analisi di eventi, esistenti, e linguaggio audiovisivo
una grande opera (?), considerazioni a margine sul percorso autoriale di Nanni Moretti – un’occasione mancata – un’ambizione latente per Cannes – il surrealismo buñuelliano ai tempi di Moretti, ovvero i limiti del Cinema di Nanni Moretti del dopo periodo anarcoide – una riflessione profonda sui sistemi di potere rispetto al Caos che sembra governare il mondo moderno – la chave di lettura umana e quella politica
Annuntio vobis gaudium magnum … non habemus papam – di Roberto Bernabò
Titolo originale: Habemus Papam
Regia: Nanni Moretti
Anno di produzione: 2011
Durata: 104’
Tipologia: lungometraggio
Genere: drammatico
Paese: Italia
Produzione: Sacher Film, Fandango, Le Pacte, France 3 Cinema; in collaborazione con Rai Cinema, Canal +, Sofica Coficup, Backup Films, France Television
Formato di ripresa: 35mm
Formato di proiezione: 35mm, colore
Official site del film: http://www.habemuspapam.it/
Ufficio Stampa: Studio Nobile Scarafoni / 01 Ufficio Stampa / Fandango Press Office
Cast: Michel Piccoli, Nanni Moretti, Jerzy Stuhr, Renato Scarpa, Margherita Buy, Franco Graziosi, Camillo Milli, Roberto Nobile, Ulrich von Dobschütz, Gianluca Gobbi.
Sinossi: Alla morte del vecchio Papa si riunisce il Conclave per eleggere il nuovo pontefice della Chiesa cattolica. Ma il prescelto, il cardinal Melville, è preda di dubbi e fortissime ansie e per questo cade in subitanea depressione per il timore di non essere in grado di salire degnamente al soglio pontificio. Il Vaticano chiama allora uno psicanalista, il professor Brezzi, perché assista Melville e lo aiuti a risolvere i suoi problemi.
Psicanalista: “Mi dica le verità … ha problemi con la fede?”
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1. Permessa – circa il mio punto di osservazione sul cinema
E’ difficile, per me, non riuscire ad affrontare un po’ tutti gli argomenti che ho messo nel sotto-titolo di questa mia analisi.
Non lo è perché non mi considero un critico, e, nel non considerarmi tale, mi risulta davvero impossibile dare vita ad una stroncatura, o ad una lode sperticata del film, senza cercare di entrare nel merito del mio solito punto di vista.
Quello di studioso, ed, ancora di più, amante del cinema. Quella che segue è solo la mia opinabilissima opinione sul film.
ATTENZIONE RECENSIONE ABBASTANZA SPOILER PER CHI NON AVESSE VISTO IL FILM
2. Una grande opera (?) considerazioni a margine sul percorso autoriale di Nanni Moretti
Nanni Moretti fa il suo esordio nel mondo del cinema con un’operazione tutta sua. Il film fu girato in superotto, costò 3 milioni di lire (di Nanni Moretti), ed, a mio modo di vedere, è da annoverare come il vero capostipite del suo cinema che amerò definire, da qui in poi, anarcoide.
La pellicola in questione è:
- Io sono un autarchico (attore, regia) Nanni Moretti – 1976
Girò per cine-circoli romani fino ad approdare in RAI, dove ebbe un discreto successo di pubblico, ma, soprattutto di critica. Potrei citare molte altre cose / aneddoti su quel film, sulla figura del padre di Nanni, cui lui tanto deve, ma tutto ciò ci porterebbe fuori strada.
Dopo di che, ha inizio, con il 35 millimetri, il periodo che ho già denominato anarcoide, quello dell’alter ego Michele Apicella, per intenderci.
Diciamo subito che anche il Nanni Moretti – Michele Apicella, non è che non affrontasse temi banali, sia chiaro.
Anzi, in verità, i vari Michele Apicella erano presenti in pellicole del calibro di:
- Ecce Bombo (attore, regia) Nanni Moretti – 1978
- Sogni d’oro (attore, regia) – Nanni Moretti – 1981
- Bianca (attore, regia) Nanni Moretti – 1984
- La messa è finita (attore, regia) Nanni Moretti – 1985
- Palombella rossa (attore, regia) Nanni Moretti – 1989
Tutti film in cui Nanni si calava, con una vena anche comica, decisamente più attenuata nel suo cinema più maturo, in personaggi metaforici, e nei quali dipingeva, in uno stile del tutto morettiano tout court, un’allegoria spesso anche graffiante, magari vagamente idealista, forse addirittura, a tratti, ingenua, di archetipi della società italiana.
