o (l’imprevedibile virtù dell’ignoranza)
U.S.A. | 2014
analisi di eventi, esistenti e linguaggio audiovisivo
Di cosa parliamo, quando parliamo di Birdman?
Ibridazioni tra cinema e teatro – ovvero – i dualistici correlativi oggettivi di Alejandro González Iñárritu
a cura di Roberto Bernabò
Birdam (o l’imprevedibile virtù dell’ignoranza)
Titolo originale: Birdman or (The Unexpected Virtue of Ignorance)
Lingua originale: inglese
Paese di produzione: Stati Uniti d’America
Anno: 2014
Durata: 119 min
Colore: colore
Audio: sonoro
Genere: commedia, drammatico
Regia: Alejandro González Iñárritu
Sceneggiatura: Alejandro González Iñárritu, Nicolás Giacobone, Alexander Dinelaris, Armando Bo
Fotografia: Emmanuel Lubezki
Montaggio: Douglas Crise, Stephen Mirrione
Musiche: Antonio Sánchez
Scenografia: Kevin Thompson
Costumi: Albert Wolsky
Produttore: Alejandro González Iñárritu, John Lesher, Arnon Milchan, James W. Skotchdopole
Produttore esecutivo: Molly Conners, Sarah E. Johnson, Christopher Woodrow
Casa di produzione: New Regency Pictures, Worldview Entertainment
Distribuzione (Italia) 20th Century Fox
Interpreti e personaggi
Michael Keaton: Riggan Thomson
Zach Galifianakis: Jake
Edward Norton: Mike Shiner
Emma Stone: Sam Thomson
Andrea Riseborough: Laura
Amy Ryan: Sylvia Thomson
Naomi Watts: Lesley
Merritt Wever: Annie
Lindsay Duncan: Tabitha Dickinson
Bill Camp: uomo pazzo
Michael Siberry: Larry
Benjamin Kanes: Birdman
Antonio Sánchez: batterista del teatro
Doppiatori italiani
Massimo Rossi: Riggan Thomson / Birdman
Stefano Benassi: Jake
Simone D’Andrea: Mike Shiner
Alessia Amendola: Sam Thomson
Laura Romano: Laura
Chiara Colizzi: Sylvia Thomson
Barbara De Bortoli: Lesley
Daniela Calò: Annie
Barbara Castracane: Tabitha Dickinson
Carlo Reali: Larry
Sinossi: Dopo un folgorante passato nei panni di un glorioso supereroe, l’attore Riggan Thomson (Michael Keaton) spera che dirigere un nuovo, ambizioso spettacolo a Broadway riuscirà a rilanciare la sua carriera moribonda e a dimostrare a tutti – e a se stesso – che non è solo una ex star di Hollywood. Nei giorni che precedono la sera della prima, Riggan deve fare i conti con un ego irriducibile e gli sforzi per salvare la sua famiglia, la carriera e se stesso.
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In questo post:
1. Introduzione: dal metalinguismo ai social network
1.1. Linguaggio metalinguistico
1.2. I dualismi – non dualismi della narrazione
1.2.1 Realtà vs. Finzione
1.2.2. Teatro vs. Cinema
1.2.3. Successo vs. Fallimento
1.2.4. Realtà Individuale vs. Dimensione Pubblica
2. Lo sviluppo del conflitto
3. Il rapporto protagonismo-antagonismo
4. I dialoghi
5. Lo specifico filmico – annotazioni sul linguaggio audiovisivo utilizzato da Iñárritu in Birdman
6. Conclusioni e messaggi verso l’alto
7. In appendice i premi e i riconoscimenti vinti dal film
8. Curiostà – gli attori che avevano già girato film sui supereroi, citazioni a tale ontologia, utilizzo del piano sequenza
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Avvertenza per il lettore
L’analisi del film è abbastanza spoiler, nel senso che anticipa e descrive molti elementi della trama. Se ne consiglia, pertanto, la lettura, dopo la visione del film.
“Come accidenti siamo finiti qui, in questa fogna?
Eri una star del Cinema, ricordi?”
Birdman a Riggan Thomson
1. Introduzione: dal metalinguismo ai social network
La domanda che inizi a farti, mentre assisti alla proiezione di Birdman – di Alejandro González Iñárritu, che è poi, come dire, la domanda delle domande che l’opera t’impone, è, più o meno, parafrasando il titolo dell’opera teatrale che il protagonista si accinge a mettere in scena:
“Di cosa parliamo, quando parliamo di Birdman?“
Anche se è vero che la domanda pone più interrogativi che risposte, non vedo molte alternative all’ipotesi di tentare, per quanto in modo approssimativo, di creare un elenco di elementi, che mi sono venuti in mente, durante tutta la proiezione del film.
