Nei cinema dal 5 e dall’8 gennaio 2010
Dal 5 gennaio 2010
- Io loro e Lara – di Carlo Verdone
- Il riccio – di Mona Achache
- Rec 2 – di Jaume Balagueró • Paco Plaza
Dall’8 gennaio 2010
- Soul Kitchen – di Fatih Akin
- Il mondo dei replicanti – di Jonathan Mostow
- Ong Bak 2 – La nascita del dragone – di Tony Jaa • Panna Rittikrai
Io, loro e Lara
titolo originale: Io, loro e Lara
nazione: Italia
anno: 2009
regia: Carlo Verdone
genere: Commedia
durata: 115 min.
distribuzione: Warner Bros
cast: C. Verdone (Padre Carlo) • L. Chiatti (Lara) • A. Bonaiuto (Beatrice) • M. Giallini (Luigi) • S. Fiorentini (Alberto) • A. Finocchiaro
sceneggiatura: C. Verdone • P. Plastino • F. Marciano
fotografia: D. Desideri
Trama: “Io, loro e Lara” racconta la crisi mistica del missionario Carlo Mascolo che torna a Roma, dopo l’ultima missione in Africa, ritrovando una famiglia complicata: il padre Alberto che vuole tornare giovane, si tinge i capelli e si comporta come un ventenne, il fratello Luigi broker con la passione per le donne e la sorella Beatrice psicologa ma che proprio non lo capisce. La situazione precipita quando appare Lara, una ragazza che lo metterà profondamente in crisi …
Insomma aldilà degli incassi che questo film ha già realizzato nei primissimi giorni di programmazione (un poster gigantesco è collocato nella palestra ultra-figa che frequento a Roma nell’illusorio tentativo di arginare il decadimento fisico), Carlo Verdone parla di questa sua ultima fatica, come di una sorta di nuova era del suo cinema.
Bandita la volgarità, sceneggiatura scritta pensando agli interpreti (Laura Chiatti su tutti), temi non ultra provinciali, ma, addirittura, con un respiro world wide, tanto che il regista e attore romano spererebbe di piazzarlo anche all’estero.
Tutte eccellenti intenzioni, non c’è che dire.
Tutti razionali, come si dice, assolutamente corretti.
Eppure.
Eppure, vedendo un trailer del film, verrebbe da dire quello che un tempo qualcuno disse a proposito di Nanni Moretti: “Verdone spostati … fammi vedere il film!“
Cosa intendo dire.
Che Verdone commette sempre lo stesso errore (ovviamente secondo il mio opinabilissimo parere) … quello di recitare, cioè, nei suoi film, con il difetto di molti attori, diciamo brillanti (ma anche no) italiani (Alberto Sordi si proprio lui, su tutti), di cui Verdone vorrebbe considerarsi, peraltro, ammettiamolo, l’erede.
Quello che intendo dire è che sempre, nei film di di questo regista ed attore romano, non si assiste ad una interpretazione in cui egli si cala nel personaggio, fino immedesimarsi in lui in maniera convincente. Come faceva, invece, per essere molto chiari, Gian Maria Volontè, forse l’unico vero grande attore cinematografico italiano, in grado di fare, fino in fondo, questo difficilissimo lavoro.
No nel caso di Verdone, come già nel caso di Alberto Sordi, peraltro, avviene, invece, esattamente il contrario: è il personaggio che deve, (ahimè), adattarsi alle capacità interpretative dell’attore.
Verdone è arrivato a dire, in una intervista a SKY TG 24, che il suo personaggio nel film (un prete missionario di ritorno dall’Africa), fa una sorta di citazione del protagonista di “Borotalco“, in una sequenza in cui, per darsi un tono, fuma una sigaretta (lui sacerdote che non fuma). Ma anche senza questa auto-citazione, vedetevi il trailer su you tube cliccando qui, e vi farete voi stessi, una vostra opinione sulla mia considerazione.
Ora io dico: “Ma come può un sacerdote essere simile ad un venditore di enciclopedie della musica porta a porta, che cercava di cambiare identità, per sedurre una sua collega?“
Che cosa c’entrano questi due personaggi l’uno verso l’altro?
