“Melancholia” | di Lars von Trier
Chi segue questo blog se lo deve aspettare, un post sull’ultimo film di Lars von Trier. Il genio malato, ed alchemico danese, il provocatore.
Siamo soli, la vita è soltanto sulla terra, … e per poco ancora …
il cineblog del cinema visto dalla cinepresa
Chi segue questo blog se lo deve aspettare, un post sull’ultimo film di Lars von Trier. Il genio malato, ed alchemico danese, il provocatore.
Siamo soli, la vita è soltanto sulla terra, … e per poco ancora …
Le avventure di Tintin e la solitudine delle opere prime | a cura di Roberto Bernabò
che sono (le opere prime, che non vedrà quasi nessuno, a parte, credo, quella di Tom Hanks) nell’ordine:
“W Zappatore” – di Massimiliano “Maci” Verdesca – Italia – 2011
“Missione di pace” – di Francesco Lagi – Italia – 2011
“La peggior settimana della mia vita” – di Alessandro Genovesi – Italia – 2011
“L’amore all’improvviso” di Tom Hanks – U.S.A. – 2011 (n.b. opera prima per il cinema in quanto Tom ha diretto altre produzioni ma per la TV)
E precisamente:
Band of Brothers (TV mini-series) – Crossroads (2001) | 1998 From the Earth to the Moon (TV mini-series) – Can We Do This? (1998) | 1994 Vault of Horror I (TV movie) (segment “None but the lonely heart”) | 1993 Fallen Angels (TV series) – I’ll Be Waiting (1993) | 1993 A League of Their Own (TV series) – The Monkey’s Curse (1993) | 1992 Racconti di mezzanotte (TV series) – None But the Lonely Heart (1992).
Ovviamente, se si eccettua il praticamente sconosciuto “Musica Graffiti” (1996), film per il Cinema, titolo originale “That Thing You Do!“, una sorta di Zombie nelle nostre sale. A meno che, un qualche lettore di questo blog, abbia considerevoli argomentazioni a-contrario, sempre ben accette. Non fidatevi, pertanto, di chi sostiene, invece, che sia “L’amore all’improvviso” titolo italiano di – “Larry Crowne” (eh si, dovremo un giorno addentrarci nelle menti dei titolisti italiani), ad essere un film riciclato del 1996, ma per favore …
Il film è del 2011. Punto.
§§§
Quel luogo nell’anima di Cheyenne | a cura di Roberto Bernabò
titolo originale: This must be the place
nazione: Italia / Francia / Irlanda
anno: 2011
regia: Paolo Sorrentino
genere: Drammatico
durata: 118 min.
distribuzione: Lucky Red Distribuzione
cast: S. Penn (Cheyenne) • F. McDormand (Jane) • J. Hirsch (Mordecai Midler) • E. Hewson (Mary) • K. Condon (Rachel) • H. Stanton (Robert Plath) • J. Van Patten (Dorothy Shore) • D. Byrne (se stesso) • S. Whigham (Ernie Ray) • S. Delaney (Jeffery) • H. Lieven (Aloise Lange) • L. Levo (Richard) • O. Fouéré (madre di Mary)
sceneggiatura: P. Sorrentino • U. Contarello
musiche: D. Byrne • W. Oldham
fotografia: L. Bigazzi
montaggio: C. Travaglioli
Sinossi: Cheyenne, ebreo, cinquantenne, ex rock star di musica goth, rossetto rosso e cerone bianco, conduce una vita più che benestante a Dublino. Trafitto da una noia che tende, talora, ad interpretare come leggera depressione. La sua è una vita da pensionato prima di aver raggiunto l’età della pensione. La morte del padre, con il quale aveva da tempo interrotto i rapporti, lo riporta a New York. Qui, attraverso la lettura di alcuni diari, mette a fuoco la vita del padre negli ultimi trent’anni. Anni dedicati a cercare ossessivamente un criminale nazista rifugiatosi negli Stati Uniti. Accompagnato da un’inesorabile lentezza e da nessuna dote da investigatore, Cheyenne decide, contro ogni logica, di proseguire le ricerche del padre e, dunque, di mettersi alla ricerca, attraverso gli Stati Uniti, di un novantenne tedesco probabilmente morto di vecchiaia.
