breve analisi di eventi, esistenti e linguaggio audiovisivo
La classe – Entre les murs
titolo originale: Entre les murs
nazione: Francia
anno: 2008
regia: Laurent Cantet
genere: Drammatico
durata: 128 min.
distribuzione: Mikado Film
cast: F. Bégaudeau • N. Amrabt (Nassim) • L. Baquela (Laura) • C. Rachedi (Cherif) • J. Demaille (Juliette) • D. Doucouré (Dalla)
sceneggiatura: L. Cantet • F. Bégaudeau • R. Campillo
fotografia: P. Milon • C. Pujol • G. Lazarevski
montaggio: R. Campillo • S. Léger
Sinossi: Adattamento dell’omonimo romanzo di François Bégaudeau, che recita nel film e ha co-firmato la sceneggiatura insieme al regista e a Robin Campillo, il film racconta la vita di un professore di francese in una scuola di un quartiere difficile, alle prese con una classe di 25 studenti quattordicenni.
1. Introduzione
Ad una lettura distratta argomenti come il bullismo, le polemiche con gli insegnanti, i richiami alla disciplina, il tema dell’immigrazione nelle giovani generazioni, e, soprattutto, il sempre più arduo e discusso ruolo degli insegnanti potrebbero lasciare pensare all’ennesimo film programmato nelle sale italiane per sostenere la bufera sulla riforma Gelmini.
Niente di tutto questo … anche se alzare polvere sulla riforma sarebbe, per certi versi, cosa buona e giusta, ma bisogna capire che il film di Laurent Cantet, pone e propone ben altre tematiche.
2. Eventi ed Esistenti
Trasposizione dal letterario al filmico del romanzo “Entre les murs” (titolo originale anche della pellicola), di Laurent Cantet, ma basato molto sulla vita e la sceneggiatura di François Bégaudeau che oltre ad essere, e scusate se è poco eh:
- l’autore del romanzo,
- il co-sceneggiatore della pellicola
è anche l’interprete del dell’esistente protagonista, il professor Bégaudeau (praticamente il suo alter ego) che insegna, con passione, letteratura francese in un liceo alla periferia di Parigi.
Gli studenti hanno un’età compresa tra i tredici e i quindici anni, molti di loro sono neri o magrebini, tra di loro un paio di ragazzi davvero difficili.
Tra lezioni, consigli di classe, e incontri con i genitori, la storia ci conduce a vivere l’anno scolastico dal primo giorno fino al controverso epilogo.
3. Linguaggio audiovisivo
Entrando per un attimo nel merito dello specifico filmico, potrei dire che ci troviamo in prossimità del neorealismo moderno (qualcuno lo accomuna al Gomorra di Matteo Garrone), nel senso che il film narra con uno stile più accostabile alla presa diretta, che non alla narrazione di un racconto.
Sempre nello specifico del linguaggio audiovisivo sottolineiamo l’importanza della costruzione della traccia sonora … “il brusio di fondo dell’aula ed il silenzio quasi impossibile da ottenere” (il film andrebbe visto in lingua originale);
La macchina da presa è usata spesso in movimento leggero ma che risulta, a nostro modo di vedere, volutamente fastidioso nel tentativo di rievocare il linguaggio formale allo specifico filmico del reportage.
Molti sono anche i primi e talvolta primissimi piani, sempre con macchina in movimento, che cercano di restituirci la psicologia ed il progressivo sviluppo del conflitto tra gli esistenti.
4. Le rese attoriali
Le rese attoriali sono tutte naturali e credibili.
Sia quella dei ragazzi – ovviamente non professionisti – che dei professori e di Bégaudeau in particolare, ovvio.
5. Temi centrali
E su tutto un tema centrale: che ne è della scuola ora che i ragazzi si formano su Internet e soprattutto per strada? Quanto la loro istruzione ed il loro profitto è imputabile esclusivamente alla scuola e quanto non c’entrano le politiche d’investimento verso la qualificazione del corpo docente, l’evoluzione della società, le disattenzioni della famiglia, le carenze degli apparati statali satelliti che non garantiscono fino in fondo il loro operato?
Un coacervo, come m’insegnò un mio maestro, e nel coacervo, mi spiegava, non è facile trovare una chiave di lettura univoca, una verità assoluta.
