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A casa mia | di Mario Piredda

A casa mia | di Mario Piredda

Breve analisi del miglior cortometraggio del 2017

La Sardegna che non ti aspetti – a cura di Roberto Bernabò

Vincitore del David di Donatello per il Miglior Film di Cortometraggio

CortoDorico 2016 (Critica OndaCinema, Pubblico, Giovani, Sentieri di Cinema e COOSS Cooperativa Sociale)

Sinossi: Rimasti gli ultimi abitanti di un borgo sul mare che si ripopola solo d’estate, un’anziana vedova e un amico pescatore vivono nella speranza che l’inverno non finisca. In un borgo di pescatori ormai disabitato, Lucia, un’anziana vedova, dopo anni vive ancora il lutto secondo la tradizione sarda: veste sempre di nero, il fazzoletto in testa, e ogni giorno al cimitero si prende cura della tomba del marito. Peppino, un amico pescatore suo coetaneo, è l’unico altro abitante, e ogni giorno sulla spiaggia si prende cura della sua barca, benché ormai non la utilizzi più. Lucia e Peppino si fanno compagnia durante le lunghe sere invernali. A unirli non è solo la solitudine, ma un amore mai confessato, nascosto al mondo e a loro stessi. Il tempo scorre lento, il maestrale soffia sabbia tra i vicoli deserti del borgo, e la salsedine corrode i muri delle abitazioni. Poi Lucia riceve la visita della figlia, con il genero e il nipotino: vorrebbe che la madre si trasferisse da lei per affittare il suo appartamento ai turisti, d’estate, e risolvere così i loro problemi economici. Lucia è turbata: l’idea di lasciare casa sua, la sua vita, la rattrista, e ancor più l’idea di lasciare solo Peppino, di restare senza Peppino. Ma la figlia insiste, e Lucia deve prendere una decisione.

Capolavoro

Logo David di Donatello

Grazie alla mia cara amica di facebook Maria Pina Ciancio ho ricevuto il link a questo corto del 2017 diretto da Mario Piredda, premiato come migliore cortometraggio ai David di Donatello del 2017.

1. Breve analisi del cortometraggio

A casa mia di Mario Piredda - Locandina

É una Sardegna decisamente vera, intimista, dura, mistica, religiosa, spirituale, periferica e quasi dimenticata, ma soprattutto decisamente al di fuori dagli stereotipi oleografici più generalmente associati all’isola.

A casa mia di Mario Piredda - l'enorme cetaceo

Una Sardegna che muore, proprio come l’enorme cetaceo inquadrato nelle prime e nelle ultime sequenze del corto.

A casa mia di Mario Piredda - la madre

Quella del cortometraggio di Mario Piredda è la Sardegna dei pescatori dalle pelli spaccate dal sole.

Delle vecchie donne dei paesi sul mare, che rimpiangono qualcuno che non tornerà più, che recitano i loro rosari, e che racchiudono segrete armonie avvolte nel loro scialli neri.

Dell’amore per la casa propria, per le radici – le nostre radici – che sono una cosa importante, universale sempre, ma, a maggior ragione, alla fine della vita.

E poi ci sono i figli, con le loro difficoltà e le loro istanze invadenti, impegnative.

Aspetto tramite il quale viene affrontato e risolto il tema dello sviluppo del conflitto, a me sempre molto caro.

E poi ancora sottolineo la scelta formale della lingua, del dialetto lasciato originale (e tradotto dai sottotitoli), quasi come un commento musicale.

Perché certi dialetti sono come musica, come Fabrizio De André ci ha insegnato.

Una scelta sapiente, precisa, ineludibile, per restare coerenti con lo spirito neorealista della narrazione.

A casa mia di Mario Piredda - i due anziani protagonisti

E infine, in tutta questa rudezza, fa timidamente capolino, invece, anche, una poetica storia d’amore, molto tenera, tra i due anziani protagonisti, che si riscoprono complici di tante cose che hanno plasmato il loro vissuto, e che, proprio per questo, si comprendono quasi senza parlare.

Uno spaccato neorealista sulle reali condizioni di vita di molti sardi.

Si, lo ammetto, questo breve corto mi ha commosso.

Buona visione.

2. Chi è Mario Piredda

Il regista Mario Piredda

Un giovane regista sardo.

Originario di Badesi, è nato a Sassari nel 1980.

Nel 1999 si trasferisce a Bologna dove lavora free-lance come regista, operatore e montatore video e si laurea al DAMS, indirizzo cinema.

Nel 2002 fonda in collaborazione con l’associazione Citoyens la prima televisione di strada italiana, OrfeoTV, dando vita al fenomeno delle Telestreet.

Nel 2005 vince il concorso “AVISA” (Antropologia Visuale in Sardegna) promosso dall’ISRE e gira il cortometraggio Il Suono Della Miniera in 35mm.

Ha lavorato e contribuito alla realizzazione di numerosi cortometraggi, documentari, videoclip e servizi televisivi.

E’ parte di Elenfant Film, associazione di produzione indipendente bolognese, con cui nel 2010 ha diretto il cortometraggio Io Sono Qui: vincitore del concorso “Storie di Emigrati Sardi” e in cinquina ai David di Donatello nel 2011, ottiene una settantina di premi ed entra in selezione ufficiale in molti festival del cinema nazionali ed internazionali.

Nel 2011 dirige Los aviones que se caen a l’Havana, Cuba, che vince numerosi premi in tutto il mondo.

Nel 2011 è co-regista del documentario musicale Cervelli in fuga, distribuito in Italia in 80 sale cinematografiche.

Nel 2015 dirige il doc Homeward, girato in Cambogia.

Nel 2017, il suo corto “A casa mia” (che è quello che pubblichiamo) vince il David di Donatello per il Miglior Cortometraggio Italiano 2017.

Il suo ultimo corto è Nina (episodio di 13.11, una serie prodotta da Elenfant Film in uscita su RepubblicaTV).

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