Quel cinema ha detto delle cose.
Ha citato, magari inconsciamente, forse anche Fellini.
Il barattolone di Nutella di Bianca.
Ma ha anche creato dei cult, come L’Etiope di Ecce Bombo, l’unico vero conoscitore delle storture della Società italiana (imprendibile ed indimenticabile).
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Con i suoi celeberrimi quaranta anni, Nanni Moretti, però, ha deciso di fare altro.
Cercando, dentro se stesso, la forza creativa, per considerare, la fase anarcoide, conclusa.
Avvertiva, cioè, a mio modo di vedere, la necessità, forse addirittura l’urgenza, dopo la malattia che era riuscito a sconfiggere, di passare ad una fase più matura del suo cinema.
L’akmé di questo periodo del suo Cinema è rappresentato dal primo film, in cui Nanni, abbandonato il sui ater ego, interpreta semplicemente se stesso.
Quel film è “Caro Diario“, una pellicola che ho amato molto, e che venni a vedere a Roma, nel suo cinema (Il “Nuovo Sacher“, nato sulle ceneri del cinema “Induno“), quando abitavo ancora a Napoli, e che credo abbia rappresentato la massima espressione del primo periodo post anarcoide, di Nanni.
Dico questo perché, come ho più volte avuto modo di dire, questo nostro regista romano, sta al cinema, come la saggistica sta alla letteratura.
E’ quella la sua cifra.
E’ quello il suo specifico filmico.
Almeno fino a quando i film li scrive, li dirige e li interpreta lui.
Possono essere attribuite a quel breve periodo però solo due opere, una di vastissimo successo, che gli valse anche la palma d’oro al Festival di Cannes come “miglior regia” nel 1994, e di cui abbiamo già scritto:
- Caro diario (attore, regia) Nanni Moretti – 1993
e quello leggermente inferiore di:
- Aprile (attore, regia) Nanni Moretti – 1998
Questi film chiudono una fase.
Adesso che è in maturazione, non gli basta più essere il saggista graffiante della società italiana.
Desidera, anela, diventare sceneggiatore, e regista, ed, ancora una volta, interprete, di una terza categoria di film.
Quelli cioè basati su una storia.
Con una struttura narrativa classica.
Protagonista, antagonista, sviluppo narrativo, crisi del personaggio, catarsi finale, etc.
Gira così:
- La stanza del figlio (attore, regia, sceneggiatura) Nanni Moretti – 2000
Fu per me la prima delusione.
Capii cioè che, mentre avevo adorato il salto da Michele Apicella, attuato con il passaggio al Nanni di Caro Diario, in cui Moretti diventava la rappresentazione di se stesso, avevo la vaga intuizione che, nel campo della narrativa classica, è come se, questo regista, si trovasse ad agire in un campo che non era proprio quello più congeniale al suo modo di fare cinema.
Lì, cioè, narrare bene una storia, era una cosa con la quale, forse, con un atto di estrema umiltà (ma Nanni tutto è, tranne che umile), Moretti azzerasse tutti i crediti di me suo spettatore e studioso.
Lì Nanni, per me, ha ricominciato un po’ tutto da zero.
Ecco allora che cosa ti escogita il Nanni ex anarcoide, ex analista graffiante del contemporaneo?
Toccare temi alti e tosti.
- La stanza del figlio (attore, regia, sceneggiatura) Nanni Moretti – 2000
Nel quale affronta la perdita di un figlio, e la crisi di una coppia borghese, anche se di sinistra.
- Il Caimano (regia, sceneggiatura) Nanni Moretti – 2006
Nel quale affronta di petto la questione Berlusconi (una delle sue vere e proprie ossessioni). Un film minimalista nelle immagini, ma che a me piacque molto, non tanto per quello che faceva “vedere“, quanto e più per quello che molti italiani semplicemente “non vedevano più“, assuefatti, com’erano (ed ahimè purtroppo come ancora sono, temo), dal media televisivo che, di fatto, Berlusconi ha plasmato nel nostro paese.