A questa domanda non so darmi una risposta.
Diciamo che accetto le buone intenzioni (di cui, ricordo, sono lastricate le strade che conducono all’Inferno), di un film corale, uno stilema che, nel ristretto universo dei film di questo regista, ha sicuramente funzionato più di altri.
Ma consiglierei a Carlo Verdone di provare a dirigere un film affidando il ruolo di protagonista ad un attore che abbia tutte le corde giuste, e di osare ancora di più.
Morale licenzio questo film con l’icona del dubbio si è vero, ma cum laude, però, perché di questi tempi, meglio questo che niente ;-)
Il riccio
titolo originale: Le hérisson
nazione: Francia / Italia
anno: 2009
regia: Mona Achache
genere: Drammatico
durata: 100 min.
distribuzione: Eagle Pictures
cast: J. Balasko (Renée Michel) • G. Le Guillermic (Paloma Josse) • T. Igawa (Kakuro Ozu) • A. Brochet (Solange Josse) • A. Ascaride (Manuela Lopez) • W. Yordanoff (Paul Josse)
sceneggiatura: M. Achache
musiche: G. Yared
fotografia: P. Blossier
Trama: Adattamento cinematografico del romanzo di successo di Muriel Barbery “L’eleganza del riccio”. Parigi, in un elegante palazzo vivono ministri, burocrati, maitres à penser della cultura culinaria. Dalla sua guardiola assiste allo scorrere di questa vita di lussuosa vacuità la portinaia Renée, grassa, sciatta, scorbutica e teledipendente. All’insaputa di tutti, Renée è una coltissima autodidatta che adora l’arte, la filosofia, la musica, la cultura giapponese. Poi c’è Paloma, la figlia di un ministro ottuso; dodicenne geniale, brillante e fin troppo lucida che, stanca di vivere, ha deciso di farla finita il giorno del suo tredicesimo compleanno. Fino ad allora continuerà a fingere di essere una ragazzina mediocre e imbevuta di sottocultura adolescenziale come tutte le altre, segretamente osservando con sguardo critico e severo l’ambiente che la circonda. Due personaggi in incognito, diversi eppure accomunati dallo sguardo ironicamente disincantato, che ignari l’uno dell’impostura dell’altro, si incontreranno solo grazie all’arrivo di monsieur Ozu, un ricco giapponese, il solo che saprà smascherare Renée.
Insomma non è che devo spiegarvi io il clamoroso successo del romanzo dal quale il film è tratto, un vero best selle in Francia e non solo grazie ad un incredibile passa parola.
Qui il lavoro di traposizione dal letterario al filmico pare che, addirittura, migliori decisamente il testo da cui è tratto: la saccenza del libro lascierebbe il posto a un’opera più equilibrata, dove la protagonista non è più Renée ma Paloma, più ironica nell’adattamento di Mona Achache.
i tagli in questi casi sono un’operazionione inevitabile, ed è probabilmente goiusto ridurre il dolore di Renée quando lo stesso diventa poco più che un capriccio.
Un termine per descrivere questo film potrebbe esswere “elegante“.
Noi lo consigliamo come film da vedere assolutamente.
Rec 2
titolo originale: [Rec] 2
nazione: Spagna
anno: 2009
regia: Jaume Balagueró • Paco Plaza
genere: Horror / Thriller
durata: 85 min.
distribuzione: Mediafilm
cast: M. Velasco (Ángela Vidal) • J. Mellor • A. Casas (Larra) • L. Dolera • F. Terraza (Manu) • J. Botet (Niña Medeiros)
sceneggiatura: J. Balagueró • M. Diez • P. Plaza
fotografia: P. Rosso
montaggio: D. Gallart
Trama: Sono passati quindici minuti da quando le batterie della telecamera si sono scaricate. Sono passati quindici minuti da quando le ultime immagini del programma “Mentre voi dormite” sono state registrate all’interno dell’edificio contaminato. All’esterno una folla di curiosi si raduna dietro le transenne delle forze speciali che hanno circondato la zona. Le troupe dei telegiornali fanno pressione per scoprire cosa diavolo stia succedendo…
Con questo film la farò breve.
