cinemavistodame.com di Roberto Bernabò

Avatar in 3D – di James Cameron

U.S.A. – 2009

analisi di eventi, esistenti e linguaggio audiovisivo

Pandora vs. America, ovvero realtà virtuale vs. realtà analogica, la riflessione ecologista, panteistica e new age, scontata e prevedibile, di James Cameron – a cura di Roberto Bernabò

Avatar

titolo originale: Avatar
nazione: U.S.A.
anno: 2009
regia: James Cameron
genere: Fantascienza / Azione / Thriller
durata: 166 min. – 3D
officiale site: http://www.avatarmovie.com/index.html
distribuzione: 20th Century Fox
cast: Zoe Saldana (Neytiri) • Sam Worthington (Jake Sully) • Michelle Rodriguez (Trudy Chacon) • Sigourney Weaver (Dr. Grace Augustine) • Giovanni Ribisi (Selfridge) • C. Pounder (Moha) • S. Lang (Col. Quaritch) • Joel Moore (Norm Spellman) • Wes Studi • D. Rao (Dr. Max Patel)
sceneggiatura: J. Cameron
musiche: J. Horner
fotografia: M. Fiore
montaggio: J. Refoua • S. Rivkin
uscita nelle sale: 15 Gennaio 2010

Trama: Nel 2154, l’umanità si trova in piena crisi energetica. Su Pandora, mondo incontaminato e dominato da una natura incontrastata, si trova un minerale rarissimo e capace di risolvere la crisi terrestre. La RDA è incaricata di estrarre questo minerale, il cui più ricco giacimento si trova sotto un possente e gigantesco albero, luogo sacro dove vive la comunità indigena locale, i Na’vi. La diplomazia e la conoscenza della loro cultura sembrano le uniche vie per dominarli e cacciarli da lì. Il progetto «Avatar», capeggiato dalla dottoressa Grace, è essenziale per lo svolgimento della missione: con la creazione di un ibrido Na’vi è possibile trasportare la coscienza di una persona all’interno di esso. Così facendo, l’interazione con i Na’vi diventa una realtà tangibile. Dopo la morte del fratello gemello, scienziato rinomato e rispettato, è il marine Jack Sully l’unico ad essere idoneo geneticamente al suo avatar. Obbligato su una sedia a rotelle, vivere in quella creatura forte e dall’enorme vitalità si rivela un’esperienza unica. Ma quando entra in contatto con la meravigliosa Neytiri, con la tribù Na’vi e con il respiro di Pandora, il dovere di proteggere quest’incredibile sogno dall’ombra dell’intervento militare del colonnello Quaritch si trasformerà in una guerra per preservare la vita del pianeta.

§§§

“Si è capovolto tutto … adesso il mondo vero è là fuori, ed il sogno qui dentro.
Jake Sully

1. Introduzione – il populismo necessario ed ineludibile di James Cameron

E’ stato un gennaio per me molto impegnativo sul piano lavorativo, questo ha sottratto molto tempo alla possibilità concreta di scrivere analisi sui film che ho visto al cinema sia a dicembre che a gennaio, (Welcome di Philippe Lioret, ovviamente, a parte, per motivi di urgenza che non sono riuscito a placare).

Avverto, come dire, la necessità d’intervenire come una voce dissonante nel coro, quasi unanime, di sperticate lodi a questo film, da parte di critici, anche stranieri, ed anche di cineblogger(s), che leggo e che stimo da parecchi anni.

Intendiamoci. Non è che il film non abbia dei pregi, che attengono direi, soprattutto (se non esclusivamente) alla dimensione visiva e d’intrattenimento, ma non certo, in alcun modo, sul piano dei contenuti e dei messaggi che racchiude.

Ed è un peccato.

E’ un peccato perché, in effetti, a volere essere onesti, il film affronta e tange (ehm si … forse più che altro le tange solamente, ahimè) una quantità vastissima di questioni, tutte assolutamente contemporanee ed importanti, e che investono molteplici piani:

  • da quello politico (pacifista e panteistico),
  • a quello esistenziale,
  • a quello del ruolo della tecnologia,
  • a quello ecologista, persino,
  • e, last but not least, a quello dello specifico filmico, che introduce, in verità, un’alquanto potenzialmente complessa riflessione, sull’uomo e la sua dimensione virtuale,
    • nonché sulla nuova frontiera che dovrebbe, e potrebbe essere rappresentata dall’avvento della seconda stagione del Cinema in 3D, che nella sua prima era si rivelò, in verità, un flop di notevoli e storiche proporzioni.