- Habemus Papam (attore, regia, sceneggiatura) Nanni Moretti – 2011
Nel quale, infine, Nanni alza ancora di più la mira.
Il Papa, la Chiesa Cattolica. Il Conclave. La Psicanalisi. L’ateismo in contrapposizione con la fede. Una speculazione filosofica sul potere e sul suo significato.
In questo tentativo, credo, di riconoscere, in questo film, una grande opera.
Nell’accezione però che devo ancora chiarire.
Grande intesa come proporzioni.
E beh si certo.
Perché tutta quella carne al fuoco è materia davvero troppo vasta per la misera durata di una film, a meno che non ti chiami davvero Luis Buñuel. (Ci torneremo).
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3. i riferimenti letterari
Devo dire, innanzitutto, che, riflettendo meglio sui contenuti del racconto, posso avanzare qualche ipotesi anche su due testi, che personalmente ho letto diverso tempo fa, che potrebbero avere, in parte, ispirato il Moretti co-sceneggiatore:
- il primo, annunciato addirittura in maniera esplicita dal nome del suo protagonista, Melville, che potrebbe rappresentare un omaggio all’Herman Melville autore, oltre che di “Moby Dick“, anche del racconto “Bartleby lo scrivano: una storia di Wall Street“, nel quale il cocciuto protagonista oppone, in molte pagine del romanzo, la sua tanto gentile, quanto ferma resistenza, con la frase “preferirei di no“. Questo primo riferimento lo considero molto probabile.
- Il secondo romanzo a cui faccio riferimento, ebbe una certa notorietà agli inizi degli anni ‘80, oscurata poi dal ben più celebre scritto del medesimo dell’autore, “Il gabbiano Jonathan Livingston“.
Intendo riferirmi cioè ad “Illusioni” – di Richard Bach, nel quale l’autore immagina un Cristo che, ad un certo punto, rifiuta il suo ruolo di Messia predestinato al sacrificio e alla conversione delle genti.
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4. Un’occasione mancata
In realtà, pure avendo apprezzato molte cose di questo film che, è inutile nasconderlo, lascia un senso di delusione, nel finale, ritengo che rappresenti una sorta di occasione mancata.
L’idea iniziale, lo devo proprio riconoscere, è potente. Di quelle alla Lars von Trier, per intenderci.
Un Papa, appena eletto, che, prima di affacciarsi al balcone del Vaticano “lancia un urlo”, e “piange”, agli altri cardinali, la sua incapacità di reggere la carica.
Questo innesco lasciava presagire, se non addirittura sperare, che, finalmente Moretti, avesse raggiunto un cinema altro.
Una sorta di definitiva emancipazione da sé.
Che scuotesse ed affrontasse un tema che, in qualche modo, lo ricongiungesse, in una dimensione
- matura,
- contemporanea,
- e stilistico-formale innovativa,
al Moretti anarcoide.
Nulla di tutto questo, almeno secondo me.
Nel suo stile ultimo, invece, di chi vuole alzare il tiro, ma poi ritira, subito, indietro la mano, Moretti accenna solamente alla complessità di ciò che ha appena chiamato in causa.
Lo tange, lo rende ambiguo (portando il Papa Cardinal Melville – uno straordinario Michel Piccoli che potrebbe, anche solo lui, vincere la palma d’oro a Cannes, per questa sua mirabile interpretazione – tra la gente, nelle forse uniche sequenze, curiosamente religiose, e cristiane, del film, in un’accezione del tutto positiva).
Un Papa non Papa, vicino e lontano dal mondo.
Esattamente come la Chiesa, chiusa nel suo conclave, nel lusso degli appartamenti del Vaticano.
Un mondo ovattato, non privo di dolore, di paure, di tic, di farmaci per dormire, o di frivolezze (i cardinali che vogliono andare a Borgo Pio a mangiare i bomboloni alla crema).
Un mondo molto umano al dunque, non dissacrato, a mio modo di vedere, come ho letto in giro.
Ma un mondo che, al finale, rinuncia.
In cuor suo incapace di fornire risposte.
(Da qui le ire dei cattolici, che non leggono la riflessione del piano allegorico, che pure altri hanno, invece, ricondotto (e che palle), alla questione politica italiana).