Se fossi lo sceneggiatore Charlie Kaufman, probabilmente, intitolerei queste mie riflessioni “pensieri sparsi durante la visione di Birdman“, ma, visto che non sono lui, ahimè, mi toccherà provare ad elencare una serie di ontologie, che la pellicola, a volte in maniera decisamente esplicita, altre meno, coinvolge.
1.1. Linguaggio metalinguistico
Iniziamo con il riconoscere che Birdman è un’opera metalinguistica.
Ovverosia, parla del teatro facendo teatro, e mostrando il teatro, e parla del cinema, facendo cinema, e mostrando un finto, ed, al tempo stesso, vero, attore del cinema.
1.2. I dualismi – non dualismi della narrazione
Direi, ancora, che il film si muove sul bilico d’infiniti dualismi, non dualismi, come li definirebbe un buddista, evidentemente, molto cari a Iñárritu.
E che, secondo me, il regista coinvolge, come correlativo oggettivo della società americana, e di quello che, la stessa, sta imponendo al mondo, ed anche a noi.
Provo ad elencarli, con qualche esempio.
1.2.1. Realtà vs. finzione: E’ un dualismo questo, come dire, un po’ alla base del mestiere dell’attore, per essere ancora più precisi potremmo sostenere che lo stesso è esattamente quello del mestiere dell’attore, nel senso che lo contiene tutto. Ma Iñárritu fa molto di più, lo fa diventare la vera questione del film. Non sappiamo mai – quando restiamo soli nel camerino di Riggan Thomson, o anche in sua compagnia mentre passeggia per le strade – se quello a cui assistiamo sia la realtà, o sia una finzione. Diciamo che è l’una, ed, al tempo stesso, è anche l’altra.
1.2.2. Teatro vs. Cinema: Per quanto si sia tentati di pensare che il film narri il dilemma di un attore del cinema, che è stato molto famoso negli anni ’90, che, sul viale del tramonto decida di sfidarsi a teatro, in realtà sappiamo che il suo impresario, nonché avvocato, cerca disperatamente di tranquillizzare l’attore, facendogli credere che lo spettacolo gli aprirà altre opportunità nel mondo del cinema. In aggiunta, il suo alter ego piumato Birdman, tenta, in tutti i modi, di convincerlo, a ritornare ad indossare i panni di Birdman, il supereroe anni ’90, che lo aveva portato al successo ed alla notorietà planetaria.
1.2.3. Successo vs. Fallimento: Anche questo dualismo rappresenta, direi forse più di altri, uno degli elementi che spingono all’azione Riggan Thomson, che pervadono il suo incessante dialogo interiore, con il suo alter-ego Birdman, che ne è quasi la parte oscura, ma al tempo stesso la parte di sé che gli concede, sempre, quella dose di ammirazione (o auto-ammirazione, o narcisismo), che è, oserei dire, la quintessenza del mestiere dell’attore, ma anche dell’impresa teatrale, e di quella cinematografica.
1.2.4. Realtà Individuale e Dimensione Pubblica: (Social, direbbe, anche, qualcuno oggi). Qui arriviamo, in maniera un po’ più esplicita, all’utilizzo della storia del film in chiave traslata nel correlativo oggettivo. Il regista sfrutta il dramma individuale, dilaniante, di Riggan, per mostrare, in maniera magari anche parchiana ed approssimativa, per degli addetti ai lavori, quanto siano distanti, ma al tempo tesso sinergiche, nel mondo dello spettacolo, queste due dimensioni.
Le visualizzazioni su YouTube, i follower su twitter, tangono un tema molto consistente, che, in realtà, finisce per coinvolgerci e ricomprenderci tutti.
Tutti siamo in potenza, oggi, dei Riggan Thomson, e Iñárritu si diverte a prenderci un po’ tutti per il culo.
Cito, al riguardo, la sequenza in cui Emma Stone: Sam Thomson, srotola un rotolo di carta igienica, su cui ha disegnato dei segni che rappresentano gli anni dell’intera storia dell’evoluzione della terra, in cui solo un tratto piccolissimo, riguarda la parte che coinvolge la comparsa dell’uomo.
