U.S.A. – 2008
analisi di eventi, esistenti e linguaggio audiovisivo
Changeling (The Exchange)
titolo originale: Changeling (The Exchange)
nazione: U.S.A.
anno: 2008
regia: Clint Eastwood
genere: Thriller
durata: 140 min.
distribuzione: Universal Pictures
cast: A. Jolie (Christine Collins) • J. Malkovich (Reverendo Briegleb) • A. Ryan (Amica di Christine) • J. Butler Harner (Gordon Northcott) • J. Donovan (Capitano J.J. Jones) • M. Kelly (Detective Lester Ybarra)
sceneggiatura: J. Straczynski
fotografia: T. Stern
montaggio: J. Cox
Sinossi: Il film è tratto da una storia vera ambientata negli Anni Venti. Una madre sospetta che la persona, restituitale dopo un rapimento, non sia veramente suo figlio. Quando la donna esprime alla polizia i suoi sospetti viene spedita in un centro psichiatrico di recupero mentale. il film descrive la battaglia legale e psicologica di questa donna per fare trionfare la giustizia, grazie all’aiuto di un pastore della chiesa presbiteriana di St. Paul, in una Los Angeles governata da una Polizia violenta e corrotta.
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In questo post:
1. Circa gli eventi e gli esistenti del film
2. La lezione di Cinema di Clint Eastwood
2.1. Tumulto e dilatazione
2.2. Il point of conentration di Eastwood e degli esistenti di Changeling
2.3. il deus ex machina dell’impianto narrativo: L’amore di una madre
3. Clint Eastwood l’ultimo grande regista classico di Holliwood
1. Circa gli eventi e gli essitenti del film
Ricordo anni fa di avere letto un racconto di Dino Buzzati.
Era tratto dalla Boutique del mistero. Me lo lesse mia madre, chissà forse è per questo che me lo ricordo e che questo film mi ha commosso così tanto.
S’intitolava “L’uovo“.
La trama era più o meno questa.
Pagando 20.000 lire un bambino può partecipare a una gigantesca caccia all’Uovo, prendendo tutte le uova che riusciva a prendere. Una cameriera decide di far andare anche sua figlia a questa caccia all’uovo, anche se non aveva i soldi per pagare l’entrata. L’inganno viene però scoperto, si sottrae l’uovo alla bambina e si arresta la madre perché aveva insultato una patronessa della Croce Viola Internazionale. La forza di volontà di quella madre, violentemente separata dalla propria figlia, è tale che i poliziotti e la patronessa cadono morti solo perché la donna vuole così. A nulla valgono tutte le armi o le costrizioni: alla fine alla bambina viene restituito un uovo come quello che gli era stato ingiustamente sottratto.
Voi direte, giustamente, cosa c’entra questo racconto con Changeling.
Forse niente ma a me è venuto in mente per un motivo molto semplice.
Esiste una forza soprannaturale che non può impedire ad una madre di subire una ingiustizia nei confronti del proprio figlio.
E’ questo che accomuna queste due storie.
E’ questo che commosse il mio cuore di bambino ed è questo che ha commosso quella parte del mio cuore che proprio non ce la fa a crescere.
E’ quella parte che rivive quando quasi per cosmogonie segrete si ritrova ad assistere ad un film.
Se poi il film è quello che ho visto ieri all’Eden girato da uno degli ultimi maestri del cinema di Holliwood, uno che ha capito come si narrano le storie al cinema, uno che cura i suoi progetti tanto con il cuore, quanto con la pancia, quanto con il cervello, mai separando queste matrici ma al contrario fondendole tutte in un unico mainstream geniale, toccante, commovente, drammatico, disperato, ingiusto, ed al tempo stesso, esaltante, mistico, trionfante, catartico ed anche denunciante, capirete che quello di cui vi sto parlando è un vero e proprio capolavoro.
Perché Eastwood è ancora uno di quelli che da una storia vera è capace di tirare fuori un film d’epoca. Come non rimanere affascinati, ad esempio, dall’enorme centralino di commutazione, dove la capoturno Angelina Jolie si muove tra le centraliniste con la leggiadria dei pattini ed, al tempo stesso, con l’occhio sempre vigile della madre, di colei che si prende cura tanto dei clienti quanto delle sue dipendenti?
Chengeling, un termine coniato apposta per descrivere questi orribili scambi di persona, o, peggio, di bambini che accadevano e che forse accadono ancora oggi ahimé, è un film che ti assale su diversi fronti emozionali. Al principio ad esempio con la sua mostruosa crudeltà. Che ti scaraventa nell’impotenza più disperante di una donna che perde suo figlio e che viene ingiustamente perseguitata da una polizia corrotta.
