con “L’enfant” e da me molto amati anche per “Rosetta“.

Non indagano mai storie banali.

Non guardano con immaginazione.

Leggono, analizzano, interpretano e raccontano.

Con una loro cifra, una loro lentezza, un loro modo di girare quasi senza essere visti.

Pietosi, quasi documentaristici, i due fratelli Dardenne è come se raccontassero più per cercare spiegazioni quanto per fornirle.

E’ per questo che a me piace il loro cinema.

Ah … il film è vincitore della Palma d’oro al Cannes Film Festival di quest’anno per la miglior sceneggiatura, ma si sa i francesi sono nazionalisti.

Quattro stars.

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Pa-ra-da

titolo originale: Pa-ra-da
nazione: Italia
anno: 2008
regia: Marco Pontecorvo
genere: Drammatico
durata: 100 min.
distribuzione: 01 Distribution
cast: J. Lespert (Miloud) • E. Ciri (Livia) • D. Formica (Don Guido) • G. Rauta (Mihai) • P. Juiff (Stephane) • B. Kremer (Ambasciatore) • R. Valeanu (Cristi) • J. Nitzsche (Tea) • L. Bituc (Mosu) • F. Precup (Vlad) • A. Perminov (Alina) • I. Bucur (Constantin) • G. Anghel (Maria) • G. Huian (Viorel)
sceneggiatura: M. Pontecorvo • R. Tiraboschi
musiche: A. Guerra
fotografia: V. Carpineta
montaggio: A. Doglione

Trama: Miloud, un clown di strada franco-algerino, è arrivato a Bucarest tre anni dopo la fine della dittatura di Ceausescu. Qui Miloud è entrato in contatto con i ‘boskettari’, i bambini orfani o poverissimi che vivono ammassati nella rete dei canali dove passano i tubi del riscaldamento. Dopo aver vinto la diffidenza dei bambini, Miloud ha fondato il circo Parada, dando loro una via per sfuggire alla miseria e alla violenza della strada.

Si lo so il cinema italiano è una casta e Marco Pontecorvo è il figlio di niente di meno che di Gillo Pontecorvo, eppure.

Eppure, mio malgrado, devo segnalare questa pellicola come qualcosa d’interessante.

Perché Marco non è solo un regista è anche (e forse, per ora, soprattutto) un bravo direttore della fotografia.

Che voglio dire son cose.

Il cinema è, per me, anche, e molto, un contenuto che deve esprimere aspetti formali.

E se un direttore della fotografia, che si focalizza proprio su i significanti dell’immagine in movimento, diventa anche regista … beh la cosa come fa a non intrigarmi alquanto?

Miloud-Oukili

E poi il racconto narra di Pa-ra-da ovverossia la vera storia del clown di strada Miloud Oukili, il suo arrivo in Romania nel 1992, tre anni dopo la fine della dittatura di Ceausescu, e il suo incontro con i bambini dei tombini. I bambini vivono da straccioni, come randagi, dormono nel sottosuolo di Bucarest, nelle grandi condotte dove passano i tubi per il riscaldamento e sopravvivono con furtarelli, accattonaggio e prostituzione. Sono bambini fuggiti dagli orfanotrofi o dalla povertà di famiglie indifferenti o disperate, bambini che vivono ammassati nel sottosuolo, nella rete dei canali, su cartoni e materassi putridi, in ambienti sporchi e soffocanti. Miloud coltiva il folle sogno di entrare in contatto con questi ragazzi diffidenti e induriti dalla loro drammatica esperienza di scontri, violenze, lutti, pedofilia e droga. Usa il suo carisma e la sua testardaggine per penetrare il muro di sospetto con cui si difendono e per tirarli fuori dalla loro condizione e portarli a una vita dignitosa. Insegnando le attività circensi e clownesche e riportandoli alla luce del sole, dà loro la speranza in un’esistenza futura.

La pellicola è stata presentata alla 65° mostra del Cinema di Venezia – dopo il successo riscontrato al Festival, uscirà venerdì 19 settembre in molte sale del nostro Paese.

Resta il sospetto di nepotismo. E certo il tema franco-algerino non può non riportare alla mente “La battaglia di Algeri“, il vero (ed unico) capolavoro del padre.

