Italia – 2010
analisi di eventi, esistenti e linguaggio audiovisivo
In direzione ostinata e contraria lucana – a cura di Roberto Bernabò
Basilicata coast to coast
titolo originale: Basilicata coast to coast
nazione: Italia
anno: 2010
regia: Rocco Papaleo
genere: Commedia / Musicale
durata: 105 min.
distribuzione: Eagle Pictures
cast: Rocco Papaleo (Nicola Palmieri) • Giovanna Mezzogiorno (Tropea Limongi) • Alessandro Gassman (Rocco Santamaria) • Paolo Briguglia (Salvatore Chiarelli) • Michela Andreozzi (Lucia) • Claudia Potenza (Maria Teresa) • Max Gazzè (Franco Cardillo)
sceneggiatura: Walter Lupo • Rocco Papaleo
fotografia: Fabio Olmi
montaggio: Christian Lombardi
Sinossi: “Basilicata coast to coast” è un viaggio denso di imprevisti e di incontri inaspettati che porta una combriccola di musicisti a mettersi in viaggio per partecipare al Festival del teatro-canzone di Scanzano Jonico, attraversando a piedi la Basilicata, dal Tirreno allo Ionio.
“La Basilicata esiste, è un po’ come il concetto di Dio, ci credi o non ci credi.”
Nicola Palmieri
“Eseguiremo ora un pezzo del mio amico Nicola Palmieri: Alba barra tramonto.”
Rocco Santamaria
1. Introduzione – dedicata al recupero del cinema commedia brillante all’italiana, d’evasione, musicale e di contenuto
In questo film di esordio di Rocco Papaleo – un attore che seguo da tempo con un certo interesse, forse proprio perché, nelle sue interpretazioni, spesso sopra le righe, almeno quanto contro corrente, intravedo qualcosa di me – ho trovato conferma a molte delle cose che penso, e che sostengo, in questo blog, da anni.
In questa opera prima, peraltro, il processo d’identificazione da un lato, e quello di piena condivisione dall’altro, hanno fatto ancora più breccia sul mio ancestrale gusto critico verso il cinema d’evasione ed all’ontologia della commedia brillante all’italiana, che grazie a fenomeni come i “cinepanettoni” ed i “cineombrelloni”, si è ormai ridotta ad una serie di espedienti sempre più volgari ed approssimativi, nonostante il lustro che, invece, ha, da sempre, saputo dare al Cinema italiano.
Molto semplicemente perché questo autore (e mi piace chiamarlo così), ha capito che questa rincorsa all’incasso-salva-cinema-italiano poteva (ed io sostengo doveva), essere frenata da una spettacolare dimostrazione di archetipi, narrativi ed estetici, praticamente opposti, ma che, in realtà, a guardare bene, non solo dimostrano che è ancora possibile, vivaddio, girare pellicole intelligenti, raffinate e divertenti, senza per forza, ricorrere alle ormai troppo logore scappatoie legate agli stilemi, diventati ahimè veri e propri dogmi, dei generi sopra citati, ma che è, anzi, ancora, cinematograficamente possibile, sperimentare, in un mondo sempre più cinico ed in crisi permanente di valori, e con un film, peraltro, low budget:
- il recupero, nello sviluppo della storia e del discorso, di elementi, anche enogastronomici, molto local, quasi, cioè, antitetici al concetto di globalizzazione, nel caso di specie, il viaggio coast to coast all’interno della regione del meridione d’Italia, forse, meno conosciuta di tutte – non certo da me, peraltro – per motivi che sarebbe anche lungo spiegare: la Basilicata;
- installazioni di energia rinnovabile ed a zero emissioni;
- archetipi narrativi che si presentano, tutti, come anti-eroi, non solo con riferimento all’intreccio del film, ma, anche, agli stereotipi di genere, imperanti, nel nostro cinema italiano, e non solo, contemporaneo;
- la narrazione di due elementi folk, neanche vintage, ma direi storicamente caratterizzanti il meridione d’Italia:
- la musica;
- la poesia.
Come si può non amare, dunque, questo film del novello regista Rocco Papaleo?
Un attore che mi sta, e non solo drammaturgicamente, simpatico, sin dai tempi del telefilm “Classe di ferro” (1988), e che è diventato una sorta di novello Stefano Satta Flores, grazie al corto capolavoro candidato agli Oscar “Senza parole“, al massimalista di sinistra de “Il pranzo della domenica“, dei fratelli Vanzina (forse la sua interpretazione più riuscita), fino agli ultimi ruoli nei film Pieraccioni, dove è sempre stato, per me, “la cosa” migliore.
Chi lo conosce sa che canta, suona e, soprattutto, che è lucano.
