Usa/Gran Bretagna – 2008
analisi di eventi esistenti e linguaggio audiovisivo
Revolutionary Road
titolo originale: Revolutionary Road
nazione: U.S.A. / Gran Bretagna
anno: 2008
regia: Sam Mendes
genere: Drammatico
durata: 119 min.
distribuzione: Universal Pictures
cast: L. Di Caprio (Frank Wheeler) • K. Winslet (April Wheeler) • K. Bates (Mrs. Helen Givings) • Z. Kazan (Maureen Grube) • K. Hahn (Milly Campbell) • M. Shannon (John Givings) • R. Simpkins (Jennifer Wheeler) • T. Simpkins (Michael Wheeler)
sceneggiatura: J. Hayte
musiche: T. Newman
fotografia: R. Deakins
montaggio: T. Anwar
Trama: Basato sul noto romanzo di Richard Yates, è la storia di una giovane coppia che cerca di realizzarsi all’interno di una società estremamente conformista. Intrappolati in un mondo di convenzioni e menzogne, i due giovani perdono gradualmente ogni speranza, e le loro illusioni tradite condurranno ad un amaro epilogo.
«Se nella letteratura americana moderna ci vuole qualcos’altro per fare un capolavoro, non saprei dire cosa»
Tennessee Williams
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Introduzione
Certo se dovessimo partire dal romanzo dovremmo riconoscere che:
«Se nella letteratura americana moderna ci vuole qualcos’altro per fare un capolavoro, non saprei dire cosa»: questo il giudizio di Tennessee Williams su Revolutionary Road, uno dei classici “dimenticati” della narrativa americana del secondo Novecento.
Frank e April Wheeler sono una coppia middle class dei sobborghi benestanti di New York che coltiva il proprio anticonformismo con velleità ingenua, quasi ignara della sua stessa ipocrisia: nella storia della giovane famiglia felice la tensione è nascosta ma crescente, il lieto fine impossibile, ma l’inevitabile esplosione avviene solo dopo trecento pagine fra le più intense e penetranti della narrativa americana degli ultimi cinquant’anni.
La scrittura realistica, cristallina, spietata di Richard Yates ha fatto epoca, ispirando generazioni intere di scrittori e dando vita al “realismo sporco” di Raymond Carver e Richard Ford (vincitore del premio Pulitzer per Il giorno dell’indipendenza e autore dell’introduzione a questa nuova edizione del romanzo).
Fatevi, pertanto, un favore, come ho fatto io, leggetevi anche il romanzo, e ringraziate l’editore Minimum Fax, che ci offre la possibilità di leggere questo vero e proprio capolavoro della narrativa americana ancora oggi.
In questo post:
- Circa l’operazione di trasposizione dal letterario al filmico – una chiave di lettura emotiva ed emozionale
- Il rapporto antagonistico tra conformismo ed anticonformismo
- Il ruolo della follia, della disperazione e del confronto con gli altri
- Una regia al servizio della drammaturgia della storia del romanzo
- Conclusioni
1. Circa l’operazione di trasposizione dal letterario al filmico – una chiave di lettura emotiva ed emozionale
C’è un tema che non è possibile non affrontare all’inizio di un commento a questo film.
Quello della trasposizione dal letterario al filmico.
Un tema che in verità pone più interrogativi che risposte e che nel caso di specie liquiderò così.
Non affrontandolo cioè, per una volta, sotto un profilo squisitamente tecnico come sono, invece, solito fare, quanto piuttosto usando una chiave di lettura più emotiva ed emozionale, se mi perdonerete la lieve allitterazione.
Esiste dentro un romanzo come un’anima, uno spleen, un atmosfera, che è qualcosa che dalle pagine si trasferisce dentro di voi. Vi fa prendere parte agli eventi, vi fa vivere l’intensità delle emozioni di tutti i punti di snodo della storia.
Questa cosa, che si stacca dal romanzo e vi rimane addosso per giorni, una volta che siete giunti alla parola fine, spesso rimane viva dentro di noi, pronta a riaccendersi ad un ricordo, ad una rilettura, a qualche accadimento che ce la riporta alla memoria.
Alle volte non sappiamo più nemmeno perché ci siamo così immedesimati in questa sensazione.
Ecco se c’è un merito, un grande merito, nell’opera di Sam Mendes, che occhio, è il marito di Kate Winslet, è quello di aver catturato nelle immagini del film Revolutionary Road quest’anima.
Nell’assistere ad una proiezione del film io ho provato, se non addirittura in certe parti amplificate, grazie alla bravura di tutti gli attori e di Kate Winslet in particolare (che ha già vinto, per questa interpretazione, un Golden Globe), tutte le emozioni e i dolori e le speranze e le pulsioni e le delusioni e le vittorie e le sconfitte, a volte solo interiori, dei due esistenti protagonisti.
Per comprendere il film non è necessario, dunque, avere letto il bellissimo romanzo di Richard Yates, per decenni libro di culto apprezzato da pochi estasiati lettori, quindi promosso dal Time fra i cento migliori romanzi di tutti i tempi, ma può bastare la visione del film, che rimane, nonostante tutte le considerazioni che sarebbe giusto fare circa l’assoluta perfezione dell’operazione di trasposizione e di adattamento computa da Justin Haythe, un’opera artistica di notevole spessore, anche, appunto, indipendentemente dal romanzo di cui ha rubato l’anima.
2. Il rapporto antagonistico tra conformismo ed anticonformismo
Altra cosa straordinaria nella storia ambientata negli anni ’50 nei molto conformisti anni ’50, è un aspetto ancora molto attuale – e registrato, peraltro mirabilmente, registicamente nella sequenza del treno degli impiegati pendolari che rovescia in città questa moltitudine, collettivamente anonima, ma soggettivamente riportante anche il protagonista Leonardo DiCaprio…Frank Wheeler, sempre straordinariamente intenso nelle sue interpretazioni – è l’alienazione in cui il capitalismo costringe l’essere umano.