“Qualcosa mi ha disturbato … ma non so esattamente cosa.”
Cheyenne
“Ci sono tanti modi di morire … il più terribile è rimanendo vivi.”
Voce narrante del padre di Cheyenne
“And you’re standing here beside me/I love the passing of time/Never for money/Always for love /Cover up and say goodnight . . . say goodnight/Home – is where I want to be/But I guess I’m already there/I come home – she lifted up her wings/Guess that this must be the place”.
Talking Heads
(“E tu sei qui vicino a me/Amo lo scorrere del tempo/Mai per denaro/ Sempre per amore/Copriti ed augura la buonanotte/ Casa- è dove voglio essere/Ma mi sa che ci sono già/ Vengo a casa-lei ha sollevato le ali/Sento che questo dovrebbe essere il posto“.)
Talking Heads
In molti mi hanno chiesto, su facebook, chi fosse il personaggio femminile che compare alla fine del film.
Quando Cheyenne – Sean Penn appare, finalmente, come è oggi nella sua vita reale.
Un uomo di cinquant’anni. Normale. Con i capelli brizzolati, senza parrucche o trucchi.
Che senso avesse quella sua apparizione.
Posto che non è facile rispondere alla domanda, senza avere tentato d’illustrare, bene, tutto il senso dell’opera, forse più coraggiosa, ed al tempo stesso complessa ed ambiziosa, del regista italiano e napoletano che amo di più, facciamo così.
Mettiamola, per un attimo, da parte.
Ci torneremo alla fine del post.
E lo spazio commenti è lì, anche per congetturare alternative (sempre possibili in questi casi), alla mia personale teoria, al riguardo.
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In questo post, oltre a:
Premessa – Cheyenne alla ricerca di chi?
Potrete leggere:
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Chi segue questo blog se lo doveva aspettare, che avrei messo lì, in pole position, lui. Lars von Trier. Il genio malato, ed alchemico danese, il provocatore.
Siamo soli, la vita è soltanto sulla terra, … e per poco ancora …
Il regista maledetto, che affronta temi come “La Genesi“, “L’Anticristo“, e “L’Apocalisse“, in maniera infingarda, beffarda, volutamente e platealmente, nascondendoli dentro storie altre.
Da queste parti lo amiamo, molto, per due ragioni precise.
La prima è che è l’unico regista vivente, che, grosso modo ad ogni film, riflette sugli aspetti formali, e visivi, e narrativi, dell’Argomento Cinema.
La seconda è che ogni suo film, è una sfida per cercare di cogliere tutti i significati, le allegorie, i simboli, più reconditi, ed, al tempo stesso, via via sempre più espliciti, dei suoi riferimenti esoterici.
Questa è la volta di “Melancholia“, film sulla fine del mondo, scontro la la terra ed un pianeta che incute stati d’animo cupi, che ha fruttato un bel premio come migliore attrice all’ultimo Festival di Cannes, questa volta non alla Charlotte Gainsbourg (sempre bravissima e bellissima, che lo vinse con “Antichrist“) …
… ma alla sempre più eclettica Kristen Dunst, un’interprete che, da queste parti, seguiamo sin dal primo film su “Spiderman“.
Visione in sala da non perdere, per nessun motivo.
E, forse, anche più di una.
Al secondo posto, questa settimana, il film di un regista iraniano che abbiamo amato molto nel suo “About Elly“: Asghar Farhad.
La pellicola in questione è: “Una separazione“.
Gli eventi, e, soprattutto gli esistenti, di questo regista, non sono mai banali.
Dietro storie fragili, ed, apparentemente, semplici, nel loro svolgersi lineare, si scorgono, invece, temi molto complessi, legati alla matrice culturale, e direi soprattutto religiosa, dell’Iran.
Un paese che mi ha sempre affascinato molto, per la sua cultura, ed anche, why not, per la bellezza, sconcertante, delle sue donne.