Il primo, di cui è stato fatto anche un discutibilissimo remake mericano praticamente identico al film spgnolo, devo dire che dopo un inizio promettente, nel finale mi lasciò perplesso assai.
Il genere è quello che con il film “Cloverfield“, un monster movie del 2008, diretto da Matt Reeves e co-prodotto dal mitico J.J. Abrams, ha raggiunto credo l’acme, e che propone allo spettatore non una storia tradizionale, ma di essere coinvolto, come se stesse partecipando, in diretta, a qualcosa che sta accadendo dal vero.
Gli aspetti formali sono tutti, pertanto, incentrati sul restituire l’impressione di una registrazione in video camera che sta avvenendo in quel momento.
Il problmema è che qui poi si tenta d’inserire temi ed elementi a sfondo esoterico, che mal si combinano con questa prospettiva narrativa, e che fanno, di questo sequel, un film da archiviare tra gli evitabili, senza grandi sensi di colpa.
Soul Kitchen
titolo originale: Soul Kitchen
nazione: Germania
anno: 2009
regia: Fatih Akin
genere: Commedia
durata: 99 min.
distribuzione: Bim Distribuzione
cast: M. Bleibtreu (Ilias Kazantsakis) • B. Unel (Shayn) • A. Bousdoukos (Zinos Kazantsakis) • A. Bederke (Lucia Faust) • P. Roggan (Nadine Kruger) • W. Wilke Mohring (Thomas Neumann) • D. Gryllus (Anna Mondstein)
fotografia: R. Klausmann
montaggio: A. Bird
Trama: Il giovane Zinos, proprietario di un ristorante, non naviga in buone acque. La fidanzata, Nadine, si è trasferita a Shanghai, i clienti del suo “Soul Kitchen” stanno boicottando la cucina del nuovo cuoco e Zinos soffre anche di mal di schiena. Per il locale, le cose iniziano a girare nel verso giusto quando l’innovativo stile culinario comincia a venire apprezzato da un pubblico alla moda, Zinos, invece, continua a soffrire per amore. Decide quindi di andare a trovare Nadine in Cina, lasciando il ristorante in mano all’inaffidabile fratello Illias, ex-detenuto. Entrambe le decisioni si rivelano però un disastro: Illias perde al gioco il ristorante che finisce in mano a un losco agente immobiliare e Nadine ha ora un altro compagno.
Questo film di Fatih Akin, autore tedesco già messosi in luce con pellicole del calibro di “La sposa turca”, vincitore di un Orso d’oro al Festival di Berlino del 2007 (nella foto: attenzione giocava in casa), e per il premio alla sceneggiatura a Cannes per la pellicola “Ai confini del paradiso”, con questo terzo film ha conquistato, niente di meno che, nella edizione del 2009, anche la giuria del Festival di Venezia che gli ha tributato un premio speciale.
Direi pertanto, considerato che Venezia da qualche anno è veramente una rassegna che è alla costante ricerca di un vero cinema di qualità, che questa pellicola debba essere segnalata nel momento in cui Carlo Verdone con il suo “Io loro e lara” ha giò incassato 1 milione di €uri, un segnale incoraggiante, anche in questo gennaio che passerà alla storia temo per gli incassi dell’attesissimo film SF in 3D “Avatar” di James Cameron, che è già un successo planetario prima ancora di essere uscito, realizzato, anche, con l’obiettivo di fare di questo regista il nuovo Re Mida di Holliwood, in quanto il suo “Titanic” è già il film che ha incassato di più nella storia del cinema (della serie tutto il mondo è paese). Ho già letto titoli che annunziano triofalistici: “Solo James Cameron poteva battere James Cameron“.
Va aggiunto che, da quello che credo, questo sia, addirittura, peraltro, il film migliore del regista, dove l’apparente scontata condizione di un immigrato in Germania (a differenza delle altre volte il protagonista non è turco ma greco), non pesi sulla sua vita.
E vai !!! A Venezia sono dei geni, bisogna ammetterlo. Ritmo e musica (quella che non manca mai nei film di Akin, datemi retta), per un film sicuramente leggero ma non scontato.