“Basilicata Coast to Coast” è, quindi, da considerare un riuscitissimo omaggio alla sua terra, fatta nel momento del suo esordio alla regia.
§§§
2. Circa gli esistenti – l’anti-eroe nel cinema di Papaleo
“Le pale eoliche” ovvero:
un gruppo musicale più scalcinato dei Leningrad Cowboys di Kaurismäki, che attraversa, a piedi, la Basilicata coast to coast, per partecipare al Festival del teatro-canzone di Scanzano Jonico.
Regista altruista (una novità), Papaleo si mette da parte, a favore dell’attorucolo Alessandro Gassman, nonché suonatore di custodie di contrabbassi (molto divertente, e mai così simile al padre), del surreale contrabbassista muto per scelta Max Gazzè (al suo primo film, autore della splendida colonna sonora), dell’eterno subordinato Paolo Briguglia e della giornalista, in crisi d’identità, Giovanna Mezzogiorno.
Inno al pane e frittata di mamma, ai paesaggi lucani ed all’amicizia.
Tutti questi personaggi, a guardarli bene, nell’evolversi dell’intreccio, finiranno (ed è questo uno degli elementi di pregio della sceneggiatura, molto ben scritta a mio giudizio), per ribaltare, direi completamente, con un progressivo e ben calibrato susseguirsi di colpi di scena, il loro obiettivo che, in apparenza, sembra chiaro, ad una prima, forse suggerita, analisi dei loro rispettivi archetipi narrativi.
§§§
3. Circa gli eventi – e l’universalmente piccolo lucano
Decisi ad attraversare la Basilicata dal Tirreno allo Ionio, in nostri eroi – anti-eroi, intraprenderanno un viaggio picaresco ed iniziatico, ripreso da una televisione parrocchiale ed accompagnato dall’ennesimo archetipo, pronto al suo ribaltamento, una giornalista svogliata e annoiata, figlia di un onorevole lucano, che ci riserverà una stupefacente sorpresa nel finale.
Tra una canzone alla luna, ed un bicchiere di Aglianico del Vulture, Nicola e compagni accorderanno la loro vita, più che i loro strumenti, e canteranno, sotto una catartica pioggia, la loro canzone più bella.
Finalmente lo spazio comico e lirico torna ad essere quello dell’Italia meridionale.
Un’area geografica che il cinema italiano ha frequentato, negli ultimi tempi, quasi solo per raccontare la criminalità organizzata e la globalizzazione del male, le sue periferie degradate ed il disagio socio-economico delle sue genti. Ma anche, più nello specifico della regione lucana, di uno dei capolavori di Pier Paolo Pasolini, “Il Vangelo secondo Matteo“, ed del discusso film su “La Passione di Cristo“, di Mel Gibson.
A quei personaggi del cinema che descrive il contemporaneo criminale, privi d’innocenza, che muoiono alla luce di lampade abbronzanti, Papaleo invece contappone, al suo debutto dietro la macchina da presa, un contemporaneo altro, abitato dai suoi modernissimi antieroi lucani.
Nella sua personalissima e ben orchestrata mise en scène Papaleo ci regala, al dunque, la graduale condivisione della sua notevole conoscenza della realtà antropologica e culturale basilisca, troppo spesso, ahimè ignorata, attraverso un viaggio ed un’esperienza che indaga il cuore del Sud, e lo contiene tutto all’interno di una commedia e di una regione, eletta, quasi paradossalmente, ad icona dell’intero meridione, forse proprio per la sua ancestrale arcaicità, intesa, però, in positivo come:
- valori,
- usi,
- costumi,
- tradizioni,
sempre meno frequentati, sia dal cinema, che dai media tradizionali.
Un collage, anche emozionale, che si compone on the road, con improvvisi, ma molto ben inseriti e calibrati, cambi di registro narrativo, in modo fresco, creativo, scanzonato, divertente e poetico.
Vuoi per la sapiente capacità di descrivere i luoghi, nonché in quella, altrettanto notevole, di creare un’atmosfera, vuoi per la felice riuscita di alcune caratterizzazioni, ma, soprattutto, per la profonda sincerità che deriva da premesse chiaramente autobiografiche.
I musicisti descritti da Papaleo si muovono, infatti, a piedi, sullo sfondo di una periferia mediterranea e solare, ed i loro sguardi si aprono su una natura “popolare”.
§§§
4. Conclusioni
Alla luce piena di un sole che sta “di fronte” a loro (quasi un riferimento ad una rinascita del genere commedia all’italiana musicale e regionale), e dentro alla vitalistica solarità di una cornice senza ombre, i quattro protagonisti escono da loro stessi e crescono nel viaggio, con l’obiettivo di proporre un finale doppio, verso un ritmo altro, ed una musica altra, che pervade il film dall’inizio, risolvendosi in un concerto alla luna in una catartica risoluzione di tutti i conflitti aperti dall’intreccio.