Il film ha vinto il prestigioso riconoscimento dell’Orso d’Oro all’ultimo Festival di Berlino, ed ha fruttato, per entrambi gli attori protagonisti (sia maschile che femminile), sempre a Berlino, l’award come migliori attori protagonisti.
Agli smemorati ricordo che “About Elly“, aveva fruttato allo stesso regista l’Orso d’Argento, sempre a Berlino.
Se non uscisse il film di Lars von Trier, per dire, sarebbe il mio film del weekend.
Ma a chi non andasse di vedere un film sull’Apocalisse …
Terzo posto per, udite udite, un film americano.
Non lasciatevi disgustare dai sempre attivi maghetti del marketing cinematografico italiano, che accostano questa pellicola, per la semplice ragione che vi recitano gli stessi attori, all’acclamato film Juno, che fu il primo a vincere lo speciale riconoscimento all’allora Festa del Cinema di Roma “Alice nella città“, ma che con questo film c’entra come il cavolo a merenda.
Il film in questione è “Super” di James Gunn.
Un film d’azione molto particolare, consideratelo la terza, ottima, uscita della settimana.
Cos’altro abbiamo ancora.
Due film italiani che metterei ad ex aequo.
Il primo film italiano che mi lascia dubbioso, ma non privo di speranze, è:
“Cavalli” opera prima di Michele Rho. Un film drammatico, presentato a Venezia 68 nella Sezione Controcampo Italiano.
Credo uscirà al “Quattro Fontane” di Roma, che è una sorta di Cassazione degli esercenti della Capitale.
“L’altro è Bar Sport” di Massimo Martelli, trasposizione dal letterario al filmico – con la complicità, in fase di screenplay dello scrittore – del celeberrimo libro di racconti del giornalista-scrittore più amato dalla mia generazione: Stefano Benni.
Ammettiamolo, l’operazione puzza un po’ di bruciato, considerato, anche, il cast all star della commedia comico-brillante all’italiana.
I soliti Bisio, Battiston, Angela Finocchiaro, con i quali non sbagli mai.
Anche se “Benvenuti al Sud” di Luca Miniero, per dire, a me, personalmente, non è piaciuto … ma lasciamo perdere.
Tra i film che ancora meritano una nostra segnalazione appuntatevi:
“Un poliziotto da happy hour” opera d’esordio del regista irlandese John Michael McDonagh – fratello, pare, di Martin, direttore, a sua volta, del bellissimo film “In Bruges“, che se non avete visto, dovete assolutamente recuperare – pellicola che, come si evince dalla locandina, è stata presentata in concorso al “Sundance Film Festival“. Che son sempre belle cose da appuntare.
Trattasi di una commedia a sfondo un po’ dark.
Per il resto le mie segnalazioni si fermano qui.
Perchè gli altri film in uscita sono rispettivamente o dei Sequel (che da queste parti vengono sempre visti con mooooolto sospetto):
“Paranormal Activity 3” e “Maga Martina 2“. Della serie: “Si fermeranno qui, o andranno avanti?“
Oppure film di cui non mi va neanche di parlare, per non inimicarmi nessuno, anche se di cose da dire ne avrei:
“Parking Lot” di Francesco Gasperoni, ebbene si un film italiano con un titolo inglese, alquanto criptico.
E l’immancabile film di ottobre con Massimo Boldi (ma una volta non uscivano a Natale ste’ robe qui):
“Matrimonio a Parigi” di Claudio Risi.
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La preferenza accordata ai film in uscita da questo blog la trovate, come sempre, nell’ordine d’impaginazione degli stessi, nel post.
Avvertenza: nelle schede dei film trovate le sinossi. Noi le inseriamo perché aiutano a dare un’idea del film. Chi non volesse perdersi il gusto della sorpresa, può fermasi qui. Gli altri possono proseguire cliccando su continua a leggere.
Buona visione.
Eccoci al nostro, ormai consueto, appuntamento settimanale.
Come butta? Tutto a posto? Io mi sono operato ai denti ieri mi hanno tolto 3 radici (ma quante radici ha una dente?)
Veniamo a noi.
Questa è una settimana attesa dai cinefili italiani.