Fino al punto di finire, senza alcuna perizia psichiatrica, ma solo per ordine di un sedicente inquirente, nelle cure di un reparto psichiatrico condotto dal perfido Dr. Jonathan Steele, un luogo che rievoca lo spettro della tortura ingiusta ed ingiustificata. Da quelle perpetrate dai nazisti contro gli ebrei nei campi di concentramento, a tutte le altre forme d’ingiustizia sinonimo di ferocia, di follia, di vigliaccheria, di perdita totale del rapporto con la realtà che solo negli ambienti dove alligna la dittatura si riesce a mettere in campo come se quel male non avesse luogo, non avesse punizione, non fosse una cosa deplorevole.
Il paradosso della realtà è che una polizia corrotta l’agente di simili abomini, che solo il coraggio del reverendo presbiteriano Briegleb combatte da una stazione radio.
Ma, come nell’uovo di Buzzati, ecco che anche nel film di Clint Eastwood il cuore ferito di una madre non può essere così facilmente sottomesso.
E qui inizia la parte più entusiasmante per lo spettatore che dopo essere sceso negli inferi della corruzione, e della più bieca e malvagia incompetenza, si ritrova ad ascendere, in un crescendo quasi wagneriano di colpi di scena, di nuove crisi e nuovi climax, si troverà scaraventato in un susseguirsi progressivo ad un vero e proprio e clamoroso ribaltamento dell’equilibrio delle forze in campo.
Ed ecco allora che il migliore avvocato della città, grazie all’intercessione del reverendo Briegleb, riesce prima a fare scarcerare tutte le donne prigioniere degli aguzzini del reparto psichiatrico, che ivi marciscono a volte per molti anni in virtù di un fantomatico codice 12 (una norma abominevole quasi quanto la sua arbitrarietà, che concedeva poteri straordinari agli ispettori di Polizia inquirenti), e poi ad organizzare addirittura un processo contro la Polizia di Los Angeles, per fare valere le sacrosante ragioni di Christine Collins.
Parallela a questa sequenza di eventi, quasi a confondere le acque etiche della narrazione, Eastowood di racconta l’altra faccia della Polizia, quella che, nonostante le difficoltà di un contesto corrotto, si sforza di fare con coraggio e con impegno, il suo onesto dovere, oserei dire quasi suo malgrado.
Un detective, forse impaurito ma sicuramente coraggioso e competente, indaga su un minore che deve essere espatriato. Vive in un ranch insieme ad un suo cugino: Gordon Northcott.
Si, il folle, colui che in quegli anni balzò agli onori, anzi ai disonori delle cronache, per i plurimi ed efferati omicidi omicidi nei confronti di minori.
Ora il caso vuole che il detective buono, scopra che tra queste vittime innocenti c’è Walter Collins anche il figlio di Christine Collins.
E l’inizio della fine dell’incubo, anche se un’altra dura prova attende Christine Collins: il processo contro il potenziale omicida di suo figlio.
Un processo senza alcuna speranza viste le prove schiaccianti che culminerà con l’impiccagione dell’assassino. Forse ho raccontato anche troppo ma l’ho ritenuto necessario per portare a compimento questa analisi.
2. La lezione di cinema di Clint Eastwood
Quando feci il corso di sceneggiatura alla Fandango, m’insegnarono una cosa molto semplice, in apparenza.
Mi dissero.
Il film, la sua storia, deve essere riassumibile in una sola frase.
E’ incredibile come Eastwood dimostri che un film che dura ben 140 minuti osservi questa solo apparentemente banale regola.
Non racconta forse Changeling:
La storia di una madre, che perde suo figlio, e che si ribella alla corrotta Polizia di Los Angeles, che gli riconsegna un bambino che non è suo figlio, fino a fare valere le sue ragioni?
In realtà le cose non stanno proprio così. Eastwood come tutti i maestri del cinema Holliwoodiano è bravissimo nel portare avanti con una storia molte altre storie.
Cerchiamo di capire meglio le strategie di storia e discorso adottate. A mio mdo di vedere gli artifici narrativi vanno in due direzioni.
2.1. Tumulto e dilatazione
Un tumultuoso susseguirsi di eventi nella prima fase della storia.
Un allargamento di certi momenti della narrazione senza peraltro la minima esagerazione. Lo spettatore non se ne accorge. Lui vuole gustarsi quella dilatazione di quella parte della storia ne ha bisogno.
Ma dentro la catarsi Eastwood inserisce un elemento di drammaturgia ulteriore.
La pena di morte.
La barbarie nella barbarie. (Eastwood la mette di proposito ed è una chicca in un film già perfetto).