Degna di menzione pare l’interpretazione di Birol Unel (foto) ripagato dalle sofferenze dei film precedenti con un ruolo che rasenta il grottesco.
Il mondo dei replicanti
titolo originale: Surrogates
nazione: U.S.A.
anno: 2009
regia: Jonathan Mostow
genere: Azione / Fantascienza
durata: 88 min.
distribuzione: Buena Vista International
cast: B. Willis (Tom Greer) • R. Mitchell (Peters) • R. Pike (Maggie) • B. Kodjoe (Stone) • J. Ginty (Canter Surrogate) • J. Cromwell (Older Canter) • V. Rhames (The Prophet)
sceneggiatura: M. Ferris • J. Brancato
musiche: R. Marvin
fotografia: O. Wood
montaggio: K. Stitt
Trama: Agenti FBI indagano sul misterioso assassinio del figlio dell’uomo inventore dei replicanti, un fenomeno tecnologico sostitutivo che permette alla gente di acquistare versioni robotiche di se stessi senza difetti, in perfetta forma e dal bell’aspetto, e di controllarle a distanza attraverso comandi neuronali. In questo modo le persone conducono una vita indiretta rimanendo nella tranquillità e nella sicurezza delle loro case. L’omicidio però mette in crisi questo il sistema. In un mondo di maschere, chi è reale e di chi puoi fidarti?
E lo so deve campare anche Bruce Willis.
Un attore condannato dal suo aspetto fisico a girare ruoli sempre in film di azione.
Ci lamentiamo sempre di questi stereotipi e facciamo bene.
Perché è un modo per soffocare le capacità attoriali di un interprete che, invece, secondo me, avrebbe moltissime altre corde sulle quali fare leva.
Cosa ci ritroviamo, al dunque, con questo film?
A chi piace l’azione prima che la fantascienza, costoro saranno accontentati … ma mi sembra, comunque, troppo poco, per non tributare un inesorabile un pollice verso ad un film che, ammettiamolo, esce pure in un momento un po’ del cazzo (ops … ho detto cazzo … beh ormai mi è scappato), dopo le orge d’incassi natalizie e prima del kolossal di Cameron in 3D.
Ong Bak 2 – La nascita del dragone
titolo originale: Ong Bak 2
nazione: Thailandia
anno: 2008
regia: Tony Jaa • Panna Rittikrai
genere: Azione
durata: 98 min.
distribuzione: Onemovie
cast: T. Jaa (Tien) • S. Chatree (Chernang) • S. Wongkrachang (Rajasena Lord) • N. Sirichanya (Master Bua) • P. Wongkamlao (Mhen)
sceneggiatura: P. Rittikrai
fotografia: N. Kittikhun
Trama: Tailandia, era Ayutthaya (1350-1767). Il giovane Tien, scampato alla morte ma fatto prigioniero da una banda di crudeli mercanti di schiavi, è determinato ad ottenere giustizia per la morte dei suoi genitori, avvenuta per mano di un gruppo di spietati assassini. Preso sotto la protezione del capo della ‘Scogliera dell’Ala di Garuda’, Tien impara a combattere combinando le letali tecniche delle arti marziali con l’eleganza e l’agilità della danza khon, diventando presto un valoroso guerriero. Una volta finito il suo addestramento, il ragazzo si mette alla ricerca dei suoi nemici per attuare finalmente la sua vendetta.
Codesto è il sequel pardon volevo dire il prequel di Ong Bak, un film sicuramente migliore, del 2003, che nessuno, temo, in Italia ricordi.
E allora i grandi strateghi malefici del marketing nostrano, contando su un pubblico che si ammocca (termine dialettale partenopeo), la qualunque, aggiungono, al titolo, il termine “dragone“, nel fraudolento tentativo di alludere ad un film del genere wuxia plan, del quale qualche anno fa diventò un maestro il già notissimo regista Zhang Yimou con due pellicole più una terza:
- “La trigre e il dragone” – 2000 (toh guarda, ecco che spunta un bel dragone)
- “Hero” – 2002 (bellissimo, qui la mia recensione con una dotta spiegazione del significato di Wu-xia.