Esce, anche da noi, l’attesissimo film “on the road“, di Paolo Sorrentino girato negli USA: “This must be the place“.
Che è anche il titolo di una celeberrima canzone dei Talking Heads.
Pareri discordi sulla pellicola, in giro. Da chi, come Giovanotti, urla al capolavoro, a chi, invece, accusa il regista italiano di sacrilegio, per avere utilizzato, male, piegandolo ad un personaggio non scritto per lui, un attore galattico come Sean Penn.
Ne cito tre autorevoli.
Todd McCarthy – Testata: Hollywood Reporter
Eccentrico, ondivago e, occasionalmente, affascinante e dolce, questo curioso film potrebbe non incontrare il favore di pubblico e critica (…)
L’eccentrica performance di Sean Penn è il punto di forza di un film che sbanda un po’ (…)
Peter Bradshaw – Testata: The Guardian
(…) per tecnica, ambizione e stile, Paolo Sorrentino può ben essere considerato un maestro emergente del cinema italiano. Il suo primo film in lingua inglese è superbabemente elegante (…). Non è il film di Sorrentino che preferisco però merita di essere in concorso a Cannes e merita di essere visto per il cameo di David Byrne
Stenio Solinas – Testata: il Giornale
(…) Paolo Sorrentino fa il film più profondo del Festival e regala a Sean Penn il ruolo che potrebbe dargli il premio per la migliore interpretazione.(…)
(…) Splendidamente fotografato, una cifra stilistica ben riconoscibile, le musiche di David Byrne come colonna sonora, This must be the place è un film adulto raccontato con un sentimento da adolescenti. (…)
§§§
Noi, che non diamo retta a nessuno, invece, lo mettiamo al primo posto della nostra settimanale classifica, come film da non perdere nel weekend.
Siete avvisati.
Paolo è un regista che mi piace per una serie infinita di motivi.
Citiamone due.
Innanzitutto perché le storie se le scrive lui.
Non fa adattamenti o trasposizioni dal letterario al filmico, anche se, in questo caso, un po’ si, ma sempre di una storia scritta da lui.
In secondo luogo perché Paolo è un regista che non parla solo attraverso la storia, ma, anzi, è uno dei pochi registi italiani che tenta di farlo, anche, con le immagini. Con la scelta, sapiente, delle inquadrature, che chi ha lavorato con lui definisce maniacale, con movimenti di macchina mai messi lì senza un legame con la drammaturgia degli eventi.
Io andrò domani, dente dolorante compreso.
Come altre segnalazioni di questo blog al secondo posto di questa settimana dobbiamo proprio mettere il cartone “Arrietty – Il mondo segreto sotto il pavimento” – di Hiromasa Yonebayashi. Trasposizione dal letterario al filmico dei racconti dell’autrice inglese Mary Norton “The Borrowers” pubblicati a partire dagli anni ‘50.
L’opera è diretta dal regista esordiente Hiromasa Yonebayashi (animatore dello studio Ghibli da molti anni) e co-sceneggiato … tenetevi forte, indovinate da chi?
Si, da lui. Dal quel sommo maestro dell’animazione, made in Japan, che è Hayao Miyazaki.
Pare, anzi è certo, che in Giappone il film abbia convinto sia la critica che il pubblico diventando il maggiore incasso al box office del 2010.
Cercatelo nelle sale per bambini, o nelle proiezioni pomeridiane, non ve ne pentirete.
Altro film interessante è questo “Amici di letto” (titolo italiano dell’opera di Will Gluck “Friends with benefits“). Un giorno dedicheremo un intero post ai titolisti italiani, promesso. Ed un secondo agli esercenti, perché, a differenza dei titolisti italiani, che sarebbero da mandare a casa tutti, tra gli esercenti sarebbe, invece, doveroso, a mio avviso, fare dei distinguo. Ci torneremo.
Non stiamo parlando di un capolavoro, intendiamoci, ma di una film d’evasione, scritto in maniera divertente, e recitato bene.
Niente di più, ma, neanche, niente niente di meno. Che di questi tempi non è poco, credetemi.