Tutto questo, però, Cameron, lo fa alla sua maniera.

Una maniera faciloneristica che tende ad ibridare temi “alti” con “mise-en-scène”, invero, assai banali e semplicistiche. Una maniera, cioè, che non mi ha mai convinto, e mai lo farà, fino a quando questo regista avrà la presunzione, oltre che la velleità, di voler fare dei film colossali, con budget faraonici, progettati, con premeditazioni degne di migliori cause, con un unico obiettivo: “fare un sacco di soldi“.

Intenzione che non si discute, intendiamoci, non è che credo che il cinema sia solo un fatto autoriale, ed artistico … non sono così idealista e fondamentalista, ma che nel caso di specie, per certi versi, è paradossale.

In quanto finisce per essere in palese contraddizione con i tanto semplici quanto chiari messaggi verso l’alto del film, che propongono la Società dei Consumi Capitalista di stampo americano – pronta a distruggere nuove civiltà, per conquistare un’improbabile minerale preziosissimo sulla terra (un riferimento all’oro che ho trovato persino irritante) – come una sorta di agente alchemico dell’universo (ma non lo aveva già detto un certo Lars von Trier?), che sta gradualmente anestetizzando la coscienza di coloro che s’impegnano nell’attuazione dei disegni di arricchimento personale, a vantaggio di misconosciuti azionisti e possessori di capitali.

Trovo quanto meno fastidioso che a lanciare un così nobile messaggio, sia proprio un regista, James Cameron, che questa società sfrutta, populisticamente, esclusivamente per perseguire l’obiettivo di superare gli incassi di un altro film, progettato a tavolino per raggiungere il medesimo obiettivo (Titanic –  USA, 1997), ovverosia il produttore di entrambe le pellicole, già consegnate ai posteri come quelle che sono costate di più nella storia del Cinema.

1.1. La questione dei soldi

Ora, come dire, la questione (quella dei soldi spesi e, quindi, da incassare), non è secondaria, nel valutare il cinema di questo regista, come potrebbe sembrare.

Perché è ovvio che chi gira il film più costoso della storia del cinema, ha, come dire, la necessità di raggiungere grandi incassi, e, quindi, grandi masse per giustificare l’impresa.

Questa necessità, evidente quanto ineludibile, diventa, a sua volta, come dire, un contesto nel quale è necessario agire per potere costruire l’opera.

Ed il cinema di James Cameron (quanto meno nelle sue ultime due produzioni), diventa, al tempo stesso, agente attivo e passivo di questa prospettiva.

Lo è in maniera attiva, con qualche segno di merito, perché è ovvio che per poter ottenere i finanziamenti per cose del genere, bisogna, necessariamente, inventare qualcosa di “straordinario“, in tutte le accezioni possibili del termine.

Lo è in maniera passiva perché per potere essere certi di realizzare grandi incassi, richiesti sicuramente da coloro che sul progetto investono, è necessario essere altrettanto certi di potere convincere grandi masse a vedere il film, obiettivo che, nell’era della comunicazione globale, è questione che il business system di Hollywood, sa gestire senza problemi, ma che deve, di contro, essere perseguito con un necessario allineamento di tutte le dimensioni del progetto.

Ciò impone al regista, ed agli sceneggiatori, di agire in un ambito molto circoscritto, in cui è necessario rendere, come dire, “accessibile” la fruizione a tutti.

Ed è qui che i verbi, come diceva spesso mia madre, iniziano a diventare difettivi.

2. La semplificazione e la banalizzazione dei temi ed i plagi ad altri film


Qui entriamo nello specifico di questo film.

Insomma, sia chiaro, il film affronta, in 166 minuti, una tale quantità di questioni che neanche il Dalai Lama, in persona, in tutta la sua vita ha mai pensato di comprendere in profondità, … figuriamoci James Cameron.