So che alcuni critici, forse troppo severi, o forse semplicemente troppo distratti, hanno accusato Eastwood di mettere troppa carne al fuoco, e di concludere la sua storia come in una sorta di struttura ad estuario in cui il finale si disperderebbe in più direzioni, perlatro in apparente contraddizione tra loro.
2.2. Il Point of conentration di Eastwood e degli esistenti di Changeling
Niente di tutto questo.
Eastwood non abbandona mai il suo point of concentration registico. Come non consente di abbandonarlo a nessuno dei suoi esistenti.
Non lo consente al bugiardo Detective Lester Ybarra, che manterrà il punto fino a farsi espellere dal corpo della Polizia.
Non consentirà di farlo abbandonare al Reverendo Briegleb, che continuerà, per tuta la vita, a denunziare i soprusi della Polizia di Los Angeles.
Ma soprattutto non consentirà di farlo fare a lei, a Christine Collins, il vero eroe per caso, demiurgico del film,che, con commovente ostinazione, continuerà a cercare il figlio tutta la vita.
Eastwood non abbandona il suo point of conentration perchè a lui non interessa, solo, la storia di Christine. Lui non fa un film solo per una verità, dentro questa verità inserisce altre verità, tutte altrettanto importanti. Non si ferma ad una ingiustizia, tenta sempre di farci comprendere le altre ingiustizie che troppo più spesso si compiono nel nome di una finta giustizia, ed in questo il suo cinema rimane, indiscutibilmente, mistico.
Abbiamo molto bisogno, in questo momento così difficile della storia dell’umanità, di comprendere queste dinamiche duali.
Questo doppio che sempre l’etica si porta dietro.
Questa sorta di ambivalenza.
Ma il vero gigante dell’opera di Eastwood a guardare bene, quell’uno al di sopra del bene e del male, non è il Dio invocato dal pastore presbiteriano.
Capace di operare lentamente ma inesorabilmente. No.
2.3. Il deus ex machina dell’impianto narrativo: L’amore di una madre
Il vero deus ex machina del racconto, è l’ancestrale ed irrefrenabile forza che si cela nell’amore di una madre verso suo figlio.
Il film si chiude con una scena che avevo giudicato male, ma che adesso mi si svela in tutta la sua grandiosità.
E’ racchiusa nella frase che Christine Collins dice al detective buono, nella sequenza finale del film.
“Stasera ho una cosa che ieri non avevo: la Speranza.”
E Dio solo lo sa di quanto ne abbiamo bisogno.
E chi dice che Angelina Jolie non merita l’Oscar, proprio nel momento in cui sta per dare alla luce un nuovo figlio, non conosce questo amore. Nè l’alchemico suo potere.
3. Clint Eastwood l’ultimo grande regista classico di Holliwood
Note a margine sulla scenografia di una Los Angeles ricostruita con un rigore degno dei migliori maestri di tutti i tempi.
I movimenti di macchina, che qualcuno accusa di essere leziosi, scontati, non si fanno notare più di tanto, il film non arriva per gli aspetti formali, arriva assi di più, ed in maniera devastante, per quelli emotivi, motivo di di più per dire che Clint Eastwood è un grande regista.
Forse l‘ultimo regista classico che Holliwood annoveri ancora tra le sue fila.
Che il Signore del cinema lo protegga ancora a lungo. Tra l’altro, detto tra noi, è anche l’autore della colonna sonora del film. Davvero incredibile il talento cinematografico di quell’uomo.
E non cadrò nel tranello, inutile e pleonastico, di paragonare questo film ad altre sue opere. Non ha senso, nell’arte, misurare. Ecco l’ho detto.
Mi hai fatto venire ‘o friddo ‘ncuollo, Robbé! Mi sono emozionato già col tuo racconto, figuriamoci quando riuscirò a vederlo! Peccato solo che l’ho perso in sala! :-(
Ciao, Francesco
@Cinemasema In verità so fare di meglio … questa mi è venuta un po’ troppo sbilanciata sul racconto della trama, … non so neanche dirti il perché, … forse perché la forza di questo film non risiede tanto nella cura degli aspetti formali, che pure, credimi, sono notevoli, quanto, piuttosto, nella forza della storia.
E, ovviamente, nella capacità di Eastwood di restituirne tutta la sua drammaturgia in maniera che definire magistrale è un eufemismo.
Ti consiglio di recuperala una visione in sala, perchè, non vista in sala, questa pellicola perde molto.
Anzi moltissimo.
;)
Rob.
Stupenda recensione! Purtroppo non ho visto, il film ma so già che non rimarrò deluso.
grazie caro roberto dei tuoi preziosi insegnamenti, mi leggerò il tuio commentp sul fil changelimf che vorrei proprio vedere, Sono riuscita a mettere una foto nella cartelle foto famiglia Sono brava? Un abbraccio Zia Donatella