No in esso si condensano elementi di contraddizione. E’ dunque colpa del prof. Bégaudeau, che apostrofa le rappresentanti di classe “sgallettate“, se la situazione degenera fino all’espulsione di uno degli alunni neri?
Attenzione però, non lasciatevi ingannare da questa domanda … pellicola non intende certo assegnare responsabilità in maniera certa.
Un po’ come in certi film di Spike Lee, Cantet e <Bégaudeauc’illustrano come s’innescano certe dinamiche, ma non certo né se sia facile né quale possa essere la strada per risolverle.
Un film che, a mio giudizio, propone questioni che mi hanno fatto molto riflettere, come quello dell’evoluzione del linguaggio, un tema probabilmente molto caro ai blogger che, quasi istintivamente, lavorano incessantemente su di esso.
Chi, più di noi, può cogliere il potenziale eversivo di certe provocazioni degli alunni, come quella del congiuntivo imperfetto. (Chi parla o scrive più così … a volte penso di essere rimasto da solo …)
Ma analoghe considerazioni potrebbero essere svolte sull’adeguatezza di certi programmi ministeriali, in un mondo che cambia assai più rapidamente di loro, che rimangono, da troppi decenni, sempre, più o meno, uguali a loro stessi.
Anche nel film sui Joy Division, del post precedente, ho colto vaghi riferimenti a questo aspetto del problema.
Una pellicola insomma, quella di Cantet,che fa riflettere senza diventare didascalica.
Che propone problematiche, più che risolverle.
Che sceglie la prospettiva di un finale aperto, piuttosto che una ricetta per la risoluzione, per la svolta, simbolo di questa opzione è la sequenza finale dell’alunna che pensa di non avere appreso nulla e dell’insegnante che tenta di rassicurarla del contrario, che ci è davvero piaciuta molto.
6. Conclusioni – L’atmosfera
L’atmosfera è un concetto che ho usato nella mia professione in alcuni documenti di briefing per la realizzazione di un claim, di un piano di comunicazione e roba del genere. Descrive quello che vogliamo venga rappresentato dal creativo nella sua soluzione.
Ecco, in questa specifica accezione, l’atmosfera del film è un po’ quella di creare un clima claustrofobico da usare per in qualche modo esasperare le situazioni fino al parossismo, fino al politicamente scorretto, fino all’accadimento dell’inevitabile entre les murs.
Dove però le mura sono una sorta di metafora avvolgente e pervasiva.
Che diventano quelle che dividono:
- gli alunni tra di loro;
- le famiglie da questi ultimi;
- le diverse posizioni dei professori sulla disciplina e sull’educazione;
e ancora queste diversità ed il potere quasi esasperante del preside, che deve, lasciatemelo dire così, riempire le stantie ed inutili carte della burocrazia.
E’ questa afasia tra la vita che pulsa negli esistenti e l’incapacità di governarla dell’istituzione, il nocciolo della questione come lo definì mirabilmente, ed assai meglio di me, nell’omonimo romanzo, Graham Greene, dal quale traggo, quasi provocatoriamente, una frase:
Esiste sempre un momento nell’infanzia quando si aprono le porte e il futuro entra.
Non avrei mai detto che il film sarebbe stato apprezzato anche in Italia, Nonostante (come è ovvio) la proiezione doppiata perda molto (“sgallettate” è tremendo). Penso che la questione del linguaggio sia fondamentale nell’economia del film, sia come metafora della comunicabilità (tra i ragazzi, tra i professori e i ragazzi, tra professori e genitori etc.) sia come “totem”dell’integrazione nella società.. Sarei quasi interessato a vederlo in italiano per capire come i diversi registri di espressione sono stati resi, senza perdere quel realismo che contraddistingue l’originale (il francese “petasse” penso sia più utilizzato di “sgallettata”) E’ divertente leggere come il film riletto in salsa italiana diventi specchio di alcune preoccupazioni nostrane come quella della “classe multietnica”, allora che a mio modesto parere l’idea del film era quella di proporre una classe “standard”.
Purtroppo ho perso il film e mi accorgo ancor più, avendo letto la tua mirabile recensione, di avere perso molto.