Ma noi ci sbilanciamo con non meno di 3 stars virgola cinque. Ma si dai.

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Star Wars: the Clone Wars

titolo originale: Star Wars: the Clone Wars
nazione: U.S.A.
anno: 2008
regia: Dave Filoni
genere: Animazione
durata: 90 min.
distribuzione: Warner Bros
sceneggiatura: H. Gilroy • S. Melching • S. Murphy
musiche: K. Kiner
montaggio: J. Tucker

Trama: Film d’animazione realizzato in computer grafica, “Star Wars: The Clone Wars” è situato nella cronologia di “Star Wars tra Episodio II – Attacco dei cloni” ed “Episodio III – La vendetta dei Sith”. Seguiremo quindi i giovani Anakin Skywalker ed Obi-Wan Cenobi nel loro viaggio attraverso la galassia, nel mezzo della Guerra dei Cloni, e li vedremo fare conoscenza con personaggi che abbiamo già conosciuto nei film in live action come il Conte Dooku, il Generale Grievous e Asajj Ventress; mentre incontreremo un personaggio completamente nuovo, Ahsoka Tano, la giovane apprendista Jedi di Anakin.

Cioè voglio dire.

Già non sono un amante/estimatore del genere.

E’ noto che dovute eccezioni (vedi primo film del post) non sono un amante/estimatore del cinema made in USA.

Ma mica possiamo parlare di tutta la merxx che ci cagxxo addosso questi spietati mercanti di cinema a stelle e strisce no?

Due stars e siamo generosi.

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The Rocker

titolo originale: The Rocker
nazione: U.S.A.
anno: 2008
regia: Peter Cattaneo
genere: Commedia
durata: 108 min.
distribuzione: 20th Century Fox
cast:     R. Wilson (Robert ‘Fish’ Fishman) • J. Gad (Matt Gadman) • C. Applegate (madre di Curtis) • J. Lynch • E. Stone (Amelia) • T. Geiger (Curtis) • J. Cor (Paul)
sceneggiatura     M. Forbes • W. Wolodarsky
musiche: C. Faizi
fotografia: A. Richmond
montaggio: B. White

Trama: Un chitarrista fallito, che vent’anni fa faceva parte di una rock-band anni ’80, ma ne fu allontanato “calorosamente”, ha una seconda chance di raggiungere il successo tanto sognato, entrando a far parte della teen-band di cui il nipote é leader. Inizialmente riluttante, una volta inserito nel gruppo, inizieranno ad arrivare anche i primi complimenti …

Alcuni film noi non riusciamo proprio a spiegarceli.

Voi?

Due stars virgola cinque sono troppe? Ditemelo voi nello spazio commenti.

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Billo il grand Dakhaar

titolo originale: Billo le grand Dakhaar
nazione: Italia / Senegal
anno: 2008
regia: Laura Muscardin
genere: Commedia
durata: 90 min.
distribuzione: Achab Film
cast: T. Thiam (Billo) • S. Laude (Laura) • C. de Santos (Fatou) • M. Bonini (Paolo uno) • P. Gasparini (Paolo due)
sceneggiatura: L. Muscardin • M. Bonini • M. Gadji
musiche: Y. Ndour
fotografia: M. Punzi
montaggio: M. Spoletini

Trama: Billo, un sarto senegalese, parte per Roma per ampliare le sue conoscenze del mondo della moda. Dopo le iniziali difficoltà stringe amicizia con alcuni italiani e le cose iniziano a girare per il verso giusto. Un giorno, però, arriva una telefonata dal Senegal: il suo matrimonio è organizzato …

Tratto da una storia di Marco Bonini uno sceneggiatore televisivo nostrano (Carabinieri, Don Matteo quella roba lì),  trasposta in sceneggiatura da Mbacke Gadji, questa pellicola è girata dalla brava regista Laura Muscardin autrice anche  del film “Children of Open City” che era un’opera del tutto degna di nota.

Certo il cinema etnico coprodotto da noi non so quanto possa valere l’idea.

Ma noi non bocciamo la proposta e ci teniamo con tre incerte stars più sulla fiducia passata che sulla fatica contemporanea. Ha vinto anche qualche premio qui e la.