Rinuncia esattamente come il suo autore il Moretti-regista-cineasta, che non salta l’ostacolo.
Un cavallo di razza, che scende nell’agone più intellettuale del cinema, quello del Festival di Cannes, con in mano solo:
- la carta dell’attore francese Michel Piccoli,
- quella di un tema che strizza l’occhio all’anticlericalismo della società francese,
- le sequenze girate a Palazzo Farnese (quelle del torneo di pallavolo per intenderci), a Roma, (sede dell’ambasciata francese),
ma non lo sviluppo, compiuto, del tema.
Un’occasione mancata, temo.
Perché la riflessione contemporanea, su un argomento di simili proporzioni, vasto e complesso, come questo, poteva, e doveva, aggiungo, essere di ben altra portata, se il nocciolo della questione fosse stato davvero affrontato, invece che evitato.
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5. Un ambizione latente per Cannes
Quasi come se, l’uscita di questo film, in tempo per essere proposta, insieme a quella di Paolo Sorrentino, in concorso al Festival di Cannes, (e non prima di Pasqua come molti hanno equivocato, … adesso non esageriamo), fosse l’esplicita ammissione, di questo regista, di avere pensato questo film, quasi esclusivamente in funzione di una nuova consacrazione a Cannes.
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6. Il surrealismo buñuelliano ai tempi di Moretti – i limiti del Cinema di Nanni Moretti del dopo periodo anarcoide
Ho letto in giro, a proposito del surrealismo nel quale Moretti gradualmente, ma forse addirittura, ab origine, trasla il film, che esistano come dei riferimenti buñuelliani in questa opera.
Non vi è dubbio che il tema affrontato giustifica queste supposizioni, ma va detto che le composizioni visive, narrative, metaforiche ed allegoriche del Maestro spagnolo sono di ben altra forza, e di ben altra consistenza, e non credo pertanto che questo film possa essere, in alcun modo, accostato ad alcuna opera di quel regista.
Se così fosse, dovremmo proprio ammettere, che sarebbero riferimenti assai approssimativi, e preferiamo propendere per l’idea che, almeno in questo, Nanni abbia rischiato un surrealismo tutto suo.
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6. Una riflessione profonda sui sistemi di potere rispetto al Caos che sembra governare il mondo moderno
Qui abbiamo l’unica interpretazione che potrebbe salvare il film da una critica di pura stroncatura.
L’idea che, ok, abbiamo capito, il film è tutto traslato su un piano allegorico.
Gli esistenti, a me tanto cari, non sono il Papa, lo psicanalista più bravo, sua moglie, la psicanalista appena meno brava del marito – che mette in scena le due fissazioni del cinema maturo di Nanni “la crisi coniugale” ed il “deficit di accudimento“, (di cui sembra in realtà soffrire più il regista, che non il suo protagonista del film) – ma ciò che allegoricamente rappresentano.
Il potere dell’uomo ai suoi massimi livelli, contro il Caos che sembra governare il contemporaneo.
E quando il film è stato girato va detto non erano ancora accaduti:
- il terremoto in Giappone
- il conseguente incidente della centrale nucleare giapponese di Fukushima
- la crisi libica
- la crisi del Sud Africa
tanto che proprio ieri il Papa (quello vero) ha accettato, in Italia, di rispondere su RAI1, a 7 domande di cristiani di tutto il mondo, compresa una bambina di 7 anni giapponese, ed alcuni cristiani perseguitati in IRAQ.
La tesi che sembra proporre Nanni Moretti è che se si guarda al mondo come un “qualcosa che non ha senso” – e questo lo fa citando Darwin il Nanni Psicanalista bravo (che però, qui, scende su un campo, non certo legato al suo stretto ambito professionale) – come si può dire che in quella scena, non si alluda al fatto che, ciò che lega il rifiuto, o forse meglio la rinuncia, del Papa Melivelle, non è solo una crisi depressiva, legata ad un imporobabile deficit di accudimento, o alla mancata sua carriera nel mondo del teatro (e qui troviamo un riferimento ribaltato al Papa Karol Józef Wojtyła), che stava sicuramente più simpatico a Nanni di Joseph Alois Ratzinger (supposizione personale), se nel film il cardinale tedesco non viene neanche annoverato tra i candidati più accreditati tra i bookmakers inglesi – ma all’esplicita ammissione del Papa (allegoria di tutti i sistemi di potere del mondo contemporanei), di non “essere“, in tutte le possibili accezioni del verbo, la persona che potrà cambiare le tante cose che sarebbe necessario cambiare.