Ma questi sono solo alcuni dei dualismi (non dualismi), che il regista si diverte a mettere in scena, nel suo virtuosistico utilizzo della macchina da presa, che con lunghissimi piani-sequenza, macchina sbollata, prospettive sghembe, ed effetti speciali molto allegorici, riesce ad innovare il linguaggio cinematografico, senza eludere però citazioni di geni assoluti del cinema: si va da Orson Welles, a Stanley Kubrick, da Michelangelo Antonioni fino, forse, a Terrence Malick.
Tutti registi che l’immagine la usano (o usavano), non solo per raccontare una storia, ma per evocare, attraverso le loro elaborate composizioni, infiniti altri significati e significanti, che, a volte, è persino inutile cercare di comprendere intimamente, non essendo noi dentro le loro menti.
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2. Lo sviluppo del conflitto
Ho letto che Matteo Bordone sostiene che Birdman sia un grande film, ma che non sia una grande storia.
Non conosco i dettagli di questa affermazione, né sulla base di quali competenze, questo bravissimo giornalista, possa svolgerle.
Ma noi, con moltà umiltà, questa volta non siamo affatto d’accordo con lui.
E ci limiteremo ad osservare che Alejandro González Iñárritu, Nicolás Giacobone, Alexander Dinelaris, Armando Bo, hanno vinto l’Oscar per la migliore sceneggiatura originale, e proveremo a dimostrare, pertanto, che, negli elementi specifici della narrazione basata sulla sceneggiatura, Birdman sia, invece, esattamente, una grande storia.
Ho avuto modo di studiare che uno degli elementi che caratterizza una buona sceneggiatura, sia, in qualche misura, correlato sulla molteplicità dei piani in cui la stessa dipana il tema dello sviluppo del conflitto. Un elemento base della storia, non solo dal punto di vista filmico, a cui è proprio affidato, sin dai tempi della tragedia greca, la qualità intrinseca di una narrazione. E la regola è anche molto semplice da verificare. Quanto più sono i piani dello sviluppo del conflitto, tanto più, gli sceneggiatori, avranno fatto un buon lavoro.
Bene.
Divertiamoci, dunque, insieme, a verificare i piani di sviluppo del conflitto di Birdman.
Intra-personale (agito come conflitto interiore dell’eroe)
In primo luogo, quello più importante, ed al quale Alejandro González Iñárritu affida, a mio modo di vedere, i più importanti significati allegorici, ed i messaggi verso l’alto del racconto, sia quello intra-personale del protagonista Michael Keaton: Riggan Thomson.
Riggan noi lo conosciamo in uno dei momenti più critici della vita di un attore.
Quello dell’inizio del declino.
Dentro di lui il conflitto è veramente un demone che lo logora, lo mette alla prova, lo tenta, e lo incita, ed al tempo stesso lo scoraggia, e gli fa commettere atti autodistruttivi.
Quasi come una metafora visiva del karma, Iñárritu suggella questo conflitto, dando voce, ed a volte anche corpo, al principale antagonista del nostro eroe, il suo personaggio Birdman.
Birdman scoraggia Riggan nel portare avanti l’impresa teatrale, insinuandogli il dubbio di non esserne all’altezza, ma al tempo stesso ne esalta le capacità attoriali se ricondotte al personaggio supereroe degli anni ’90.
Inter-personale (agito tra l’eroe e gli altri esistenti)
Questo conflitto interiore, però, poi Riggan se lo porta dietro anche nel rapporto con la figlia, dove la dimensione intra-personale rimane, ma viene ad allargarsi, anche in una prospettiva infra-personale, nel suo personale rapporto con la figlia, appunto, in uno dei più classici ed archetipali conflitti.
E ancora il conflitto di Riggan lo vediamo svilupparsi sia nei confronti della ex moglie Alessia Amendola: Sam Thomson, e sia nei confronti dell’attore, non protagonista della commedia, Edward Norton: Mike Shiner.
Etico (agito tra le cause dell’eroe rispetto a quelle dei suoi antagonisti)
Abbiamo poi un conflitto, come dire, etico, tra Riggan Thomson, Mike Shiner e la critica teatrale Lindsay Duncan: Tabitha Dickinson.
Qui, il piano di sviluppo del conflitto, assume toni quasi melodrammatici.
Ci troviamo proprio difronte ad una sorta di archetipo narrativo.