- “La foresta dei pugnali volanti” – 2004, pellicola girata sull’onda del successo delle due precedenti.
Il regista, per la cronaca, divenne celeberrimo per l’arci-premiato film “Lanterne Rosse“, che ebbi la fortuna di vedere in una bellissima fase del mio periodo di vita a Napoli, quando i cinema d’essai spopolavano (bei tempi).
Bene, questi film non c’entrano una fava con questa roba, che archivieremo con la vera sola del week-end, e poi non dite che non vi avevo avvisato.
A parte qualche sporadico commento entusiasta al film, io direi, invece, che siamo difronte, molto probabilmente, ad una pellicola che ha troppe pretese:
non è di pura azione, come il suo primo capitolo;
non è arte, come quello che intendeva essere.
L’assoluta mancanza di dialoghi fa risaltare una trama piatta, e l’interesse viene colto da particolari scenografici, che dovrebbero essere quantomeno secondari in un film del genere.
Non vale la pena tentare la strada del cinema, almeno secondo me datemi retta, ed il mio consiglio è di attendere, se proprio lo volete vedere, magari una visione domestica in DVD o in Blu Ray.
Non è che Tony Jaa nel ruolo di regista, autore e protagonsita, si sia montato un attimino la testa?
Quanto agli italici strateghi del marketing cinematografico:
“Padre perdona loro perché sanno quello che fanno“.
Alla prossima.
A cura di cinemavistodame.com.
Il riccio
titolo originale: Le hérisson
nazione: Francia / Italia
anno: 2009
regia: Mona Achache
genere: Drammatico
durata: 100 min.
distribuzione: Eagle Pictures
cast: J. Balasko (Renée Michel) • G. Le Guillermic (Paloma Josse) • T. Igawa (Kakuro Ozu) • A. Brochet (Solange Josse) • A. Ascaride (Manuela Lopez) • W. Yordanoff (Paul Josse)
sceneggiatura: M. Achache
musiche: G. Yared
fotografia: P. Blossier
Trama: Adattamento cinematografico del romanzo di successo di Muriel Barbery “L’eleganza del riccio”. Parigi, in un elegante palazzo vivono ministri, burocrati, maitres à penser della cultura culinaria. Dalla sua guardiola assiste allo scorrere di questa vita di lussuosa vacuità la portinaia Renée, grassa, sciatta, scorbutica e teledipendente. All’insaputa di tutti, Renée è una coltissima autodidatta che adora l’arte, la filosofia, la musica, la cultura giapponese. Poi c’è Paloma, la figlia di un ministro ottuso; dodicenne geniale, brillante e fin troppo lucida che, stanca di vivere, ha deciso di farla finita il giorno del suo tredicesimo compleanno. Fino ad allora continuerà a fingere di essere una ragazzina mediocre e imbevuta di sottocultura adolescenziale come tutte le altre, segretamente osservando con sguardo critico e severo l’ambiente che la circonda. Due personaggi in incognito, diversi eppure accomunati dallo sguardo ironicamente disincantato, che ignari l’uno dell’impostura dell’altro, si incontreranno solo grazie all’arrivo di monsieur Ozu, un ricco giapponese, il solo che saprà smascherare Renée.
Insomma non è che devo spiegarvi io il clamoroso successo del romanzo dal quale il film è tratto, un vero best seller in Francia e non solo, grazie ad un incredibile passa parola.
Qui il lavoro di traposizione dal letterario al filmico pare che, addirittura, migliori decisamente il testo da cui è tratto: per dire la saccenza del libro, sembrerebbe lasciare il posto ad un’a pellicola un po’ più equilibrata, dove la protagonista non è più Renée ma Paloma, più ironica nell’adattamento di Mona Achache.
Inevitabili in questi casi i tagli da apportare nell’adattamento ma pare che sono quelli giusti. Tolto ad esempio nella trasposizione il dolore di Renée quando lo stesso diventa poco più che un capriccio.
Insomma pare che il termine più appropriato per descrivere il film sia “elegante“.
Noi lo consigliamo come film da vedere assolutamente.