In penultima posizione metto “I Want to Be a Soldier” di Christian Molina, che è però ancora tra le pellicole consigliate ai lettori di questo blog.
Anche se nel film spagnolo recita, udite udite, la nostra Valeria Marini. Che, ri-udite ri-udite, è anche la produttrice del film.
Il regista spagnolo, con questo film, vinse, l’anno scorso, l’ambito premio speciale del pubblico “Alice nella città” al Festival Internazionale del Cinema di Roma, che, tra l’altro, sta per riaprire i battenti. O meglio il red carpet.
Questo premio, per essere chiari, lo vinse anche “L’uomo che verrà” di Giorgio Diritti.
Per cui io mi fido, e, dopo aver visto il trailer, anche di più.
Restano due pellicole di cui una potrebbe valere la pena ed è:
“Cowboys and Aliens” di Jon Favreau, che altro non è se non la trasposizione dalla graphic novel di Scott Mitchell Rosenberg, che, come il titolo, non italiano, appunto, suggerisce, è un ibridazione del genere western con quello, a me assai caro, della fantascienza, o Science Finction, come la chiamano gli americani.
Ah si, poi esce un ennesimo film su “I Tre moschettieri“, in alcune sale anche in 3D.
La preferenza accordata ai film in uscita da questo blog la trovate, come sempre, nell’ordine d’impaginazione degli stessi, nel post.
Avvertenza: nelle schede dei film trovate le sinossi. Noi le inseriamo perché aiutano a dare un’idea del film. Chi non volesse perdersi il gusto della sorpresa può fermasi qui. Gli altri possono proseguire cliccando su continua a leggere.
Buona visione.
titolo originale: Restless
nazione: U.S.A.
anno: 2011
regia: Gus Van Sant
genere: Drammatico
durata: 91 min.
distribuzione: Warner Bros
cast: M. Wasikowska (Annabel) • H. Hopper (Enoch Brae) • J. Adams (Mabel Tell) • S. Fisk (Elizabeth Cotton) • L. Strus (Rachel) • C. Han • R. Kase (Hiroshi) • K. Leatherberry (Elliot)
sceneggiatura J. Lew
musiche: D. Elfman
fotografia: H. Savides
montaggio: E. Graham
Sinossi: Annabel Cotton è una bella e dolce malata terminale di cancro che ama intensamente la vita e il mondo della natura. Enoch Brae è un ragazzo che si è isolato in se stesso da quando ha perso i genitori in un incidente. Quando i due si incontrano ad una cerimonia funebre, scoprono di condividere molto nella loro personale esperienza del mondo: Enoch che è in contatto con il suo miglior amico immaginario, Hiroshi, fantasma di un pilota kamikaze giapponese; Annabel con la sua sconfinata ammirazione per Charles Darwin e l’interesse per come vivono le altre creature. Quando Enoch scopre che ad Annabel resta poco da vivere, si offre di aiutarla ad affrontare gli ultimi giorni con irriverente abbandono, sfidando il destino, la tradizione e la morte stessa.
“Io canto ogni mattina da quando ti conosco”
Non è in effetti così raro, che io mi emozioni fino al punto di commuovermi, e piangere, assistendo ad una proiezione di un film.
E’ raro, però, anzi rarissimo, che riesca a farlo con l’intensità che la pellicola “L’amore che resta“, di Gus Van Sant – un regista che ho amato da subito, sin dai tempi della sua opera “Will Hunting | Genio Ribelle” (1997), che, credo, dette la notorietà a Matt Demon, se non, addirittura, da quelli di una rara visione italiana, non mi ricordo più neanche in quale cineclub, del film “Cowgirl: il nuovo sesso” (1995), opera irrealizzabile, perché tratta dal romanzo di uno scrittore come Tom Robbins, capace, in ogni più piccolo inciso, di evocare paesaggi grottescamente e surrealisticamente venati da una spessa patina di follia lisergica – ha saputo provocare in me per quasi tutto il tempo della proiezione. Dovrei indagare meglio, questo rapporto tra la mia commozione e certi temi, ma, non temete, non lo farò in questo post. ;-)
Follia lisergica che rappresenta, come dire, lo specifico filmico di questo regista, o meglio dei suoi giovani esistenti.