La prima è quella, solo apparentemente paradossale, della contrapposizione tra l’enfasi tecnologica che questo film rappresenta – con la sua produzione direttamente in 3D, grazie all’utilizzo di cineprese costosissime, oggetto di precisi requirements dello stesso Cameron, che sono in grado di riprendere direttamente incorporando l’effetto stereoscopico, nonché rappresentando, già in macchina, le aggiunte visive che prima era possibile “vedere nel contesto della sequenza”, e quindi controllare, solo in post produzione – e l’elementarità, quasi primitiva, del popolo che vive sul pianeta Pandora (vi prego … risparmiatemi di citare il riferimento al mito dell’omonimo Vaso …), i Na’vi, esseri di dimensioni gigantesche (secondo i nostri calcoli circa 12 metri di altezza), dotati di un forte senso della vita, che credono in un’energia che collega tutti gli esseri viventi (no banalizzare la religione buddhista no … vi prego), che adorano, in una valle luminescente abitata da “spiriti puri“, simili a meduse volanti, anche loro luminosi, una divinità che li mantiene in connessione con i propri avi.

Gli esseri, e chiudo, hanno la pelle di colore blu, e gli occhi d’oro. (No dico ma per favore vi prego … ma che siamo finiti in un film dei puffi?), roba che se li scopre Silvio Berlusconi, credo che vada in visibilio, in quanto tali sembianze, ne sono certo, corrispondono, perfettamente, al prototipo dell’uomo PDL (azzurro con gli occhi d’oro, … si ho fatto la battuta).

La seconda questione, probabilmente la più seria del film, è quella che è racchiusa nel titolo.

2.2. Avatar. La “film idea

Ciò che rappresenta, è evidente, il fulcro di tutta l’opera. La “film idea” del Cameron in 3D, (ma anche di quello in 2D, dai).

Nella dimensione contemporanea, quella reale intendo, il concetto di Avatar, quanto meno per chi conosce internet ed i videogiochi (e già gira un videogioco del film, tu guarda, presente anche nell’App Store di Apple),  non è affatto un concetto così straordinario.

E’ una nozione, però, ammetto, molto interessante,  perché, normalmente, nell’avatar, all’alter ego virtuale, è come se l’uomo contemporaneo, proiettasse un se stesso idealizzato, diverso, migliorato. Basta avere navigato anche una sola volta in Second Life, per afferrare, con maggiore profondità, il concetto che ho tentato di esprimere, ed è uno dei motivi per cui, io, ad esempio, non ho mai compreso né, amato questo fenomeno (quello di Second Life per intenderci).

2.3. I riferimenti a Matrix dei fratelli Andy e Larry Wachowski

Ma anche qui, a riflettere bene, il cinema dei fratelli Andy e Larry Wachowski, nel loro capolavoro (quello si, anche senza 3D), Matrix aveva già svolto riflessioni, molto importanti, su questo specifico aspetto, e, credo, che a volere essere sospettosi, non è questa l’unica analogia tra questo film e l’opera di James Cameron.

In molte sequenze, quando cioè l’ex marine Jack Sully rientra cosciente abitante del suo corpo vero, la mia mente è andata a Neo di Matrix.

Sulla questione dell’Avatar, sia in Matrix che in Avatar, infatti, l’eroe della storia utilizza e di fatto manovra, il suo se stesso virtuale, attraverso una connessione tra questi e l’essere umano in carne ed ossa.

Come in Matrix, le capacità dell’umano risultano potenziate, nella sua dimensione virtuale.

Ma l’analogia (o dovrei dire il plagio), è anche più profonda.

Mentre nell’agito reale e contemporaneo degli avatar, fino a questo momento, disponibile, nelle dimensioni di realtà virtuale a cui abbiamo accesso, gli esseri umani hanno utilizzato questo mezzo per fini tutto sommato stupidi, spesso addirittura vanesi, auto rappresentandosi con caratteristiche tendenzialmente migliori del se reale, in entrambi questi film l’avatar diventa una sorta di protezione che conduce l’eroe alla scoperta di se stesso.

2.4. L’archetipo narrativo dell’eroe di Avatar

L’archetipo che “regge” i due esistenti Neo e Jack Sully è il medesimo.

Un uomo, una sorta di “predestinato” o di “eletto“, fate vobis, (non dimentichiamoci, ad esempio, che Jack Sully, ha accesso all’avatar inizialmente destinato al fratello, e nonostante lo scetticismo iniziale della scienziata dottoressa Grace Augustine, e nemmeno che il film è prodotto dalla Dune Production, forse un riferimento all’omonimo film), entra in una connessione più spirituale e profonda con il se interiore, attraverso una sorta di viaggio iniziatico, per il quale viene addestrato (da Morpheus nel caso di Matrix, e da Neytiri nel caso di Avatar), che potrà intraprendere grazie al suo io avatar, e nel quale sarà costretto a superare molte prove, fino allo scontro finale, solo apparentemente senza molte speranze, con i suoi antagonisti.