Un atto con il quale il Papa, la massima espressione metaforica del potere dell’uomo sulla terra, ammetterebbe la sua incapacità di fare fronte ai temi che sollecitano un cambiamento nella Chiesa. Forse nel mondo.
Ma che in realtà innalza il Pontefice ad emblema allegorico del vero messaggio del film, forse il più anarchico dei messaggi mai lanciati dal cinema di Moretti, forse il più esoterico, forse il più filosofico:
L’uomo non può nulla contro il Caos che regna, nemmeno se è il referente di Dio sulla terra.
Forse può solo distrarsi da sé.
Ed ecco il significato dell’enorme torneo di pallavolo.
Distrarre sia lo psicanalista più bravo del mondo, sia il conclave dei cardinali, da questa abominevole verità.
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7. Altre due possibili chiavi di lettura del film
7.1 L’umanizzazione delle istituzioni ed il loro rapporto con i cittadini
Una attiene al rapporto tra le persone e le istituzioni.
Implicherebbe una profonda riflessione circa un sostanziale, ed auspicabile, accorciamento della distanza che, soprattutto nel nostro paese, separerebbe i cittadini da coloro i quali sono chiamati a ricoprire le cariche istituzionali.
Si leggerebbe la necessità, quasi un’urgenza, su una maggiore loro umanizzazione, secondo questa lettura, necessaria per cambiare lo stato delle cose.
Il riferimento sarebbe ovviamente l’Italia, e le istituzioni sarebbero quelle italiane. (Ovviamente, anche qui, si arriverebbe al nostro, attuale, Presidente del Consiglio).
In questa chiave di lettura si risolverebbe anche il personaggio che sostituisce il Papa, e che tutti credono essere, invece, lui.
Questo pesonaggio alluderebbe all’inconsistenza di coloro i quali governano, dietro le istituzioni, il nostro paese.
Conoscendo Moretti, è un’interpretazione plausibile. Ma molto tirata per i capelli.
7.2. La chiave di lettura politica (why not?)
Questa va per la maggiore.
Il Papa evocherebbe il Leader della sinistra, ovviamente italiana.
Un chiaro messaggio agli attuali Leader.
Della serie: fareste meglio a dichiararvi per quello che siete, come fa il cardinale Melville.
Ovvero delle persone non all’altezza.
Questa interpretazione ha il pregio di rendere comprensibile la titubanza, se non addirittura il terrore, di tutti gli altri cardinali del conclave, di essere, loro, nominati Papa.
Cosa che Moretti dichiarò, peraltro, coram populo, a Piazza Navona, qualche anno fa.
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In entrambe queste chiavi di lettura, pure plausibili, ci leggo delle semplificazioni, e nulla di particolarmente innovativo.
Moretti, peraltro, smentisce di “aver girato un film che descrive la situazione italiana“. Furbo o sincero?
In entrambe queste, possibili e plausibili, interpretazioni dei messaggi del film, continuo a non spiegarmi la sterminata durata del torneo di pallavolo.
Né perché, al dunque, non arrivi al suo epilogo (forse all’ambasciata di Francia a Roma – Palazzo Farnese, serviva il cortile).
Ma, voglio dire, è sicuramente un problema mio.
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8. Conclusioni
Io, personalmente, propendo per la tesi sull’impossibilità di governo del caos. O al limite per quella politica (ma proprio al limite,eh).
Ma, come amo spesso affermare, la cosa bella dei film, è che, l’opera sta lì, partorita dalla creatività del suo autore, e diventa del pubblico.
Ognuno è libero (che parola infingarda), di vederci quello che vuole.
Almeno secondo me.
Personalmente ritengo, che se fossero quello/i l’unico/gli unici, veri, consistenti, messaggi verso l’alto del film, beh dovremmo proprio ammettere, che, come dire, da un regista che si è sempre atteggiato ad intellettuale, vedo sia il significato che il significante, debolmente supportati sia sul piano puramente narrativo, che su quello più specifico del medium, inerente esplicitamente l’ambito visivo e cinematografico. E non venitemi a parlare di minimalismo, dai, e basta con sto’ minimalismo.