Fermandosi ad Aliano per un brindisi a Carlo Levi ed a Gian Maria Volonté (che lo ha interpretato sullo schermo per Francesco Rosi), a dimostrazione che il divertimento scanzonato può essere accompagnato dalla citazione dotta oltre che cinefila, e proseguendo in una sorta direzione ostinata e lucana, i vaghi musicisti sono mossi all’azione, solo apparentemente in funzione della ricerca dell’altro, approdando, invece, direi in maniera più pregnante, alla consapevolezza di sé.
A Papaleo non interessa, tanto, la ricerca e l’espressione di un malessere esistenziale, quanto la forma subliminale e distratta di quell’espressione.
Nonché la sua quasi utopistica risoluzione.
“La Basilicata esiste, è un po’ come il concetto di Dio, ci credi o non ci credi.”
E che non è certo quella dei dei briganti nazionali e dei guerriglieri argentini, citati in maniera quasi dissacrante, che ha “contaminato” tradizioni irrazionali con leggende tangibili.
Ma una Basilicata raccontata con leggerezza, e poesia, che procede da una costa per andare verso l’altra, seducendo il pubblico con la lentezza dell’andare e la pienezza dei colori, dei suoni, ma, soprattutto, dei volti, impenetrabili e immobili, come quello di Max Gazzé, bassista di molte note e nessuna / poche parole.
Geniali alcune trovate formali, come il montare dei finti fuori onda della ripresa documentarista della giornalista.
Quasi a suggerirci che il vero valore di un documentario è tutto quello che accade fuori dal campo della ripresa.
Notevole e geniale trovata, non c’è che dire.
Insomma, e chiudo, Basilicata coast to coast è un film in cui il gusto del senso compiuto s’ibrida e si mescola, fino a formare un unicum, con il nonsenso, e nel quale riscopriamo che abbiamo, per troppo tempo, abbandonato l’idea che, si, è vero, avvertiamo urgente il bisogno di riscoprire la musica, e la poesia, per vivere, per resistere, in questo mondo che cambia, dove solo ciò che rimane, irrimediabilmente, uguale a se stesso, sembra offrirci, ancora, il nostro buen retiro.
Alla prossima.
e non dimentichiamo i soldi ricevuti dalla total, compagnia petrolifera. quello sì che è un prodotto tipico lucano
@Giovanni Ho deciso di pubblicare i suoi commenti.
Non amo nascondere il dissenso ai miei post.
Ma ci tengo a dirle che non approvo il modo con cui lei si rivolge alla mia persona. Nè quello con cui getta discredito gratuito su un autore che stimo e apprezzo.
Non mi considero “alla frutta” solo perché sostengo un film, che ha vinto mille riconoscimenti.
E quelli non glieli ho dati io.
Circa le modalità con cui un cineasta si procura i finanziamenti, nonché l’entità degli stessi, non sono un problema mio, sopratutto se non sono state violate leggi dello Stato.
Anche se, per pura ipotesi, le cose che lei afferma, fossero supportate da prove, che lei non fornisce, le stesse peraltro, non sposterebbero di un grammo il mio apprezzamento per l’opera di Rocco Papaleo.
“Basilicata Coas to Coast” è, e lo ribadisco, un film fresco, creativo, picaresco, mai volgare, che restituisce una visione positiva della Basilicata, e che cita molte opere girate in quella terra.
Apprezzo molto la critica, mi creda, ma la gradisco, di più, quando condotta partendo dal presupposto di un rispetto reciproco.
Sarò molto lieto di confrontarmi con lei, se avrà la compiacenza di avere toni meno offensivi.
Infondo stiamo discutendo di un film, e non di questioni di vita o di morte.
La ringrazio, infine, per l’appellativo ragazzo, considerata la mia età. ;-)
Stia bene.
Rob.
Ma credi davvero che il film di Papaleo con il suo budget da più di due milioni di euro di cui quasi metà ricevuto dalla regione basilicata (altro che archetipi) sia un film low? mi sa che non hai bene inquadrato la situazione italiana. Se per te Papaleo è un indipendente e sperimentale stai alla frutta ragazzo mio
salve, sono michela sona una laureanda in scienze della comunicazione in potenza stò realizzando una tesi in storia del cinema in basilicata e in particolare sulla filmografia in basilicata mi piacerebbe scambiare due parole con il sig re rocco papaleo se possibile ovviamente!!!!
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