Cioè, in pratica, mentre noi utilizziamo l’avatar per evadere da noi stessi, e visualizzarci in un altro noi, al quale affidiamo una parte assai vanesia e fragile e futile, nonché la visualizzazione, dei nostri desideri, nell’avatar dei protagonisti di queste due opere la questione è esattamente ribaltata.

E’ l’avatar che finisce per diventare l’essere vero, quello che agisce, e l’obiettivo di questi esistenti virtuali, è il medesimo: quello di salvare una razza, renderla consapevole delle proprie potenzialità, e di unire e vedere l’altro in una dimensione nuova.

Forse è qui lo scarto tra i due film.

Mentre in Matrix gli altri sono solo delle macchine cattive, e, come tali, destinate alla loro autodistruzione, in Avatar la prospettiva è ancora più velleitaria e panteistica.

Nella memorabile sequenza in cui Neytiri sorride e “vede” e “ama” le reali sembianze di Jack Sully, c’è forse il contenuto più alto del film.

Il tema che, credo, sarà il quello dell’intero inizio del terzo millennio.

2.5. L’accettazione dell’altro ed il tema ecologista – panteistico

L’accettazione dell’altro, del diverso in termini di stirpe, di etnia, di colore (ma tu guada) della pelle.

Tutto questo è metaforizzato, e simbolicamente rappresentato, da un mondo, quello di Pandora, superiore a quello umano, abitato dal popolo dei Na’vi, molto più progredito di quello degli abitanti della Terra rappresentati nel film, in termini di maggiore consapevolezza esistenziale, e capacità di vivere in simbiosi con l’habitat naturale che lo circonda, e con gli altri esseri viventi che lo abitano.

Io tutto questo lo colgo, lo apprezzo, ma lo trovo, sinceramente, affrontato e risolto in un modo troppo semplicistico nella sua mise-en-scène.

2.6. Il rapporto protagonismo – antagonismo e lo sviluppo del conflitto

Così come è eccessivamente semplificato e banalizzato il rapporto protagonismo-antagonismo e lo sviluppo del conflitto.

Tutto come da manuale di sceneggiatura, intendiamoci.

Non dimentichiamoci che James Cameron, nasce come sceneggiatore capace, che sa sviluppare il conflitto in più dimensioni.

Quella etica, quella sociale, quella valoriale, quella razziale, quella inter-personale ed infra-personale. Etc.

Ma tutto questo in maniera troppo evidente e smargiassa.

Si, insomma, sapevamo già che l’imperialismo americano ha dietro l’industria della guerra, e che i militari al cinema non fanno, quasi mai, una bella figura, ma l’accanimento del capo degli ex marines (il colonnello Quaritch) assoldati su Pandora, è eccessivo persino se agisse in un film di supereroi.

Andiamo su, ma che davero?

2.7. Gli altri plagi del film: “Balla coi lupi” ed “Il signore degli anelli”

Ma i plagi (o presunti tali), di questa opera, non si limitano a quelli, evidenti, verso il film Matrix, ma invadono il campo di almeno altre due pellicole:

Balla coi lupi” – di Kevin Costner e “Il signore degli anelli” – di Peter Jackson, addirittura una trilogia basata sull’omonimo romanzo scritto da John Ronald Reuel Tolkien, che, guarda caso, insieme a Ben-Hur, Titanic (toh guarda), ed Il Ritorno del Re, è il film che ha raccolto il maggior numero di premi Oscar, 11, e complessivamente la saga è la più vittoriosa della storia: 17 statuette.

Dal primo Cameron attinge un’altra componente dell’archetipo del protagonista.

Un uomo che tradisce la sua stirpe, per abbracciare la causa ecologista e pura, di un modo di vivere,  di un’altra, quella degli indigeni indiani che vivevano nelle terre americane prima dell’avvento degli Stati Uniti d’America, fino a diventarne il condottiero.

Dalla seconda molteplici sono le analogie, citerò la più evidente: le sequenze in lingua originale di una lingua inesistente se non nel film, quella degli indigeni.