Tre stars d’incoraggiamento. Ma si.

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Black Sheep

titolo originale: Black Sheep
nazione: Nuova Zelanda
anno: 2006
regia: Jonathan King
genere: Commedia
durata: 87 min.
distribuzione: Mediafilm
cast: N. Meister (Henry Oldfield) • P. Feeney (Angus Oldfield) • T. Davis (Tucker) • D. Mason (Experience) • O. Driver (Grant) • M. Chamberlain (Oliver Oldfield)
sceneggiatura     J. King
musiche: V. Kelly
fotografia: R. Bluck
montaggio: C. Plummer

Trama: Nelle verdi praterie neozelandesi, dei ricercatori stanno portando avanti degli esperimenti genetici, che ovviamente sfuggiranno al loro controllo, trasformando delle normali pecore in bestie assetate di sangue …

Ho appena visto il trailer e sono senza parole.

Diffidate di dichiarazioni del tipo “dai creatori degli effetti speciali de “Il signore degli anelli” o cose del genere.

Ma ragazzi degli agnelli e delle pecore assassine sono troppo per me.

Una star e mi dispiace archiviare così il cinema neozelandese ma tanto è.

Shanghai Baby

Shanghai Baby

titolo originale: Shanghai Baby
nazione: Cina / Germania
anno: 2007
regia: Berengar Pfahl
genere: Drammatico
durata: 96 min.
distribuzione: Delta Pictures
cast: B. Ling (Coco) • R. Katja (Eva) • L. Goss (Mark) • G. Wong (Tian Tian) • S. Matsuda (Madonna) • P. Cheng (Conny)
sceneggiatura: B. Pfahl • M. Hennig • M. Hennig
musiche: M. Raue
fotografia: E. Krenek
montaggio: N. Naimi • H. Hessinger

Trama: Nella piovosa Berlino, Coco, una giovane scrittrice assetata di vita, è in cerca del capitolo conclusivo del suo romanzo, ambientato all’inizio del XXI secolo nella scintillante Shanghai, dove la vita di Coco è fatta di lunghe notti nei locali cittadini tra arte, sesso e letteratura. La sua vita si complica d’improvviso quando si rende conto di essere attratta da due uomini che non potrebbero essere più diversi l’uno dall’altro. Uno è il malinconico artista cinese Tiantian, che cerca inutilmente di dimenticare le sue sofferenze fumando marijuana. Nel suo rapporto platonico con Tiantian, pieno di intensa tenerezza, Coco cerca e trova per un po’ la forma ideale di amore. Completamente diverso da Tiantian, Mark è un uomo d’affari e consulente di successo, che viene da Berlino. È biondo, molto attraente, ma sposato. Nonostante ciò, Coco inizia con lui un’appassionata relazione.

Su codesto film non ci sappiamo sbilanciare.

Sia il cinema tedesco ultimamente e sia quello cinese da sempre sono entrambi di notevole spessore sia negli eventi e negli esistenti e sia negli aspetti formali.

E la cosa strana è che Berengar Pfahl è un regista tedesco (televisivo per lo più peraltro siete avvisati) che ha lavorato su un soggetto ed una sceneggiatura di Zhou Wei Hui che è, invece, una scrittrice (e sceneggiatrice) cinese.

La cosa che m’incuriosisce è che Shanghai Baby è il suo promo romanzo, censurato in Cina (cosa alquanto normale di questi tempi) ma un vero e proprio best seller nel mercato nero. Ci fosse la versione italiana sarebbe da non perdere.

Si sa poco però della pellicola.

Una sola cosa è però certa.

L’indiscutibile bellezza (e bravura certo) dell’attrice protagonista Bai Ling.

Almeno io non la discuto, soprattutto se in abiti discinti come in questo caso.

Non siamo certissimi dell’uscita.

Io mi terrei sulle tre stars. Ma l’opera potrebbe valere anche molto meno (o poco più).

Alla prossima.

A cura di cinemavistodame.

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2 Commenti
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Roberto Bernabò
16 anni fa

@occhidaorientale … grazie altrettanto ;) Rob.

occhidaorientale
16 anni fa

…Aspettavo Lorna

Davvero bello il tuo blog!

Buon week end.

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