Il weekend al cinema #311 (ultimo del 2012)
La preferenza accordata da cinemavistodame.com al film in uscita, è deducibile, questa settimana: solo dall’award assegnato. Fidatevi solo di noi, non rimarrete mai delusi.
La bottega dei suicidi
di Patrice Leconte
Titolo originale: Le Magasin des suicides
Anno: 2012
Nazione: Francia / Belgio / Canada
Distribuzione: VIDEA-CDE
Durata: 85 min
Data uscita in Italia: 28 dicembre 2012
Genere: animazione
Cast tecnico
Sceneggiatura: Patrice Leconte
Montaggio: Rodolphe Ploquin
Soggetto: Jean Teulé
Sinossi: Tratto dall’omonimo romanzo di Jean Teulè, autore di diritto del soggetto, protagonista del film è una famiglia tradizionale, composta da padre, madre, figlio e figlia che hanno un’attività di grande successo commerciale che vende veleni, corde e tutto l’occorrente per chi vuole farla finita, in una città dove gli abitanti hanno perso la gioia e l’amore per la vita. Una città grigia dove il sole non splende più, dove la gente è triste e rassegnata, dove non si sa se è mattina o sera, se è oggi o domani. Cosa fare allora se non suicidarsi? E se la tua vita è stata un fallimento puoi sempre fare della tua morte un successo. Basta affidarsi a professionisti, come la famiglia Tuvache ed entrare nella piccola bottega oscura! Tutto scorre nel migliore dei modi fino a quando Alan, il nuovo nato, non distrugge l’equilibrio famigliare con la sua “ingiustificata” gioia di vivere.
Ultimo film in uscita dell’anno. Al quale diamo un Oscar d’oro con un punto interrogativo sulla testa.
Perché? Perché cari amici lettori ha proprio tutta l’aria di essere una gioiosa metafora sui problemi della vita moderna, il primo film d’animazione del raffinato cineasta francese Patrice Leconte, che tanto è rimasto nei nostri cuori per la sua opera forse più enigmatica: “La ragazza sul ponte“. E noi non abbiamo idea di come, questo regista, se la caverà con un film di animazione. Vabbeh.
Tratto dall’omonimo romanzo di Jean Teulè, protagonista del film è una famiglia tradizionale, composta da padre, madre, figlio e figlia che hanno un’attività di grande successo commerciale che vende veleni, corde e tutto l’occorrente per chi vuole farla finita, in una città dove gli abitanti hanno perso la gioia e l’amore per la vita.
Ma il figlio Alan è un bambino allegro e pieno di voglia di vivere, che contagia i clienti con il suo ottimismo e positività, a scapito degli affari di famiglia. Un sano portatore di scompiglio in un ambiente triste e cupo con atmosfere tipicamente burtoniane, e riferimenti a “La famiglia Addams“, dove la gente sopravvive rassegnata, vinta dal grigiore e dall’apatia dell’esistenza.
Si preannuncia un finale positivo, quindi, a differenza del romanzo, e sarebbe difficile pensare il contrario conoscendo Leconte, il cui obiettivo da artista è sempre stato quello di dare piacere ed emozioni al pubblico, e farlo sognare, cercando contemporaneamente e ambiziosamente di migliorare il mondo.
Una grande responsabilità, un grande impegno, che predilige la qualità ed il rispetto per lo spettatore, ai facili successi ipocriti, supportata dalla profonda convinzione nel potere comunicativo del cinema. E senza dubbio è una grande responsabilità portare sullo schermo un argomento così terribile che sicuramente desterà le più disparate reazioni: il suicidio.
[Pensate, fedeli del lettori del vostro cine blogger di fiducia, che in Italia la pellicola era stata, in un primo momento, addirittura vietata ai minori di 18 anni, ma dopo aspre polemiche, e la minaccia dei produttori di distribuirlo solo in DVD, il divieto è stato (per fortuna) superato ed eliminato. La scusa dei soliti benpensanti della censura era il rischio di emulazione. E andiamo su, con un cartone animato?]
Ma Leconte lo avrà sicuramente rappresentato con tanta derisione e humor nero, facendo trionfare la vita, seppur molto spesso dolorosa e triste, ma pur sempre meglio della morte, all’interno di questa favola gotica ed insolita che si muove tra coreografie, canzoni ed evocazioni del cinema passato.
Si potrebbe anche pensare che Leconte sia sobriamente un nostalgico e che voglia dimostrare banalmente come una società moderna allo sbando possa spingere al suicidio, ma è un’ipotesi da scartare, perché il poliedrico regista, in alcune interviste, pur riconoscendo una certa passione verso il passato, ha dichiarato che i suoi film vogliono essere universali, senza tempo.
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La dura legge del box office, con le sue sconcertanti verità
Con riferimento al post precedente vi farà piacere sapere che il film “I due soliti idioti” – di Enrico Lando, è stato quello che, nel weekend di Natale, ha incassato di più in assoluto, secondo solo a “Lo Hobbit – un viaggio inaspettato“, che però era uscito una settimana prima, i numeri sono rispettivamente: € 2.490.215 nel week-end (totale: 8.155.100) per il film di Peter Jackson, e € 2.489.422 nel week-end (totale: 2.490.681), per il film di Enrico Lando, altro che tonfo!
“Vita di una Pi” di Ang Lee, solo sesto con: € 742.928 nel week-end (totale: 742.928).