E questo convincimento lo mantengo, saldo, in tutte le possibili altre chiavi di lettura del film.
Quasi come se, appunto, accanto alla rinuncia del Papa, potessimo registrare in questa opera, anche, una sorta di rinuncia dell’autore Moretti, a provare a dire, piuttosto che ad accennare, o, se proprio volete, a sott’intendere.
Limite davvero grave, a nostro, personale, giudizio.
Restano, per dire, irrisolti, o, quantomeno sviluppati in maniere migliorabile, a nostro umilissimo giudizio, tutto lo sviluppo del conflitto dell’opera, ed il rapporto protagonismo – antagonismo, esclusivamente troppo circoscritto ed agito, all’interno di una prospettiva prevalentemente intra-personale (all’interno, cioè, del travaglio interiore del protagonista).
Troppo separate restano le due direzioni della storia: quella del Papa, e quella dello psicanalista, che pure ci aveva attratto assai.
Anche se, ovviamente, ci sarebbe un’interpretazione, assai più immediata e diretta, che forse (e sottolineo forse), il regista ha voluto offrire in questo film.
Ispirato che esso sia, o no, a Celestino Quinto.
E se mai il film dovesse vincere la Palma d’oro a Cannes, fidatevi, è per quella interpretazione, che potrebbe essere la risposta al seguente quesito, in pratica sotteso in tutto il film:
“Se il Papa non si sente adeguato a reggere il peso di contrastare il Caos che regna, cos’è il Caos, e chi è, se esiste, l’ente che lo governa?”
Questione adattabile a tutte le chiavi d’interpretazione citate nel post, peraltro.
Ma né io, né il regista, sicuramente, la pubblicheremo mai su internet.
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Concludo con una postilla.
Il film merita comunque di essere visto.
Forse anche più di una volta.
E’ comunque molto, ma molto, molto meglio, di tutto quello che il Cimema italiano produce in questo momento.
Quanto meno è uno sguardo altrove.
E l’interpretazione di Michel Piccoli è sicuramente una delle cose più belle mai catturate dalla macchina da presa di Nanni Moretti.
Forma eccezione, a questa mesta considerazione, ovviamente, solo l’opera di qualche regista della nuova guardia, e cito, in particolare, Giorgio Diritti, che noi amiamo molto, Matteo Garrone, di cui abbiamo, però, al momento, perso le tracce, e Paolo Sorrentino.
Anche il suo “This must be the place“, con Sean Penn protagonista, è uno dei film italiani più attesi dell’anno.
Alla prossima ;)
Links
Sito Internet molto completo dedicato a Nanni Moretti, ma non autorizzato da lui, qui.
La mia analisi a “Il Caimano” – di Nanni Moretti, qui.
La mia analisi al film “Ecce Bombo” – di Nanni Moretti, qui.
[…] iosif Chimy Ale55andra Lessio AvaG Weltall Cineblob Christian Noodles Cinemavistodame.com Steutd Share this:FacebookTwitterLinkedInTumblrLike this:LikeBe the first to like this post. […]
Qual è l’occasione mancata? Come avresti voluto che si concludesse la storia? A me è sembrato un film ben fatto, surreale, che ci presenta un mondo fatto da umanissimi personaggi, con tutte le loro debolezze e fragilità.
@Pinelda beh, credevo che leggendo il post, si capisse il mio punto di vista.
Moretti esattamente come il suo Papa, rinuncia.
Poteva fare di più affrontando un tema, o, meglio, una moltitudine di temi, che non basterebbe un’enciclopedia per trattare esaurientemente.
In passato lo ha fatto.
Questo mi sembra, piuttosto, un film, costruito con un’attenzione maniacale, degna di miglior causa, per vincere una palma d’oro a Cannes.
Scommettiamo che, quanto meno, Michel Piccoli la vincerà? (Che peraltro se la merita!) ;-)
Però, come si legge da questi commenti al mio post, la cosa bella dei film, è che provocano reazioni assai diverse, ed anche io, peraltro, alla fine riconosco – anche nella delusione che, personalmente, ho provato, con specifico riferimento allo sviluppo della sceneggiatura, e del finale – che anche questo suo ultimo film, è meglio di tutto quello che si vede in giro, e non solo nella produzione italiana.