La critica, è, infatti, un guardiano della soglia del successo teatrale, e Riggan non può riscattare la sua vita, senza la sua autorevole approvazione.
Le implicazioni, anche morali, di questo conflitto, da studioso e non da critico, le lascio alle vostre personali riflessioni, ma, certo, che danno spessore al rapporto tra suspense e sorpresa, tanto per citare Seymour Chatman, nella narrazione.
Seymour Chatman in “Storia e discorso: La struttura narrativa nel romanzo e nel film” (1978), distingue, infatti, tra suspense e sorpresa.
- Suspense: Fenomeno complesso, basato su uno stato di apprensione e di tensione del lettore che viene mantenuto, che viene alimentato, a prescindere dall’esito previsto o prevedibile dell’avvenimento.
- Sorpresa: Fenomeno meno complesso. Avvenimento improvviso, inaspettato, che però ha un carattere effimero; è un effetto che si consuma rapidamente.
“Suspense e sorpresa sono termini complementari, non contraddittori. Entrambi possono funzionare insieme nelle narrazioni in modi articolati: una concatenazione di eventi può avere inizio con una sorpresa, trasformarsi in un intreccio di suspense, e poi terminare con un capovolgimento, vale a dire eludendo le attese – con un’altra sorpresa.
Birdman ne fornisce esempi classici; il suo intreccio è una vera e propria associazione suspense-sorpresa.
Sociale (agito tra la dimensione privata dell’eroe e quella pubblica)
Abbiamo, infine, un conflitto tra la dimensione privata di Riggan Thomson, e quella pubblica, quella che gli accreditano i social media, spesso in maniera ridicolizzante, ma non più, invece, la stampa specializzata, che si sta dimenticando di lui.
Questo conflitto, ha molto a che fare con i due possibili messaggi verso l’alto del film, che mi riservo di qualificare al termine di questa analisi.
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3. Il rapporto protagonismo-antagonismo
Sempre per rispondere al nostro amico Matteo Bordone, cerchiamo d’indagare un altro aspetto specifico della narrazione della storia, quello del rapporto protagonismo-antagonismo.
E anche qui, dobbiamo ammettere che non ci troviamo difronte al classico racconto epico, in cui un eroe deve vincere, contro un nemico che gli si oppone.
Ma, come in tutti i più grandi romanzi, ed in tutti i più bei film, Riggan Thomson si trova a misurarsi con ben tre piani di sviluppo di questo rapporto, che, in qualche modo, si riconducono al paragrafo precedente.
I suoi antagonisti sono:
- Birdman, il suo alter ego, il più ostinato, ed il più allegorico. Ovverosia sé stesso.
- Mike Shinerche, l’attore assoldato e pagato con i suoi soldi, che ha una relazione molto ambigua con lui (probabilmente con tutti), e che compete, contro di lui, su molti piani fino all’intensa scena della lite.
- Tabitha Dickinson, l’esigentissima critica teatrale del Times, che cercherà di ostacolarne il successo, meritatissimo, a teatro.
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4. I dialoghi
Una terza dimensione specifica, questa volta in maniera esclusiva, della narrazione filmica, di pregio di questo film, sono i dialoghi.
Seymour Chatman ci ricorda in Storia e Discorso, che gli eventi di una storia vengono trasformati in intreccio dal discorso, dal modo cioè in cui gli stessi sono presentati.
Come non possiamo sottolineare che, raramente come in questo film, noi riusciamo a raccogliere informazioni sui personaggi, e portarci avanti in un intreccio molto complesso, anche se non basato ad esempio, su anacronie, o su percorsi non lineari, proprio grazie ai dialoghi?
La forza di Birdman, è quella di affidare la progressione della storia, alla progressione qualitativa dei dialoghi.
Tutto quello che sono le verità degli esistenti, ci si chiariscono nei dialoghi tra loro.
Mirabili sono quelli tra Edward Norton: Mike Shiner e Emma Stone: Sam Thomson, basati sul gioco “Obbligo o Verità?“
O quelli tra Emma Stone: Sam Thomson e l’ex marito. Sono sempre più struggenti, e sempre più spietatamente sinceri.
Spiccano come un fiore di loto che fiorisce nella melma della materia del film, e fanno da contrappunto a tutta la finzione, ed a tutta la rappresentazione, su cui si basa la storia, quasi a ricordarci, semmai ce ne fosse bisogno, che sono i sentimenti, la cosa più importante di questo nostro passaggio terreno, e non l’affermazione, o il successo personale.