Ora è persino inutile e superfluo che mi dilunghi, ancora, su tali elementi concluderò questo lungo capitolo con una sola considerazione.

Abbiamo dimostrato che, dal punto di vista narrativo, è pacifico che Cameron non ha realizzato, in alcun modo, un film innovativo.

3. Circa la rappresentazione degli eventi

L’altro vero grosso limite del film – volendo fare finta che James Cameron abbia scritto una storia nuova, originale, come si usa dire, in termini tecnici, che abbia pertanto soltanto citato, per essere buoni, le opere da me confrontate con il suo film, come omaggio a pellicole che, prima della sua, hanno trattato i temi che avrebbe affrontato in questo kolossal – è quello del modo in cui gli eventi vengono rappresentati.

Cioè, intendo alludere a quella cosa che altri chiamano suspence.

Accorgimento indispensabile in un film di 166 minuti, con il quale, generalmente, l’autore stimola continuamente la partecipazione dello spettatore, proponendo, ad esempio, possibili piste per lo svolgimento della trama. L’avvenimento narrativo che scioglie la tensione generata dalla suspense è la risoluzione del mistero, che di solito avviene in maniera totalmente razionale, senza dettagli in sospeso o nodi da sciogliere.

Strategia narrativa che tende, in pratica, ad aumentare la difficoltà d’immaginare, bit dopo bit, come si svilupperà la storia, tanto più in un film di fantascienza, nel quale un popolo di indigeni abitanti di un altro pianeta, combatte con la razza umana una battaglia decisiva per decidere quale delle due compagini vincerà il controllo del territorio.

Un elemento centrale del genere, che serve a tenere con il fiato sospeso anche lo spettatore più colto e cinefilo.

Qui io trovo che Avatar, sia un film imbarazzante per la sua prevedibilità.

Lidia mi è testimone.

Io le anticipavo, via via che scorrevano le sequenze, cosa sarebbe accaduto di li a poco.

Compreso il modo, che non cito, con cui si definisce quale dei due popoli vincerà lo scontro finale.

Cioè … scusate pago 10 euri per assistere ad un’opera, di cui tutto il mondo parla, e mi auspico di godermi uno spettacolo pirotecnico, dove l’ultima cosa che ho piacere di fare, è quella di capire, step by step, tutti gli snodi di un racconto, di 166 minuti, che, a fronte di questo grave limite, diventa, improvvisamente, incredibilmente lungo, posto che sappiamo già come andrà a finire.

E dire che ho sperato fino all’ultimo di essere smentito.

4. Circa gli esistenti

Anche gli esistenti, dunque, risentono della prospettiva populistica e semplificativa del kolossal alla Cameron.

Non possiamo non iniziare proprio dal protagonista, l’ex marine Jack Sully che da essere umano, disperato, senza gambe, si trasforma in uno scapestrato avatar Na,vi, che:

  • sfugge al controllo dei suoi stessi inventori,
  • grazie al suo coraggio convince lo scetticismo dell’intero popolo Na,vi,
  • apprende con una velocità degna di Speedy Gonzalez tutti i trucchi e tutte le abilità del popolo che dovrebbe tradire, ma del quale, invece, deciderà di diventare, niente di meno che, il nuovo condottiero.

Insomma altro che John Dunbar in “Balla coi Lupi“.

Ma anche l’esistente forse più interessante del film, la bellissima Neytiri, che sembra, come dire, tradire la sua natura di essere superiore e sensibile quando finisce per innamorarsi, come una teenager qualsiasi, di Jack Sully, (non ne sarebbero così stupiti persino i genitori se così non fosse, peraltro), in un crescendo di banalizzazione, di frasi new age del tipo “Ti vedo“, messa in scena che lascia alquanto perplessi, perché ci aspettavamo di essere messi a parte, con maggiore profondità di contenuto, di qualche segno maggiore  per essere maggiormente emotivamente partecipi di questo cambiamento interiore, come avviene ad esempio, per quelli consistenti e molteplici, che hanno caratterizzato, nel film Matrix, la crescita spirituale e di capacità di Neo ed il progressivo e corrispondente  innamoramento di Trinity.

Carenze e banalizzazioni che racchiudono già in se, tutti gli elementi di una potenziale parodia. Che già me la immagino … e che non sarebbe difficile da realizzare, ammettiamolo.

