Quando vivi da solo entri in relazione con cose assai diverse dall’umano.
Per me vale il computer … ops che ho detto … il Mac.
Sono suoni evocati da già da Ivano Fossati (… e le voci di una casa non s’imparano mai. Lunaspina.)
Sono luci che entrano dalle finestre.
Strilla da casamenti contigui.
Urla di venditori ambulanti.
Il bollire di un the in un pentolino.
Lo sbuffare di una caffettiera.
Campanelli, e citofoni, e clakson e litigi dei vicini, ed altri mllle suoni che non finiscono mai sempre ri-citando Fossati.
Ultimamente rifletto sugli avvisi acustici delle email del mio I-Mac.
Sembrano, effettivamente, suoni esclusivamente elettronici. Qualcosa di meccanico.
Ma a rifletterci non è così.
Persino le mail inviate dagli strumenti automatici dei social network hanno dentro di loro un’azione umana, magari svoltasi a migliaia di chilometri di distanza, o, solo, a pochi isolati da casa tua.
Quello che mi affascina è che esiste sempre un’umanità prossemica, un cuore pulsante che intende, a volte quasi inconsciamente, comunicare con noi.
Come nei messaggi messi in una bottiglia.