El Salvador, ucciso il reporter regista Christian Poveda autore di un documentario sui narcotrafficanti locali
La notizia
L’ho ricevuta qualche minuto fa dal mio amico Giuseppe Carrisi.
Il reporter – regista è stato ucciso ieri, con un colpo di pistola alla testa perchè stava facendo il suo lavoro.
É morto così, Christian Poveda, fotoreporter francese, autore, nel 2008, del film documentario “La vida loca” dedicato alla vita dei membri delle “maras” i trafficanti di droga del paese centramericano.
Il sito ufficiale del film è qui.
Il reporter è stato ritrovato morto nella sua automobile a Tonacatepeque, una zona rurale a nord della capitale San Salvador.
Per il ministro della Sicurezza pubblica, Manuel Melgar, si tratta di un «un atto criminale ripugnante» e la polizia farà di tutto per assicurare gli assassini alla giustizia.
Il documentario, la cui uscita è prevista per il 30 settembre, mostra la vita delle maras ed è, a tratti, estremamente critico con la polizia locale.
La vida loca, poi, si sofferma sulle condizioni economiche del Salvador, principale causa della criminalità giovanile.
Poveda afferma che le «maras portano il terrore», ma, contemporaneamente sostiene che le gang sono le sole a comprendere il malessere della vita nel Paese centroamericano.
«Dobbiamo capire perché ragazzini di 12-13 anni entrano in una mara e danno la vita per essa», ha detto, qualche settimana prima di morire, il fotoreporter in un’intervista al quotidiano online El Faro.
Poveda era nato in Algeria nel 1955, da genitori spagnoli fuggiti in esilio dalla dittatura franchista. Cresciuto a Parigi era arrivato in Salvador giovanissimo, trent’anni fa, grazie ad un contratto con Time, il newsmagazine americano, per seguire come fotografo la guerra civile. Dopo il ’92, quando la guerriglia del Farabundo Martì – oggi al governo – iniziò le trattative di pace, Poveda lasciò il paese per documentare nuove guerre: dall’Iran, all’Iraq, al Libano; pubblicando le sue foto nei maggiori giornali internazionali come El Pais, Le Monde, Paris Match e New York Times.
Il commento
Rimango sempre annichilito quando un regista documentarista, che si batte per cause che, infondo, anche se non ce ne rendiamo conto, ci riguardano tutti, muore in questo modo, nel disinteresse e nella dinformazione generale.
Penso all’ingiustizia delle cause, che si somma all’ingiustizia di queste morti, e provo come un senso d’impotenza di fronte ad eventi così sporoprzionatamente iniqui ed irragionevoli.
Posso solo fermarmi, e scrivere, e pubblicare di questa morte, e urlare, con voce disperata, come quella che si ascolta nel trailer del suo film, tutto il mio disprezzo per gli esseri umani che si fanno attori di atti simili.
Che Dio abbia pietà di loro, e di questo uomo così grande, che muore solo per avere creduto nella sua causa di reporter e di regista documentarista.
Non riflettiamo mai abbastanza di quanto prezioso sia, ed al tempo stesso troppe volte vano, il loro impegno.
Eppure, è proprio dietro queste morti che ci avvicianamo, moltissimo, alla Verità.
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