Tralascio gli esistenti che aiuteranno l’eroe nella sua impresa.

Come l’ammutinata marine Trudy Chacon, una bellissima Michelle Rodriguez ok, (ma che nessuno punisce, né ferma, come mai?), e che sarà, invece, determinante nell’epilogo della storia.

O come la stereotipata scienziata dottoressa Grace Augustine (una bravissima Sigourney Weaver che sembra, però, uscita dall’ultimo Alien). Che vince lo scetticismo verso il marine Jack Sully, e che finirà per aiutare, senza rinunciare ad un certo fondamentalismo scientifico, che è sicuramente l’ennesima visione banalizzata, e addirittura fastidiosamente presuntuosa, del Cameron re Mida di Holliwood, che tutto può criticare e che tutte presume di sapere.

5. Conclusioni – le due disallineate dimensioni dell’opera

Insomma concluderei questo lungo post dicendo che il Melò in salsa futuristica e virtuale dell’ultima fatica di Cameron ha due dimensioni.

Una prima eminentemente visiva e di intrattenimento, che è sicuramente di notevole potenza e che diciamo ci ripaga, quanto meno in parte, dell’idea di assistere ad una proiezione in 3D del film.

Ed una seconda che attiene alla storia ed al discorso, che costruiscono l’aspetto narrativo. Il modo, cioè, in cui gli eventi e gli esistenti vengono narrati.

In questa seconda dimensione abbiamo espresso, in questo post, le nostre idee circa i grossi limiti dell’opera.

5.1. Il 3D è la nuova buona novella che salverà il cinema nelle sale?

Concludo con la mia personale risposta a questa domanda.

Ne dubito fortemente, signori.

Quanto meno non a questi costi.

Se è vero, come è vero, che per rientrare nei costi del film, persino Cameron ha lanciato questo suo blockbuster movie anche (e aggiungerei prevalentemente), in 2D (in quanto molte sono ancora le sale che non hanno le potenzialità e le caratteristiche per potere fare fruire un film in 3D).

Insomma chiarisco meglio: credo che questa tecnologia abbia dei costi, al momento, troppo incidenti sulla produzione, ed il risultato in 2D sia ancora molto accattivante.

Sulle altre questioni sulle quali si disserta del film, credo che si stia facendo molto rumore per nulla, o quasi.

Archivio quest’opera come una pellicola che non lascerà tracce nella storia del cinema (se non, ovviamente, per gli incassi e per il suo costo di produzione), perché disancorare, così tanto, un’eccellenza formale, da un altrettanto eccellenza nello spessore dei temi, è un’operazione che, ci auguriamo, non venga seguita.

Se il 3D aggiungerà, e chiudo, nuove prospettive al cinema, ed alla visione delle pellicole in sala, non sarà certo questo film quello che ci aiuterà a capirlo, temo.

Nonostante sarà quello che incasserà di più nella storia del cinema. Con buona pace dell’appagamento della bramosia di fama e di gloria di James Cameron.

Magari quello di Tim BurtonAlice in Wonderland“, ci dirà di più, immagino.

Mi dispiace. Ma io la penso così.

Ah, e quanto all’originalità della storia, leggetevi, anche, questo post, o quest’altro.

Ok, per farmi perdonare di questa stroncatura, pubblico un video che restituisce (come peraltro io stesso riconosco), la complessità che James Cameron ha affrontato per produrre questo film nella sua dimensione visiva.

Alla prossima.

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daniela
daniela
14 anni fa

AVATAR non mi è piaciuto ! una noia bestiale e lo vado dicendo in giro
per me è una carnevalata
tu l’hai detto molto meglio !
man mano che leggevo la tua analisi precisa e circostanziata ,
mi tornava il senso di irritazione che provavo durante la proiezione del film !!
è disonesto creare tutto quel contesto scenografico e avveniristico per veicolare tante banalità

akiro
14 anni fa
Reply to  daniela

quando la rivincita della natura è una banalità…
as usual

ava
ava
14 anni fa

che gioia avr trovato qualcun altro che sulla connenction ha avuto il coraggio di dare un’insufficenza a questa vacc.. opps presunto capolavoro! ;)

Roberto Bernabò
14 anni fa
Reply to  ava

@ava … gioia perfettamente e simmetricamente ricambiata ;-)

Rob.