Attendo, adesso, spasmodicamente, Paolo Sorrentino.
Grazie del commento.
Con stima.
Rob.
L’insopportabile piacere della critica verso la critica.
Quante inutili parole spese solo alla ricerca di un po’ di notorietà…
Il film è un punto di vista surreale sulla cosapevolezza dei ruoli,
la tua critica un esempio altissimo della piccolezza dei costumi culturali di questo paese.
@looneytunes … ehm … probabilmente non hai letto bene tutto il post.
Punto primo. Io ho adorato il Cinema di Nanni Moretti, soprattutto quello che definisco saggistico.
Mi piace meno il Moretti narrativo. E adesso che vogliamo fare “ce vulissimo appiccicà” per questo?
Punto secondo. Non cerco notorietà. Scrivo da 6 anni di cinema. Anzi a maggio saranno 7. Ho fatto un corso di sceneggiatura alla Fandango, uno di regia alla Dokumenta film di Trento. Ho letto oltre cento saggi di cinema. Ed avrò visto migliaia di film, compresi quelli che si studiano ai corsi universitari. Se cercassi notorietà farei un altro tipo di blog di cinema, e posterei su film come quelli dei fratelli Vanzina, con tutto il rispetto per il loro cinema. Recensendoli come dei capolavori. Ed inserendo foto di attrici diciamo scollacciate.
Punto terzo. Se sei tu l’archetipo del modello del costume culturale che tutti noi poveri, stupidi, analfabeti, italiani medi, dovremmo seguire … beh sappi che sono fiero di non corrispondervi.
Punto quarto. “Il film è un punto di vista surreale sulla consapevolezza dei ruoli” … ammazza … maddai … lo sai che non c’ero arrivato? Grazie per questa tua perla … mi hai davvero illuminato, ne terrò conto per tutto il resto della mia vita, prometto.
Punto quinto. La mia non è una critica, ma un’opinabilissima opinione personale, scritta sul mio blog, e ben vengano i pareri dissonanti, lo spazio commenti è lì anche per quello. Mi pago lo spazio sul web ed il dominio. Mi sento, pertanto, un cittadino libero, che ha il pieno diritto di scrivere quello che pensa, fin quando vive in un paese, in cui farlo diventa ogni giorno più rischioso, e difficile, e non sarà certo il tuo commento a farmi desistere da ciò. (E sono convinto, detto tra noi, che anche Nanni sarebbe pienamente d’accordo su ciò). Anche a rischio di essere tacciato come “un esempio altissimo della piccolezza dei costumi culturali di questo paese“. Rido. Addirittura? Ti assicuro che sono molto meno ;-)
Bello è nascondersi dietro in nickname, eh?
Buona Santa Pasqua di resurrezione di nostro Signore.
Con stima.
Rob.
Sei troppo esigente. Il film è geniale per il tema affrontato e il racconto tiene poi Moretti, minimalista, delude sempre un pò, si fa scivolare via l’occasione, solo ‘il caimano’ ha un finale veramente apocalittico.
Anche in altri suoi film ho pensato al condizionale, avrebbe potuto … avrebbe dovuto … ma poi ho accettato la sua posizione … forse un pò di cinismo o paura di Moretti, le sue opere trasformano in leggerezza temi importanti, senza però cadere nel grottesco …
Il torneo di pallavolo è un’allegoria, la chiesa più giovane e vitale è in Oceania …
La psicanalisi è oggi l’altro altare della religione ma si è irrigidita in luoghi comuni …
Il film mi è piaciuto, frase banale, e lo voglio rivedere senza dimenticare il sorrisetto ironico di Moretti nelle interviste che hanno accompagnato l’uscita del film.
… Sì, sì vuole vincere (qualcosa) a Cannes …
@Daniela: ovviamente in questo blog ognuno è libero di pensarla come vuole. Ci mancherebbe. Le cose che avevo da dire le ho dette.
E’ un’opinione opinabilissima.
E rispetto molto la tua.
Habemus Papam è un film che farà discutere molto.
Non so se lo sai ma Nanni Moretti, la Fandango, Fabio Fazio, e il presidente della RAI, si sono già beccati una denuncia per questo film, che offenderebbe l’istituzione del Papa.
