Verso una strada possibile del rilancio del Cinema d’autore: insegnare ai giovani il Cinema
a cura di Roberto Bernabò
Sempre più studenti sembrano interessati a “l’apprendimento del Cinema.”
L’offerta, anche in Italia, al momento, è ricca, e copre un ampio spettro di soluzioni:
- fare film,
- la tecnica,
- l’analisi dell’immagine,
- il commercio all’ingrosso: il cinema learn;
- …
Le tendenze emergenti
Una recente indagine della rivista francese “I Cahiers du Cinema“, rivela, al riguardo, che le esigenze degli studenti sono cambiate:
ora c’è una richiesta maggiore di specializzazione, elemento indispensabile e sempre più basilare, assai più del vago desiderio, di “fare film”.
Molti vogliono imparare un mestiere: direttore della fotografia, fonico, produttore (e Dio solo sa se non ne avremmo bisogno), o … critico (maddai).
Le stesse scuole di qualifica professionale parlano anche di “assistenti alla regia” e non solo più di “registi“.
E non vende più il sogno che il pragmatismo contemporaneo, impone.
Da parte sua, l’Università, che incoraggia la pratica come elemento centrale di formazione, sostenuta, però, da un solido apprendimento teorico, accoglie con favore queste iniziative tenendo presente che l’Università è, e deve rimanere, un luogo di ricerca.
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Perché il rischio è quello di perdere di vista il fondamento dell’educazione, che non è né la sua “utilità“, né la “sottomissione al mercato del lavoro“, ma, piuttosto, la sua capacità di evocare un sentimento, un senso critico, proponendo agli studenti le immagini come strumento dell’intelligenza, come espressione della propria individualità, e non solo come oggetti da guardare, o da realizzare con una tecnica, qualunque essa sia.
A volte può bastare anche l’esempio di un unico insegnante (si veda la testimonianza di Sophie Letourneur e di Riad Sattouf in Francia).
In un momento in cui si può trovare, ovunque, una macchina fotografica digitale, ed un software di editing, che può portare una scuola, in fondo, se non proprio queste voci diverse?
Il limite di molte scuole pubbliche e private è anche quello di lavorare, con le parti interessate, senza permettere lo sviluppo di una considerazione più profonda del cinema.
E’ la forza e la debolezza dell’eclettismo de La Fémis, rivendicare il rischio di dispersione, dovrebbe essere insegnata come un film.
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Il regista
Dopo questa analisi diciamo, molto stranamente, che la tabella ha un punto cieco: il regista.
Il regista come caso di studio, in primo luogo.
Dal momento che, a quanto pare, all’università, l'”autore” è messo in discussione a favore di concetti più generali, teorie derivate da Anglo-Saxon (i gender studies o generi cinematografici).
La vera domanda è però opposta, è cioè quella inerente la singolarità.
E’ sempre rassicurante fare affidamento sui modelli e gli archetipi.
Come insegnare una singolarità?
Punto critico, perché è attraverso l’esempio di una singolarità, che permetteremo la nascita di altre singolarità.
Scoprire cosa può il cinema, quanto può essere più bello, più emozionante, inaudito, sarà sempre più importante, a mio modo di vedere, di studiare le costanti, i fondamentali, e le competenze essenziali, se spegneremo tutto ciò nel mito della “professionalizzazione“.
Possibile deve essere messo a morte, il reale e la singolarità debbono prevalere sui crediti.
Ma saremo a buon punto, in questa prospettiva, se e solo se il cinema italiano, come il suo calcio, non creerà più di tecnici senza genio.
Le scuole
L’educazione cinematografica nelle scuole ha senso solo se la loro prospettiva educativa (anche se si tratta, per il momento, di una mia pura fantasia), sarà sempre e solo al servizio dell’idea d’inventare i cineasti di domani. E non, quanto meno non solo, d’insegnare una tecnica.
Per fare ciò le scuole e/o le università non sono inevitabili, o superflue, al contrario.
Gli inizi possono essere semplici come questo: guardare un film, analizzare il film, studiarne la scrittura – cinemavistodame è in grado di sapere che la scrittura conduce al film.
Ma non c’è bisogno di sostituire una religione con un’altra.
La scuola, l’università, il teatro, la scuola della strada, sono tutti elementi necessari per consentire, in specifiche prospettive singolari, di costruire la prova del collettivo.
Un cortometraggio come esempio
Un cortometraggio inedito di Claude Lelouch: “Rendezvous“, interamente girato a Parigi, e che costò al regista un processo ed una multa salata, servirà a chiarire cosa intendo per immagini intelligenti, espressione di una singolarità artistica.
Altre curiosità su questo cortometraggio: qui.
Links
Accademia Nazionale del Cinema