Visceralmente attratto dalla condradiana linea d’ombra, che separa l’età dell’adolescenza, sempre centrale nelle sue opere (se non consideriamo Milk), da quella adulta.
Va aggiunto che, per chi non conoscesse il suo cinema, Gus Van Sant è, da sempre, un regista anomalo: considerato, all’inizio degli anni novanta, uno degli alfieri di una ritrovata libertà d’espressione dei cineasti americani, affrancati dalle rigide regole dell’intrattenimento commerciale dettato, dalla macchina hollywoodiana. Hai detto cotica.
§§§
Sono pochi i film che attendo in un mese. Davvero, purtroppo, sempre meno.
Questa settimana ne esce uno che è: “L’amore che resta” – di Gus Van Sant.
“Io canto ogni mattina da quando ti conosco”
Gus Van Sant è un regista che sa colpire la mia personale sensibilità.
Non so come spiegare, … nelle sue storie, nel suo modo di narrare c’è qualcosa che risuona dentro di me. Qualcosa di assolutamente unico, ed inspiegabile al tempo stesso.
E’ per questo che vado a vedere i suoi film, e questo lo consiglio a scatola chiusa, anche perché, a Roma, il cinema Greenwitch di Testaccio, è una delle sale che lo proiettano.
L’altro film che devo mettere in pole position questa settimana, pur non essendo un amante del genere gotico, è “Jane Eyre“, che altro non è se non l’ennesimo adattamento (almeno 30 dai tempi del cinema muto ad oggi), del celeberrimo libro di Charlotte Brontë. Il film andrebbe visto in lingua originale.
Ma la vera sorpresa del weekend è Celine Sciamma, la 31enne francese che esordisce col toccante “Tomboy“.
Per gli amici del genere, segnalo anche l’horror Final Destination 5.
Il maestro Ermanno Olmi ci invita nel suo equo e solidale “Villaggio di cartone“, un film ossessionato, come ammette lo stesso regista, dalla luminosità del personaggio Cristo.
Le altre uscite italiane sono:
“Cara, ti Amo…” di Gian Paolo Vallati, un film che molti criticano a sproposito, e, che, invece, secondo me, è proprio divertente.
Lo pseudo-maschilismo è, in effetti, una scusa, un pretesto, per ridere, in maniero meno volgare di certe altre pellicole, su cose serie, come il rapporto uomo donna.
Vi ritroverete anche l’attore troisiano Angelo Orlando.
Godetevi il prologo qui.
“L’amore fa male” – di Mirca Viola – una ex Miss Italia eliminata (perché era già sposata).
Nessuna preclusione a dare un chance ad una ragazza che cerca di narrare l’aspetto amaro dell’amore. Il cast, peraltro, è davvero degno di nota. Stefania Rocca, Nicole Grimaudo (che a noi, a differenza di altri, piace assai), Claudio Bigagli (ma guarda dov’era finito il “signor tenente” di “Mediterraneo“), Paolo Briguglia, da me molto apprezzato in “Basilicata coast to coast” di Rocco Papaleo.
In sala arriva anche “Ex: amici come prima” di Carlo Vanzina.
Eh, questi Vanzina, … sono arrivati al punto di rubare l’idea al loro ex sceneggiatore Fausto Brizzi, e, pare, (e sottolineo pare, visti i tempi), di scopiazzare gran parte delle idee, dalla sit com spagnola. Ci ritrovate tutti, ma proprio tutti, gli attori, al momento, favoriti, dai due cineasti romani, celebri per i loro cine-panettoni, ma che adesso scorrazzano allegramente anche in altri mesi. Il film esce in un numero imbarazzante di sale, e sarà primo al box office, perché, in Italia, le classifiche vengono fatte senza tenere, in debito conto, ad esempio, il numero della sale che proietta un film.
Le preferenze accordate da questo blog le trovate, come sempre, nell’ordine d’impaginazione del post, dopo i due trailer scelti da me per questa settimana.