Alla stessa funzione drammaturgica, infondo, a guardare bene, assolvono quelli tra Riggan Thomson e la figlia Sam, interpretata magistralmente da una delle più eclettiche e brave attrici del momento, Emma Stone, che già mi aveva già letteralmente incantato in “Magic in the Moonlight” di Woody Allen.
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5. Lo specifico filmico – annotazioni sul linguaggio audiovisivo usato da Iñárritu in Birdman
Fedele alla dualistica – non dualistica scelta narrativa di base, Alejandro González Iñárritu utilizza un linguaggio audiovisivo molto particolare.
In un contesto di narrazione quali violento nella sua autenticità, nella sua assoluta prospettiva realistica, con macchina da presa spesso molto a ridosso degli esistenti, ed a Michael Keaton: Riggan Thomson, in maniera particolare, il regista accosta, a quelli iper-realistici, elementi non reali. Mentali. Metafisici. Immaginifici. Fantascientifici. Filosofici. Esoterici persino.
Ma, tutto questo, Iñárritu lo fa con grande naturalezza ed, al tempo stesso, con notevole maestria, quasi come se, convincerci che nel camerino di Riggan Thomson, possa esserci sempre il suo alter-ego piumato, che parla con lui, con una voce da supereroe, possa essere una cosa che, a poco a poco, possiamo effettivamente considerare parte del reale.
Accettabile. Ammissibile. Necessaria ed ineludibile, persino.
Ed allora, la facoltà di Riggan Thomson di utilizzare, a suo esclusivo piacimento, i poteri del suo personaggio anni ’90 Birdman, tutte le volte che ha la luna di traverso, diventa un suggello, una cifra stilistica, che, costantemente, ricorda allo spettatore che il cinema (assai più del teatro, peraltro), è, essenzialmente, finzione.
E se Edward Norton: Mike Shiner, riesce a confessare a Emma Stone: Sam Thomson che lui riesce ad essere veramente sé stesso, senza alcuna paura, solo sul palcoscenico, forse, e sottolineo forse, questa sequenza è evocativa più di altre, del perché Iñárritu opera questa scelta formale. E’ come se il regista introducesse il tema del correlativo oggettivo.
Noi siamo tutti come Shiner, noi siamo tutti come Riggan Thomson. Abbiamo fatto della nostra dimensione spettacolare la nostra verità. Noi non siamo più solo le nostra dimensione individuale, con i suoi fardelli, le sue pene, le sue angosce, di quelle non frega niente a nessuno, noi siamo quello che appariamo, e poco importa se siamo attori sul viale del tramonto, o ancora nel pieno del nostro successo personale, stiamo confondendo questo aspetto, nella cosa più importante della vita.
Questa accusa. Questo sospetto. Questo errore. Questo presupposto errato, è quello che il regista tenta di dirci attraverso il dilemma esistenziale di Riggan Thomson che, pur avendo compreso questo significato più profondo, questo livello più elevato di consapevolezza, ed è per questo che cerca il successo di attore vero, e non di personaggio di successo del cinema stereotipato, non riesce, tuttavia, del tutto, ad emanciparsi da questa febbre, da questo mito.
Ed è per questo che odia il suo alter-ego, che vorrebbe ricondurlo più indietro, rispetto al livello di evoluzione raggiunto sua coscienza.
Per fare tutto ciò, Alejandro González Iñárritu fa ricorso a tutto il suo eclettismo registico, che è diventato, grazie all’aiuto di una fotografia da Oscar, veramente qualcosa di notevole.
Le metafore visive che utilizza, le tecniche di ripresa così mirabilmente accostate alle diverse funzioni drammaturgiche di tutti i momenti di snodo della storia, in un modo ormai così sapiente, sono una conferma della definitiva maturazione di questo regista, che già tanto ci era piaciuto in “Babel“, ed in “21 grammi“.
L’utilizzo di una traccia sonora suggellata, con da un sincronico suono di una batteria (ricordo che, nel passato, Iñárritu è stato un DJ), che amplifica spesso il senso, ed il non senso della vita, e della rappresentazione teatrale, di Riggan Thomson, che è solo un pretesto per cercare, non si sa bene, esattamente quale tipo di conferma. Una cosa giusta, dice alla ex moglie, in cui investire tutti gli ultimi suoi risparmi. Ma al tempo stesso una cosa sbagliata, che lo condurrà alla soglia del suicidio.