L’accusa parla di “Vilipendio delle istituzioni”, una istituto che, grazie ai patti lateranensi, si estenderebbe anche alla figura del Papa.
Io sono convinto che Moretti ne goda di ciò, perché fare crescere, in questo momento, l’idea che questa sia una pellicola maledetta, non può non portare acqua al suo mulino, ed i cattolici dovrebbero, invece, guardare tutti questo film, e riflettere meglio, sul ruolo della Chiesa, o meglio del Vaticano.
Detto questo, la pensiamo in maniera differente, sia sul ruolo dei registi, sia su quello degli studiosi e degli amanti del cinema.
Noi siamo il pubblico e come tale abbiamo sempre ragione noi ;)
Ti auguro a te e famiglia una Santa Pasqua di Resurrezione di nostro Signore.
Rob.
Ti ringrazio dell’attenzione … so che per il film già sono partite delle denunce … completamente fuori luogo perché l’opera non è mai irriverente almeno esplicitamente e il dibattito che ha sollevato potrebbe essere invece … utile alla chiesa.
Sicuramente è utile al film!!
Spesso Moretti mi ha un pò deluso, è il suo minimalismo, mi hanno spiegato, quindi non speravo molto da questo film e forse per questo mi ha sorpreso positivamente.
Quando un film mi piace, resto con la voglia di rivederlo, perchè la tensione della trama mi fa perdere particolari, e poi rileggerò la tua recensione.
@Daniela … grazie ;-) Comunque meglio di tanta altra robaccia che c’è in giro ;)
Ancora auguri ;-)
Anch’io ho pensato a Bunuel vedendo alcune scene del film. Penso anch’io, come te, che c’è una distanza notevole tra i due: Bunuel e’ sublime, Moretti, che non si pone certo l’obiettivo di scimmiottarlo, avendo uno stile suo ben definito e definibile, e’ parecchio lontano dal maestro spagnolo.
Certo l’idea del film e’ formidabile e Piccoli e’ stratosferico.
Con un’idea così e un attore di quelle proporzioni (ma anche Fernando Rey sarebbe stato efficacissimo), Bunuel avrebbe fatto di questo film un grande classico della storia dl cinema, e dato una prova brillantissima della sua capacità di dissacrazione.
Molto interessante anche la tua considerazione sulla difficoltà di Moretti di calarsi in contesti narrativi classici.
Il mio preferito comunque resta “Caro Diario”.
Quando voglio divertirmi rivedo, invece, “Sogni d’oro”.
Mentre “Ecce Bombo”, che mi aveva entusiasmato allora, mi mette un po’ di tristezza, forse perchè richiama un’epoca che, da quasi coetaneo di Nanni, mi e’ difficile non ricordare con nostalgia.
P.S:Volevo dare un voto positivo al post, ma ho accidentalmente premuto il bottone sbagliato …
Talmente sbagliato, Filippo, che il commento era finito nello spam … non so proprio come mai.
Solo adesso lo leggo e posso risponderti.
Che dirti … ci siamo già detti tutto sul thread di facebook. ;-)
Più ripenso al film, e più mi convinco che l’idea è molto potente, lo sviluppo meno.
Penso, comunque, che Moretti abbia iniziato una strada molto più dichiaratamente surreale con questo film.
“Caro Diario“, con i suoi sin troppo espliciti riferimenti al reale, alla sua vita, è distante anni luce da questo Moretti qui, che desidera sempre raccontare il presente, ma attraverso una lente diversa.
Una lente che lo deforma, lo riflette, per farci guardare meglio quello che abbiamo dimenticato di “vedere”, assuefatti, come siamo, dalla mole d’immagini televisive, e non, che ci hanno anestetizzato il cervello, e, quel che è peggio, le coscienze.
Moretti cerca di fare un cinema etico, morale, una sorta, ripeto, di specchio, nel quale amplifica, deforma, irride, il contemporaneo, affinché, attraverso questo procedimento alchemico, riusciamo finalmente a vederlo per quello che è.
Infondo, moralista, lo è sempre stato un po’, a rifletterci.
Perdona il ritardo nella replica, alle volte le tecnologie non sono un fattore abilitante! ;-)
Con stima.
Rob.