Potrei dire che tutto lo psicodramma registrato nella storia, sia del romanzo che del film, si basa sullo sviluppo di un conflitto non infra-personale, ma tra due modi di vivere il matrimonio all’interno di una società borghese e appunto conformista, che mi ha, peraltro, ricondotto alla mente certe inquietudini del cinema di Lars von Trier, e più precisamente quello tra conformismo ed anticonformismo.
Tutto ciò che spinge all’azione gli esistenti, e, si badi bene, la questione non si limita solo ai coniugi Wheeler, è infondo racchiusa in questo rapporto.
Cos’altro.
3. Il ruolo della follia, della disperazione e del confronto con gli altri
Beh come non accennare al ruolo direi decisivo, ai fini dello sviluppo narrativo, all’agente alchemico il cui mandato è quello di far cadere il velo delle ipocrisie del rapporto coniugale dei Wheeler, quello di Michael Shannon…John Givings, oserei dire perfetto sia nell’impianto filmico e sia nella assoluta fedeltà all’esistente del romanzo. Esiste una battuta tremendamente annunciante questo ruolo, ed è racchiusa in un termine “disperazione“. “Ci vuole del coraggio ad ammettere di vedere che oltre che essere alienante e ripetitiva la vita qui sia anche pregna di disperazione, perché ci vuole del fegato a vedere la disperazione“, o qualcosa del genere. A ben guardare quello di John Givings non è l’unico esistente del film con i quali quasi inconsciamente i due coniugi Wheeler si confrontano.
La determinazione a condurre, in avanti o meno, il progetto di partire per l’Europa, è sempre, a ben guardare, la risultante dei continui confronti con gli altri esistenti intorno a loro. E sarà proprio il peso delle opposte conclusioni a cui, a seguito di tali confronti, i due esistenti protagonisti giungeranno, nel profondo inconscio del loro io, a creare i presupposti per l’epilogo, tanto drammatico, quanto perfetto nel suo evolversi, dell’intreccio narrativo.
4. Una regia al servizio della drammaturgia della storia del romanzo
La regia di Sam Mendes, già premio Oscar per American Beauty, ci è parsa, per una volta, misurata. Attenta all’operazione di adattamento, consapevole che era la storia del romanzo la cosa da salvaguardare in questo film, e non i vezzi registici, anche se …, anche se alcune sequenze rimangono mirabili, come mirabile è la capacità di accompagnare il crescere della tensione delle inquietudini, e tutti i cambi di passo drammaturgico, degli eventi del racconto.
5. Conclusioni
Il dolore, a mio modo di vedere, non dovrebbe mai essere qualcosa di eccessivo per diventare arte. Deve, piuttosto, essere contenuto all’interno, sublimarsi nell’anima dell’artista, per trasfigurarsi e per poi venire fuori, espressivamente, in una sorta di atto liberatorio in cui tutta l’angoscia, il senso di disperazione, l’intensità emotiva, venga riassunta e tutta contenuta in un gesto, un atto, assoluto e definitivo.
Come ne “L’urlo di Munch“.
Credo che tale considerazione si adatti, benissimo, all’interpretazione di Kate Winslet … April Wheeler, non saprei come descriverla meglio, che ci ha davvero commosso fino all’inverosimile, sarà che stiamo invecchiando, e che se non dovesse vincere l’Oscar, (anche se lo so che è nominata per “The Reader“), allora vorrà dire che effettivamente dovremmo, e seriamente, riflettere se mantenere ancora aperto questo blog.
Vi lascio con il trailer ufficiale del film “The Reader” di Stephen Daldry, con Kate Winslet, Ralph Fiennes, Alexandra Maria Lara e Bruno Ganz, per il quale Kate Winslet, dopo aver vinto per il film del post il Golden Globe, ha appena ricevuto la nomination per l’Oscar come migliore attrice protagonista. Il film è in programmazione nelle sale italiane dal 20 febbraio 2009.
[…] Recensione del film su Cinema visto da me […]
Grazie del link. :)
@luc ritengo superfluo dire che non siamo assolutamente d’accordo.
Un film secondo me notevole, che avrebbe meritato una seconda nomination per Kate Winslet, che comunque ha vinto la statuetta ome migliore attrice, e credo che anche questa interpretazione abbia avuto il suo peso.
Leonardo DiCaprio è molto maturato sotto la direzione di Martin Scorsese e magari in Italia avessimo attori così bravi.
Mi domando con quali referenze sparate giudizi così categorici.
Con stima,
Rob.
uno dei film più deludenti dell’anno,di caprio è ridicolo e sempre sopra e righe,è l’attore più sopravvalutato del mondo
Recensione coinvolgente e coinvolta per un grande film.
A me il film ha ricordato “The Truman show”, lì alla fine c’era una fuga verso la libertà, qua non si fugge, si resta dentro il sogno americano, nelle catene del sogno americano, e il più lucido è uno che è stato in manicomio, più di qualcosa questo vuol dire.
Bellissime le immagini iniziali delle schiere di impiegati, quasi una citazione de “Metropolis”, di F.Lang.
Recensione talmente convincente (e stupenda) da farmi desiderare di leggere il romanzo (usualmente non amo molto “legare” i film ai romanzi). Il film sembra essere strepitoso. Spero di vederlo tra oggi e domenica.
@cletus … ehm il tuo commento è ben altro che due righe … E comunque grazie delle belle cose che mi dici. Rob.
bellissima recensione, a fronte della quale le mie quattro righe son poca cosa. Bravo.
[…] La mia recensione è:qui. […]