Tutte queste cose, sia disgiuntamente, che congiuntamente considerate, fanno di questo film, un qualcosa di mai visto prima, che è, al tempo stesso, accusa e celebrazione di un intero universo.
Un universo che fonde in un unico realtà con rappresentazione, individuo con ruolo, verità con finzione.
E’ la società americana.
E’ Holliwood.
Siamo noi.
Sono io.
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6. Conclusioni e messaggi verso l’alto
Che cosa dire a conclusione di questa mia analisi.
Io sono rimasto estasiato dalle verità rivelatemi da questo film.
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“Come accidenti siamo finiti qui? In questa fogna?”
Ecco, potremmo dire che questo film è un tentativo di dare una risposta a questa domanda.
Ma non solo a Birdman, l’alter ego supereroe di Riggan Thomson.
Alejandro González Iñárritu tenta di darla soprattutto a sé stesso, e, probabilmente, di offrirla allo spettatore del suo film.
La fogna in cui siamo finiti …. è il modo di vivere che ci siamo scelti.
Viviamo, tutti, oggi, sul bilico di dualistici aspetti contradditori, che poco o nulla hanno a che fare con la nostra felicità.
Ci muoviamo, come dei topi cavia, in una sorta di percorso obbligato, e ci sforziamo di dimostrare di essere in gamba, perchè riusciamo a superare tutti gli ostacoli.
Ma non posso dimenticare che, nella scena finale del film, quando Riggan Thomson si sveglia nella sua stanza di ospedale, dopo il tentato sucidio, fatto alla prima del suo spettacolo teatrale, dopo che ha appena ricevuto, dal suo agente, la dimostrazione che il suo talento è stato, incredibilmente, riconosciuto da tutti.
Dopo che una positivissima recensione al suo spettacolo, scritta da Tabitha Dickinson, è in prima pagina sul Times.
Dopo che lui, in pratica, ha vinto contro tutti i suoi demoni, e si scopre con un naso nuovo, aumentando le allitterazioni narrative tra quello che siamo, e quello che appariamo.
E’ in quel preciso momento che, improvvisamente, Riggan Thomson apre la finestra della sua stanza, osserva gli uccelli librarsi, leggeri, in volo, e comprende qualcosa, accede, definitivamente, ad un grado più elevato di coscienza, e si lancia in un altrove.
Un altrove, che, volutamente, non ci viene mostrato.
In un altrove nel quale il suicidio … diventa volo.
Un volo che si contrappone, anche visivamente, alla fogna della domanda dell’inizio del film.
E che solo l’amore di una figlia può comprendere.
Holliwood applaude, l’Academy consacra Iñárritu nell’olimpo del Cinema, perchè sanno entrambi, che, infondo, questo è il più grande riconoscimento che la società della finzione – che è poi quella americana, ma potremmo dire quella che non si basa più sull’essere, forse neanche più sull’avere, ma sull’apparire – possa ricevere da chi cerca di combatterla.
In fondo, un messaggio, che, per Holliwood, è rassicurante, perché per un Riggan Thomson che riesce a comprendere l’altrove, quanti altri, come noi, rimangono imprigionati nell’illusione?
Alla prossima.
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Appendice
7. Premi e riconoscimenti vinti dal film
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8. Curiostà – gli attori che avevano già girato film sui supereroi, citazioni a tale ontologia, utilizzo del piano sequenza
Michael Keaton, che interpretò Batman in “Batman – Il ritorno (Batman Returns), regia di Tim Burton (1992).
Edward Norton (protagonista de “L’incredibile Hulk (The Incredible Hulk), regia di Louis Leterrier (2008)”.
Emma Stone (Gwen Stacy nei recenti Amazing Spider-man regia di Marc Webb)
Citazioni
Continui sono i riferimenti, in alcune battute, agli Avengers Robert Downey jr. e Jeremy Renner e a George Clooney (che era anch’egli stato Batman nel flop “Batman & Robin, regia di Joel Schumacher (1997)”.
Utilizzo del Pianosequenza
Formalmente “Birdman” appare come un unico piano-sequenza che unico non è (ci sono circa quindici tagli).
[…] film, Birdman (o l’imprevedibile virtù dell’ignoranza) – di Alejandro González Iñárritu, ad esempio, andrebbe visto in sala, per gli effetti speciali, e per […]