Noodles
14 anni fa

mi fa piacere leggere che non sono il solo a criticare l’assoluta ingenuità dell’apparato narrativo di Cameron, come sempre d’altronde nel suo cinema. Anche Titanic in fondo era più che semplicistico. Avatar non coinvolge per me proprio perché ha personaggi e movimenti di intreccio davvero troppo scontati, una razzia male assestata da vari altri film.

Roberto Bernabò
14 anni fa
Reply to  Noodles

@Noodles Assolutamente d’accordo. Non ho voluto infierire su Titanic … ;-)

Con stima.

Rob.

Franca Maenza
14 anni fa

Anch’io mi accodo. La tua critica puntuale, articolata, la condivido dalla prima all’ultima riga. Scopro il tuo sito, proprio perchè è uno dei pochissimi che non ha parlato di questo film come uno spartiacque epocale.

Complimenti per la tua analisi.

Una piccola cinefila “de core”…

Roberto Bernabò
14 anni fa
Reply to  Franca Maenza

@Franca Maenza…grazie dell’apprezzamento … che dirti siamo già d’accordo.

Un caro saluto.

Rob.

kusanagi
14 anni fa

Ho scritto una recensione molto simile alla tua, seppure non cosi’ articolata.
Un’altra evidente rapina del film e’ quella da Dune, come gia’ altri hanno fatto notare.
Un pianeta su cui bisogna estrarre un materiale indispensabile, una razza aliena indigena del posto, uno straniero che e’ capace di domare la piu’ grande creatura del posto e che impara i costumi degli indigeni senza problemi.
Addirittura il duello finale con il coltello !!!

Comunque secondo me Avatar e’ piu’ importante che bello, e vale la pena di esser visto per le qualita’ visive

Roberto Bernabò
14 anni fa
Reply to  kusanagi

@kusanagi … ehm veramente il riferimento a Dune di David Lynch l”ho colto e citato, quando parlo della Dune Production ed ho anche linkato, dal post, la pagina di wikipedia del film, e troppe altre ce ne sarebbero di citazioni da fare.

Si il film va visto, e, diciamolo, va visto in 3D, non fosse altro per poter poi dire … che aveva ragione Rob. Eheheh. ;-)

Grazie del commento e a presto.

Rob.

akiro
14 anni fa

questa volta non concordo, hai dato ottimi spunti di riflessione ma il voto mi sembra fin troppo condizionato da quella presunta contraddizione dovuta ai soldi spesi ed allo scopo della pellicola.
Qui si voleva fare un film spettacolare in primis e direi che ci han preso proprio.
Poi la prevedibilità, in questo caso, è per me una questione personale. Alcune cose me le aspettavo anch’io, ma più sull’esito di singoli eventi che sulla trama in toto.

Roberto Bernabò
14 anni fa
Reply to  akiro

@akiro … questa è la mia opinione, ci mancherebbe. Ognuno ha diritto alla sua, … ma a me Cameron è da parecchio che non mi convince, che ci vuoi fa … ;-)

A presto e grazie del commento.

Rob.

Emanuele C.
14 anni fa

D’accordo in tutto. Anche io via via che scorreva il film era come un esercizio di sceneggiatura: tutto stereotipato. Ha detto bene Michele Placido in una famosa conferenza stampa e quasi per caso:”voi americani fate guerre in giro per il mondo e poi fate i buonisti con i film contro la guerra”. Sul 3D non sono d’accordo, forse è una delle novità che potrebbe attirare il grande pubblico per farlo tornare nelle sale invece che farlo rimanere a casa davanti ormai allo schermo piatto.

Roberto Bernabò
14 anni fa
Reply to  Emanuele C.

@Emanuele … vedo che la pensiamo allo stesso modo. Speriamo che con Obama qualcosa cambi. Il cinema in 3D avrà sicuramente una declinazione per gli home video so che nasceranno televisori e nuovi blo ray dual mode in grado di garantire una visione in 3D anche in casa.

Certo che la sala cinematografica è tutta un’altra esperienza … ma questo vale anche con il cinema tradizionale …

A presto.

Rob.

Antonello
14 anni fa

D’accordo su tutto, punto per punto, rob. Aggiungo che mi sono anche un po’ annoiato

ruckert

Roberto Bernabò
14 anni fa
Reply to  Antonello

@rukert – Antonello:Vedo che siamo d’accordo come sempre ;)
Una tavanata galattica all’americana, altro che capolavoro …

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